Dante e la contessa

Dante e la contessa Dante e la contessa L'interesse per Dante non ha mai posa né in Italia né fuori, * tra grandi e piccini continua a dare copiosissimi frutti. Fra le ultime « dantesca n sono da segnalare: in filologia (e di quella buona), L'esperienza poetica di Dante di Fausto Montanari (Le Monnier), narrante le vicende della poesia dell'Alighieri dai vari e contrastanti tentativi giovanili fino alle soglie del poema; nell'aneddotica, che più fa per noi, il vago « saggio di psicologia dantesca » Tre donne intorno al cor (una nitida stampa della Valdonega di Brescia) di Maria Teresa Balbiano d'Aramengo, la contessa dantista e dantomnemonica di « Lascia o raddoppia ». Non ch'ella abbia scritto dopo il trionfo; per battere il ferro quand'era caldo. Codesti scritterelli si fanno sentire remoti (da che una certa grazia), mossi da un colto capriccio e destinati allo scrigno; dove, stando alla prefazione, sarebbero rimasti fino al « suon dell'angelica tromba », se un buon amico, Alessandro Màgnaguti, il quale si professa discendente da Gemma moglie di Dante (rallegramenti!) non avesse fatto saltare riserbi e serrature e dispersa la « viltate » che « molte fiate l'uomo ingombra », più raramente la donna e quasi mai l'uomo e la donna che hanno cose scritte nel cassetto. I telespettatori ricorderanno che l'erudizione dantesca della Balbiano era tanto minuziosa nel tratto quanto sicura nel tono. Soprattutto tale sicurezza, fuori dei patemi allegorici, si ritrova in questo libretto per niente vaporoso, benché scritto, come continuamente si sente, da una donna. Si comincia da un'osservazione di grande buon senso: Dante, se dobbiamo mettere in fila tutti i nomi e nomignoli di donne da lui ricordate nella sua lirica d'amore, farebbe figura di donnaiolo. Ma codesto catalogo è fittizio, e con la scorta dell'Autrice che quasi gode a ridurre, lo vediamo sfoltirsi in maniera impressionante. Via intanto per metà quelle che molto probabilmente sono un'unica donna chiamata in modo diver so: Fioretta e Violetta; Lisetta e la « donna gentile »; Pietra, la « pargoletta » e fors'anche la Casentinese. E via le comparse, quali le « due donne dello schermo », che Dante innamorato di Beatrice fingeva di vagheggiare in chiesa per isviare i pettegoli; espediente ancora in uso. Via infine, ma con tutti i riguardi, la «Gentucca»,' che per chi ci crede dovè essere appena un episodio di tenerezza paterna. Dopodiché, in quanto ad amore effettivo, rimane ben poco; e la contessa scendendo all'osso lascia in piedi solamente la Gemma (la moglie), la Pietra (un amoraccio sensuale) e s'intende Beatrice che poi piglia tutto il campo come sempre accade a chiunque (anche al Montanari nella sua sfera critica) per qualunque ragione si occupa di Dante. La poca trama di quell'immenso romanzo è nota, e come sia andata soggetta a infinite esercitazioni di ricamo. Ci s'è provata anche la Balbiano con un filo di sentimento insieme tenero e arguto. Dante fanciullo vede per la prima volta Beatrice fanciulla in una festa in casa Portinari. iVIa nove anni più tardi, nel 1283, la vista è nuova, da uomo a donna. Dante saluta e ottiene una risposta articolata e distinta. Per uno stilnovista c'era da morir d'indigestione, e il poeta si ritira nella sua ' cameretta comblé e sgomentato. La stessa gli servirà di rifugio dopo che, morta Beatrice e provate illusorie consolazioni, il mondo gli si sarà abbuiato. Ma « dimentica che le camere hanno finestre » e troppo tardi si avvede che la vicina di casa Gemma Donati, finestraiuola al massimo, lo sta guardando. Non era il suo un guardare per curiosità di rimpettaia; non si tolgono meriti alla virtuosa Gemma osservando con l'Autrice ch'essa adoperò una tecnica maledettamente giusta. All'uomo che soffre le ultime pene d'amore — quelle della morte dell'oggetto — sarebbe follia anche oggi presentarsi brillantemente, e certo la Donati, prima d'affacciarsi, si sarà fatta una. cera colpita, desolata e quasi brutta. Cosi l'imbroccò: «Ovunque questa donna mi vedea si fac-ea d'una vista pietosa e di un colorito come d'amore ». (L'identificazione che la Balbiano fa della Gemma con la « donna pietosa sebbene ardita, non è nuova). Potè ella sposare il Poeta ma non potè, come la moglie non può mai, arrestare il processo d'idealizzazione della spenta rivale. Il quale andò tant'oltre, da motivo lirico qual era co minciato, che quasi se ne legittimò, in odio al Boccaccio, la opinione che una Beatrice viva e vera non fosse mai stata, ma si trattasse di « un ente intel¬ lettuale e simbolico ». La nostra scrittrice non si lascia nemmeno sfiorare da questa grossa questione, che mossa dal Filclfo e continuata nei moderni fino al Rossetti e al Bartoli, fece correre fiumane d'inchiostro, invelenendo talvolta gli uni contro gli altri studiosi d'indole mite. Per lei Beatrice è apoditticamente la donna fiorentina della tradizione, come dal loro canto sostennero e dimostrarono il Fraticelli, il Del Lungo, il D'Ancona e tanti altri cui è rimasta l'ultima parola. Ma risolto quel problema primario, altri se ne presentarono a quegli infaticabili investigatori, laddove per i negatori di Beatrice, risolto quello, eran risolti tutti. Perché Dante non la sposò invece di lasciare che la sposasse il ricco Simone de' Bardi? « Si vuol rispondere a ciò — scrisse il Fraticelli dopo maturo esame — che forse D. non avrà omesso di tentarlo, ma la disparità delle loro fortune, giacché Folco Portinari era doviziosissimo, ne sarà stato probabilmente l'ostacolo ». On ne prete jamais qu'aux riches. E come sarà stata, come figurarsela Beatrice? Qui ha studiato forte lo Scherillo, che punta tutto sul' <c colorito di perla » (non però malaticcio, come opinò il Balbo), con cui ella rompe la tradizione romanza delle « snelle e grasse e lisce e morbide e fresche donne », e si stacca dalla Laura petrarchesca, tutta affidata al bianco (gigli) e al rosso (rose). Sull'esistenza storica di Beatrice oggi non si disputa più; ma ancora si parla di lei rispetto alla poesia di Dante, se vi stia come donna reale o come simbolo. Nelle liriche è appunto lirica, non parla mai; nella Commedia parla e opera come personaggio drammatico. Si è giustamente raccomandato di accostarla con molta delicatezza e di non volerla ricercare e risolvere o tutta in psicologia o tutta in allegoria. In conclusione è donna. vera divenuta, via via amorosa idea (« da carne a spirito »), lume segreto della anima, « dolce guida e cara ». Ed essa resta nei secoli come il più famoso esempio di quanto può in poesia l'amore non soddisfatto e di come la vera grandezza della donna sta nella rinuncia che ne fa l'uomo e insomma, se non dispiace, nella nostra immaginazione. Leo Pestelli La, spiagge sono già affollate di bagnanti che cercano refrigerio alla calura. Ecco una visione di Alassio (f. Moisio)

Luoghi citati: Brescia, Italia