Astrattismo e arte sacra

Astrattismo e arte sacra ~ ALLA MOS1RA INI ERNAZIONALE DI NOVARA - Astrattismo e arte sacra (Dal nostro inviato speciale) Novara, 14 ottobre. Non v'è dubbio che dopo aver visto nel grandioso duomo di Novara alzato nel secolo scorso dall'Antonelli la misera statuina in terracotta dipinta a tinte zuccherose che un male inteso pietismo ha collocato presso un altare a due passi dalle opere di Gaudenzio Ferrari e del Lanino, si entra, attraversata la piazza, nelle sale dello storico Broletto con la persuasione che la « Mostra internazionale d'arte sacra » allestitavi per l'animosa passione dell'arcivescovo Gilla Vincenzo Gremigni, di Alfio Coccia e dei suoi collaboratori, è davvero necessaria. Necessaria non soltanto a tener vivo lo scabroso ma utilissimo dibattito del problema che il gusto moderno ha da tempo aperto sul rapporto fra le esigenze del culto e la dignità delle sacre immagini, ma anche a svolgere un'azione educativa e persuasiva presso quegli importanti committenti che sono gli istituti religiosi in genere, e soprattutto le chiese. Ed è un problema, oltre che di gusto, di apertura spirituale e di cultura, dal quale non deve mai essere assente il ricordo che alla Chiesa cattolica fu legata per quasi due millenni la evoluzione dell'arte, e che ad essa, disciplinati alle necessità del dogma e della teologia, specie in Italia i più grandi artisti diedero la maggior parte dei loro capolavori. Ci si domanda dunque, di fronte al malinconico spettacolo dell'innegabile decadere di questa altissima tradizione, se davvero sia incompatibile con il fare artistico attuale un ritorno all'antica gloria degli altari. Ed implicitamente è appunto a tale interrogazione che la mostra novarese — la quarta a trattare II severo tema — vuol dar risposta inaugurandosi domani. Non è (e lo si vede dalle tante opere esposte, molte delle quali firmate da nomi notissimi d'artisti viventi e defunti, da Severini a Casorati, da Arp alla Richier. da Arturo Martini a Rouault, da De Plsls'a Manessier, da Lorenzo Vlani a Cagli, Mirko, Mascherlni, Greco, Minguzzi, Fazzini, Bartolini, Saetti, Garino, Primo Conti, Sassu, Spazzapan, Bissière, Galletti, Fabbri, Brindisi, Tarantino, Fontana, Muccini, Beppe Guzzi, Leoncino, ecc.), non è, va detto subito, una risposta facile. La polemica figurativa d'oggi, seppure sostenuta da strenue convinzioni, è in agguato, e le sue manifestazioni di continuo minacciano di accentuare il dissidio fra ciò che la Chiesa chiede ad edificazione dei fedeli, e ciò che viceversa l'arte contemporanea intende sperimentare anche nel campo della liturgia. Stilizzazione? deformazione? culturalismo ed intellettualismo forse in contrasto con la spontaneità del sentimento del credente, il quale oscuramente avverte che la casa di Dio non può accogliere immagini le quali non s'accordino, al di là di qualsiasi intenzione estetica, con la perennità di un rito divenuto lungo i secoli immutabile? Il punto più scottante non è questo. Un «Calvario» come quello del giovane Francesco Casorati, benché d'una iconografia arditamente Innovatrice, può essere — pensiamo — accettato dal cattolico, per le ragioni stesse che lo può essere lo stilizzato bellissimo « S. Francesco » di Mascherini, o il drammatico « Cristo » ligneo del Vivarelli (che del resto viene da una chiesa di Pistoia), o l'evanescente « Serafi¬ co » impressionisticamente dipinto da Sartorio. Ma che dire dello pseudo-cubismo o futurismo in ritardo che ci propina addirittura un religioso, il padre benedettino Fumagalli? E del « Credo in Dio » di Lucio Fontana, ch'è un riquadro di tela azzurra sporcata in basso di grigio, con due tagli nel mezzo che s'aprono a guisa di labbra, in quanto 11 nostro « spazialista » del buchi è passato di recente allo « spazialismo > dei tagli fatti con la lama Gillette? Oppure dell'* Ecce Homo », del « Giorno dei morti », della « Sin. done » di Scanavino, non dissimili dai suoi noti esercizi astrattistici che vediamo nelle mostre d'arte profana? O delle sei sculture di Somaini, vagamente in forma di croce, svolazzi plastici senza alcun significato religioso? E delle stazioni della < Via Crucis» di Gio e Arnaldo Pomodoro, croci con chiodi numerati dall'uno al quattordici? E dei disegni cabalistici di Cappello? Arte sacra? I suol confini sono forse assai più vasti di quanto non credano gli stessi artisti cosi detti d'avanguardia. Ma questi non dovrebbero mai dimenticare che l'immagine fornita al culto non tollera la negazione del dogma; e che se si apre la « Genesi » si legge: « Iddio adunque creò l'uomo alla sua immagine; egli lo creò all'Immagine di Dio ». mar. ber.

Luoghi citati: Brindisi, Italia, Novara