Concerto Gracis-Milhaud all'Auditorio della Rai

Concerto Gracis-Milhaud all'Auditorio della Rai Concerto Gracis-Milhaud all'Auditorio della Rai Dopo che il maestro Ettore Gracis ebbe iersera rieseguiti due componimenti di Alfredo Casella, Divertimento per Fulvia e Partita per pianoforte e orchestra, ai quali non si può non riconoscere il carattere lieve e ameno, signorile ed elegante, in modi sufficientemente semplici, ed ebbe riscosso insieme col pianista Enrico Lini cordiali applausi, Darius Milhaud a sua volta diresse due sue composizioni. Quarantaquattrenne e già nota, una riattraeva l'attenzione, perché la più impegnata nel soggetto drammaticissimo, Les Choephores, AaWOrestiade di Eschilo tradotte da Claudel, e nella mole e nella quantità dei mezzi, cantanti solisti e corali, voce recitante e orchestra. Lo stesso Milhaud nel libro dei suoi ricordi ha dato evidenza alla volontà che guidò la sua mano, e precisato, come in un'analisi tecnica, le « ricerche politonali, la ricerca armonica», la prefissa disposizione delle l'orme, dei pezzi, le ragioni dell'intervento dc'.la recitazione, eccetera. Volontà, non ispirazione, non emozione lirica. Riscontrata l'attuazione di questi proponimenti, la critica formalistica ne fu soddisfatta, e collocò la partitura fra le tipiche nell'abbondante produzione, sia del musicista francese, sia dei primi decennii del nostro secolo. La critica estetica invece, quella italiana, «fila quale l'occasione di dar parere delle Coefore giunse qualche anno fa, raccolse le informazioni dell'autore, osssrvò la struttura, e, gassando a considerare il lavoro dal punto di vista della riuscita artistica, non vi scorse valore d'arte. Ad alcune conclusioni si sot toscrive anche oe ;i. Giorgio Vigoio, per esempio, ha giudicato Le Coefore < uno dei primi esperimenti in cui fu applicata a freddo l'estetica della estroversione tecnicistica irritante. Ora che siamo al secondo Novecento, cominciamo forse a misurare la portata di quegli esperimenti; e ci domandiamo se la musica, al punto e alla svolta in cui oggi si trova, ne abbia veramente ricevuto grandi benefici. Noi abbiamo spesso e francamente l'impressione che tutto ciò sia stato il portato di errori di estetica, incalcolabili, di una viziosa involuzione ideologica, di una incapacità di pensare chiaramente il problema dell'arte e particolarmente quello della musica nel suo integrale rapporto con l'uomo e le sue attività spirituali ». Lo stesso carattere sperimeiùale e la mancata riuscita artistica nanne suggerito a Guido Pannain queste considerazioni: « Il musicista ha la visione confusa di qualche cosa a cui tende, ma che sempre gli sfugge. Il coro è lanciato all'avventura di un canto uniforme e informe che si aggrappa disperatamente alla sillaba del testo, di cui non intende lo spirito. I solisti affondano nei gorghi di una de- clamazione intonata, confusa- mente scandita, che della mu sica ha il timbro, ma non la interiore armonia Questo modo di cantare fisicamente sonoro, ma non spiritualmente musicale, è gratuito e falso. L'orchestra svolge, intorno alle voci, un commento arruffato e convulso, nel quale ora è l'intenzione di esprimere la ansia della incombente fatalità, ora di suscitare aloni di coloristica decorazione, o di sfondo, all'immaginaria proiezione della tragica visione. Ma tut-j to è appena intravvisto, come in abbozzi, scritto con quella i espertissima facilità che in,Milhaud e spesso faciloneriaSono ™P^«^in!ti giudizi, da sottoscrivere in-Ltegralmente Il maestio Milhaud presentò anche la recente Sinfonia concertante, uggiosa, fatta espressamente, sembra, per dar spicco a quattro strumentisti (tromba, corno, fagotto e contrabasso), che erano Renato Cadoppi, Eugenio Lipeti, Giovanni Graglia e Werther Benzi, primi nell'orchestra sinfonica. Essi si mostrarono, come, sempre, valentissimi, e furono applauditi insieme con l'autore. Questi venne festeggiato al termine della serata insieme ai cantanti Lidia Ma rimpieri, Nelly Pucci, Luisella Ricagno Ciaffi, Heinz Rehfuss,| alla recitante Madeleine Mil-j haud, all'orchestra e al coroiistruito dal maestro Ruggero i Maghini. a. d. C. '