Segni e Pella riferiscono al Quirinale dopo un acceso dibattito alla direzione d.c. di Michele Tito

Segni e Pella riferiscono al Quirinale dopo un acceso dibattito alla direzione d.c. II viaggio negli Stati Uniti e le possibilità d'une schiarite internexionele Segni e Pella riferiscono al Quirinale dopo un acceso dibattito alla direzione d.c. La dettagliata relazione del ministro degli Esteri al direttivo del suo partito è stata seguita da una vivace discussione - Il comunicato conclusivo auspica che "l'iniziato processo di distensione prosegua, si approfondisca e si consolidi,, - Il lungo colloquio dei Presidente del Consiglio e del ministro con il Capo dello Stato (Nostro servizio particolare) Roma, 7 ottobre. In serata il presidente del Consiglio Segni e il ministro degli Esteri Fella si sono recati al Quirinale ed hanno illustrato al presidente Gronchi, nel corso di un lungo colloquio, la situazione internazionale così come risulta dopo il loro viaggio negli Stati Uniti. Si è conclusa cosi una giornata che era stata molto movimentata per Segni e Pella, che del loro viaggio, materia e spunto per polemiche accesissime, avevano dovuto trattare nel corso della riunione della Direzione democristiana alla « Camllluccia »: una riunione lunghissima, che si è svolta in due tempi, in mattinata per quattro ore e in serata dalle 17 fino a tarda sera. I lavori della Direzione d.c. erano naturalmente segreti, Le indiscrezioni che si sono avute, rare e tutte preoccupate, consentono di ricostruire nelle sue fasi essenziali l'avvenimento. Il fatto nuovo è stato che per la prima volta l'organo direttivo della d.c. ha rivelato l'esistenza di divergenze notevoli sulla politica estera. Pella ha parlato per primo, facendo una circostanziata relazione sul viaggio negli Stati Uniti. Il ministro ha sostanzialmente ripetuto il concetto essenziale già illustrato a Washington e a Roma (si può credere nella politica di distensione soltanto quando si producano fatti concreti) ed ha respinto tutte le interpretazioni negative su! viaggio negli Stati Uniti negando che le accoglienze americane non siano state calorose e effettivamente interessate al pensiero italiano. Il dibattito si è via via fatto più acceso, ed ha portato più di una volta a polemiche molto serrate. Uno scontro particolarmente duro ha opposto Pella a Ceschi. L'ex-capo del gruppo senatoriale d.c. sosteneva la necessità cji una politica estera più ardita e di una azione diplomatica più decisa, e, parlando della Cina, ha lamentato che, senza esser capace di addurre ragioni valide, il Governo non osi affrontare il problema del ristabilimento di regolari relazioni commerciali con quel Paese, e ci si ostini a non riconoscerlo. Pella ha interrotto dicendo: «La Cina è retta da un regime dittatoriale... »; e Ceschi ha replicato: « Sono stato sempre contro tutti i dittatori, da Hitler a Mussolini a Franco, e sono contro Mao Tse. _ Tuttavia, i progressi della Cina sono notevoli! ». Questo è'stato il segnale per altre e più violente critiche, formulate dal rappresentante dei giovani democristiani De Stefanis, dall'on. Malfatti, del gruppo di Fanfani; dall'on. Granelli, della « Sinistra di base ». Le critiche vertevano sui temi della distensione, e sono apparse così sicure e decise da far pensare che esse si sentivano confortate da approvazioni molto alte. Tra l'altro, si sa fin d'ora che insieme ad altri organi cattolici la rivista dei Gesuiti Civiltà cattolica pubblicherà a cominciare dal prossimo numero una serie di quattro documentatissimi articoli sul problema del disarmo, praticamente approvandolo ed auspicandolo. Il dibattito alla direzione d.c. è stato molto vivace e le polemiche, dalla « distensione » al viaggio negli Stati Uniti sono giunte a sfiorare anche il problema dell'seuropeismo». In difesa di Pella si sono schierati Guy e Manzini, mentre Piccioni ha criticato la procedura che ha visto Segni e Pella riferire prima al partito e poi al Capo dello Stato e al Parlamento. Il comunicato emesso al termine dei lavori e che avrebbe dovuto, secondo la proposta di coloro che si preoccupavano della necessità di tener conto dei riguardi dovuti al |capo dello Stato, non far cenno alla politica estera, è invece quasi esclusivamente dedicato ai problemi internazionali: e, significativamente, afferma che è «altamente desiderabile » che i rapporti fra gli Stati escludano il ricorso alla guerra e consentano un disarmo « sufficientemente vasto, generale, bilanciato e con frollato ». Per questo la de auspica che < l'iniziato » processo dì distensione prosegua, si approfondisca, si consolidi e si mostri effettivamente car.-ce di dare la sicurezza dei confini e degli ideali democratici. Il comunicato con lo spirito che tradisce è in gran parte opera del segretario Moro. Esso è stato redatto in assenza di Segni e Pella che, vittime di una affannosa corsa contro il cronometro non sono riusciti a fare in modo di avere il documento in tasca prima di recarsi al Quirinale e trovarsi così, dinanzi al presidente della Repubblica, anche dal punto di vista formale, in una situazione più agevole. Il dibattito che si è avuto sulla politica estera, e che si suppone non è stato ignorato al Quirinale, ha una importanza soprattutto in vista di una eventuale discussione in sede parlamentare. E' stato annunciato che alla Camera un dibattito avrà luogo a cominciare dal 15: il Governo accetta di discutere la mozione depositata da Togliatti sul disarmo e l'interpellanza di Nenni che si riferisce specialmente al viaggio in America. L'interpellanza non comporta votazione, la mozione la esige: Nenni non vorrebbe arrivare alle estreme conseguenze, i comunisti ritengono di poterlo fare, nel desiderio, sembra, di costringere Nenni a confondere ancora una volta i propri voti con quelli del pei, e soprattutto di « sensibilizzare » i congressisti di Firenze agli attuali problemi internazionali. Ma intorno ai limiti -e alla estensione del dibattito sono in corso una serie di sottili e complesse manovre procedurali, e non è sicuro che sarà così ampio come si dice. Sulla questione, che è all'ordine del giorno, dei rapporti tra d. c. e Azione Cattolica va registrata una importante presa di posizione: quella del presidente generale dell'Azione Cattolica, Maltarello, sulla rivista Iniziativa, Maltarello afferma che l'Azione Cattolica deve fedeltà assoluta alla Chiesa, ma per quanto riguarda < i T problemi che si agitano nel mondo » le direttive sono queste: l'Azione Cattolica non deve pretendere di risolvere questi problemi, anche se non li deve ignorare. «Bisogna quindi che ci poniamo dei limiti, come persone e come organizzazione: l'Azione Cattolica svolge una azione essenzialmente spirituale e religiosa». Stabilita la divisione fra politica e Azione Cattolica, Iniziativa aggiunge che bisogna « respingere la tentazione di combattere l'avversario usando delle sue stesse armi, poiché su questo stesso terreno gli altri dispongono di mezzi superiori ai nostri, che possono impiegare senza le remore che a noi sono imposte dai principi che professiamo. Dobbiamo invece usare le armi a noi proprie, la preghiera, il sacrificio, la vita sacramentale ». Lo scritto sembra dunque confermare l'estraniarsi cattolico dalla lotta attiva e diretta sul terreno politico. La conferma può essere ravvisata nelle voci che circolano stasera e secondo le quali alla presidenza della commissione episcopale per l'Azione Cattolica non verrebbe più nominato il cardinale Siri, sostenitore di una linea rigida, ma il cardinale Urbani, che difende una linea più elastica. L'Osservatore Romano della Domenica, chiarendo il senso di alcune recenti prese di posizione, scrive, pur facendo le sue riserve, che « i cattolici credono alla distensione » e si augurano che cessi la guerra fredda. Michele Tito