Processo per l'uccisione dell'ingegnere tedesco

Processo per l'uccisione dell'ingegnere tedesco Processo per l'uccisione dell'ingegnere tedesco (Dal nostro corrispondente) Napoli, 5 novembre. It processo per l'uccisione dell'ingegnere tedesco Hans Ludwig Peterreins, avvenuta nel pomeriggio del 5 agosto 1955 al chilometro 42 della « Domiziana >, comincerà sabato. L'ingegnere proveniva dalla Franconia, precisamente da Schwabach, dove insieme al fratello Fritz dirigeva una grande fabbrica di materiale elettrico. L'accompagnava nel viaggio di piacere, fatto con una « Mercedes >, la signorina Maria Sabina Kollisch, una bionda e bella giovane segretaria del Peterreins e da alcuni mesi sua fidanzata. I due avevano deciso di sposarsi al loro ritorno in Germania. Il mattino del 5, l'ingegnere e la sua fidanzata lasciarono l'Hotel Eliseo dirigendosi a Roma per la «Domiziana» Verso le ore 16, un marinaio statunitense, Henry Brown, in servizio alla Nato, passando per quella vìa, notò una donna che invocava disperatamente aiuto. Si fermò e insieme a lei trasportò sulla macchina l'ingegnere, che era steso per terra con la camicia insanguinata e appariva ancora vivo, benché privo di sensi. Quando lo consegnarono ai medici dell'ospedale Santa Maria di Loreto, il Peterreins cessò di respirare. Alla polizia la Kollisch narrò che lei e l'ingegnere si erano fermati per il gran caldo: entrambi avevano pensato di stendersi all'ombra dei cespugli, fare un sonnellino e riprendere poi il viaggio allorché la temperatura fosse stata meno torrida. Mentre il suo amico stava sdraiato sull'erba, lei si era allontanata nel fitto della brughiera per cogliere delle more. Poi, a un certo punto, aveva visto che un giovane in abiti sportivi si era avvicinato all'ingegnere e gli aveva sparato a bruciapelo vari colpi di pistola. Era corsa per dargli aiuto, ma, sbucando, da una siepe, un altro giovane l'aveva invitata ad allontanarsi e anzi, estratta una rivoltella, aveva sparato due proiettili contro di lei, senza colpirla Poi i due,-cui si'era aggiùnto un terzo, servendosi di alcune moto erano scappati. Le indagini furono lunghe e diffìcili e complicate da alcuni gravi errori dovuti a testimonianze dì persone che dicevano di aver visto cose poi risultate inesistenti,.. .- Un giovane, certo Ferdinando Caparco, nativo di Teano, fu sospettato del delitto. Lo si arrestò a Brescia, dove faceva il servizio di leva. Prima il Caparco negò, poi confessò e narrò i fatti con precisi particolari di tempo e di luogo.. Fece anche i nomi di due complici Silvestro Russo e Gennaro Bocchino. Una perizia psichiatrica provò che il Caparco, pur accettato come militare, era infermo di mente e che non esisteva un solo briciolo di verità nelle sue deposizioni. Quando infine la questura di Caserta, attraverso l'opera del comandante della « Mobile », Luigi Gargiulo, consentì a quella di Napoli di porre mano sui veri colpevoli, si seppe che erano tre pregiudicati della zona, Biagio Capasso, Nicola De Martino e Raffaele Visconti. I tre confessarono di essersi avvicinati alla ted-°ca, che in abbigliamento piuttosto succinto prendeva il sole; poi, improvvisamente, incontrarono la reazione dell'ingegnere, cui, pur da una certa distanza, non era sfuggito quanto accadeva. Circa chi fosse stato a sparare, essi si accusarono a vicenda. Interrogati successivamente dal giudice istruttore, negarono ogni cosa, affermando di essere stati costretti a confessare in seguito alle « tormentose battiture » sofferte nelle camere di sicurezza della questura. Sottoposti a confronto in un commissariato di confine al Brennero, non vennero riconosciuti dalla Kollisch. In seguito uno dei tre, il Visconti morì in carcere per una crisi cardiaca. Compariranno innanzi alle Assise, oltre al Biagio Capasso e al Nicola De Martino — imputati di omicidio a scopo di rapina, non avendo il magistrato accolto la loro tesi —, anche il Caparco, imputato di fPapsnsdRnieed«salmrbdgtiudlg«dnNmdamgnpeldlpetrzcqcaadaiaqfdpfdnimp Il turista era in viaggio con la bionda e giovane fidanzata - La ragazza disse che la vittima era stata aggredita da tre giovani mentre riposava all'ombra di un cespuglio - Uno degli imputati è già morto in carcere falso e calunnia e l'arniaiolo Paride Feola, responsabile di aver venduto a uno degli imputati — il Capasso — una pistola calibro 7,65, senza fare nel registro l'annotazione prescritta. C. g. Alle Assise di Napoli il delitto delta "Domiziana,,

Luoghi citati: Brescia, Caserta, Franconia, Germania, Napoli, Roma, Teano