Eliminare un equivoco di Ferdinando Vegas

Eliminare un equivoco Eliminare un equivoco Il dibattito di politica estera cominciato ieri alla Camera è stato formalmente provocato, come è noto, da una interpellanza socialista e da una mozione comunista; nella sostanza, però, si tratta di una chiarificazione generale, attesa e necessaria dopo tante polemiche, sullo stato attuale della nostra politica estera •e sugli scopi che essa si prefigge. Il momento internazionale sta subendo una rapida e netta evoluzione in senso distensivo, dalla visita, di Kruscev in America alla vittoria di Macmillan, giusto premio alle sue iniziative per la pace, ai preparativi per la conferenza « al vertice » ; d'altra parte Segni e Pella si sono recati due settimane fa, subito dopo la partenza di Kruscev, negli Stati Uniti, primi fra gli statisti occidentali a toccare il polso della nuova situazione. Interessa dunque sommamente a tutti gli italiani, e non solo ad essi, sapere' se e come il nostro Paese si inserisce in questo processo. Sul se non crediamo possano sorgere dubbi, tanto sarebbe ridicolo supporre che l'Italia voglia restare estranea al processo distensivo; a parte le dichiarazioni esplicite dei nostri dirigenti, la stessa fedeltà all'alleanza atlantica, sempre ribadita come cardine della nostra politica estera, comporta che noi non possiamo non accettare le direttive fondamentali tracciate dai due maggiori alleati, Inghilterra e Stati Uniti. Rimane quindi da vedere il come, che è realmente l'aspetto fondamentale della questione, poiché è risaputo che in politica il modo di condurre gli affari ha di solito importanza determinante: una tonalità, una accentuazione in un senso o nell'altro bastano spesso a caratterizzare adeguatamente un indirizzo politico. Possiamo quindi trascurare le critiche estremisti che, di principio, che sono poi sempre le stesse che da oltre dieci anni vengono rivolte con pesante monotonia alla politica estera del no stro governo; critiche, oltre tutto, inficiate da fin trop po scoperti motivi di politica interna. Per la stessa ra gione non riteniamo si deb bano neppure degnare di menzione gli improvvisi en tusiasmi dei fascisti, che non possono certo interlo qui re in merito ed erigersi addirittura a paladini della solidarietà occidentale, proprio essi che ai «bei tempi » deridevano e svillaneggiavano le « imbelli » democrazie occidentali. Comprensibili sono invece le preoccupazioni espresse da alcuni settori della stessa democrazia cristiana, dai partiti di democrazia laica e anche dai socialisti che già formalmente si sono distinti dai comunisti limitandosi a una interpellanza). L'appunto principale che da questi settori, in modi e con toni diversi, si fa alla nostra politica estera è in sostanza il seguente : questa politica man. ca di entusiasmo verso la distensione, si lascia trascinare da un evento che accetta perché non può fare altrimenti. Fare il processo alle intenzioni è sempre un gioco gratuito e inconcludente; restando ai fatti, quello che non si può negare è un approccio di estrema cautela da parte del nostro governo al fenomeno della distensione. Vi è indubbiamente un lato realistico in questo atteggiamento, il realismo di chi sa per esperienza quante delusioni prepari la troppa facilità o la precipitazione; ma il realismo, per essere veramente tale, dev'essere completo, deve cioè tenere conto di tutti i dati di fatto. E il clima distensivo è oggi un dato di fatto, che si sostanzia così nell'opera di Macmillan e di Eisenho- wer come nella generale fiducia, diffusa per così dire nell'aria, che ci stiamo forse avvicinando a un colloquio concreto col mondo orientale. Perciò un elettorato maturo e riflessivo quanto quello inglese ha calorosamente approvato Macmillan, perciò il prestigio di Eisenhower ritorna altissimo negli Stati Uniti; mentre la grave sconfitta del partito di Adenauer nelle elezioni locali di Brema è un piccolo, ma non trascurabile, indice dell'umore del popolo tedesco. Ed è un fatto innegabile, infine, che in seno all'alleanza atlantica è ancora aperto il dissidio tra gli inglesi, che spingono verso la distensione, e i tedeschi e i francesi, i quali invece (si vedano le ultime dichiarazioni di Adenauer) insistono per rallentare almeno il processo. Pur senza fantasticare di « assi » e di « triangoli » tra Parigi, Bonn e Roma, vi è comunque l'impressione diffusa, anche se a torto, che l'Italia stia piuttosto dalla parte franco-tedesca che dall'anglo - americana. Poiché impressioni di que¬ sto genere, seppure infondate, sono dannose, è da sperare che a conclusione del dibattito una parola autorevole ponga un termine ad ogni equivoco. Per finire ancora con un fatto, è a Mosca in questi giorni l'on. Del Bo, ministro del Commercio estero, il primo membro del governo italiano che nel dopoguerra si sia recato in visita ufficiale nell'Unione Sovietica; ecco un argomento concreto per confutare gli oppositori, per esemplificare che pure il nostro governo partecipa attivamente alla fiducia nel colloquio e nella distensione. Ferdinando Vegas