Un psicologo nel Sud
Un psicologo nel Sud — Tv T 1^ HS I 1JV RINA — Un psicologo nel Sud Il diario di un dirigente che deve scegliere pochi nomi fra quarantamila candidati all'assunzione in una fabbrica - Un severo studio su Bertolt Brecht e le piacevoli note biografiche dannunziane donnarumma all'assalto. Una società metalmeccanica del Nord (è facile capire qual è) crea uno stabilimento nuovo nel Sud d'Italia, nella napoletana Santa Maria. «Vi nasce un inondo unitario, caduto dall'alto nelle sue forme, ma per affondare nella terra e nello spirito di questo paese. Questo paese è come una miniera umana... Noi siamo venuti a scoprire un nuovo, difficile oro, sepolto dalla natura e dalla storia ». A questi « noi » appartiene uno del laboratorio psieotecnico, che si occupa di assunzioni appunto con l'aiuto della psicotecnica, della moderna scienza dei test, e con un colloquio volto a indagare la personalità dell'intervistato: e costui, che gli esaminandi chiamano « il pizzicologo », ha scritto un diario, o ha scelto la più agile forma del diario, della cronaca privata, per mescolare, in un tempo che va da marzo a settembre, in una sequela di giorni settimanali senza date, i suoi ricordi: appunti di colloqui, ritratti di personaggi, riflessioni tecniche e sociologiche, note stagionali, o addirittura giornaliere, orarie. Nulla di dispersivo, o di marginale: tutto è serrato intorno a un lavoro, a una meditazione e a un dramma, il contatto con l'aspirante all'as sunzione. Le domande sono un 40.000, i prescelti naturalmente alcu ne centinaia: per tutti gli altri la bella fabbrica moderna, colorata, circondata da un giardino, con infermeria, bi bllotecà, mensa, la meravigliosa fabbrica che dà pane e funzione sociale, prigionia e decoro, resta in alto e lontana co me l'irraggiungibile « castello > kafkiano, un « palazzo proibito». Ma il castello kafkiano è w111[m [ ] ! r 1 i i 1l1 [ 1 ! 1 r 1 e 1111 !h111f m s m11 ! r I i 111m111 [ 1J11 ; un'allegoria e ì personaggi, pur vivi, sono allucinate astrazioni: qui ai piedi del palazzo, dietro i cancelli, nella portineria ribolle un mare di ansie, di pene, il sogno stravolto di migliaia di persone storicamente, socialmente e, diciamolo anche, artisticamente vere. « Scrivetemi e datemi una risposta con le vostre gentili mani», oppure «se non ci assumete tutti prima del 15, ci sono per lei, signor Direttore, 6 pallottole»; sono questi i due poli della richiesta: la supplica e la minaccia. Da una parte ci sono i test, « parole, giudizi, parole e giudizi; parole»; dall'altra, contro tutte le obiezioni, la carta disperatamente sincera: «ma io me moro de fame. E la fame è brutta, dottore ». II « pizzicologo » è uomo assai umano; non è insensibile a quelle proteste, a quelle implorazioni («può darmi una speranza?») e alla speranza lascia aperto un varco, non più che uno spiraglio, ma uno spiraglio « da cui se ne escano ». Che può fare di più? E che cosa è propriamente la sua scelta? Egli Io confessa, è ben più che un test: «qui giudichiamo un popolo intero ». Ecco Accettura, che si butta sotto la macchina del direttore, per acquisire un qualche diritto alla considerazione, Dattilo con la storia del suo matrimonio irrealizzabile, Paola Alemanno che non si vorrebbe sposare per non perdere il posto. Attanasio e le sue preoccupazioni fisiologiche, e Donnarumma Antonio che non vuole fare la domanda. Non sono macchiette, sono personaggi di immediata, simpatica e violenta comunicatività. Ci sono altre figure e quadri in questo singolare racconto: il Presidente con le sue « frasi precise e mistiche », l'invasione dei frati, le processioni, la visita di De Filippo. Ma quelle immagini dei vinti della psicotecnica dominano: sorpassa ogni ragionata considerazione teorica (ve ne sono delle persuasive nel libro, ve ne sono anche delle insufficienti) il loro senso di rivolta. Il più ostinato di tutti è Donnarumma; egli è il bisogno stesso di «faticare», la negazione di ogni ragionevolezza. Perciò quando c'è nella fabbrica o lì intorno un anarchico fermento, senza successo e nemmeno un preciso obiettivo, quasi simbolicamente il narratore si trova a pensare: «E' tornato Donnarumma all'assalto ». Questa la ragione del titolo del libro (ed. Bompiani). L'autore, Ottiero Ottieri, è alla sua terza opera, se non erriamo, e con alcuni altri giovani è uno degli scrittori più promettenti di questi anni. * * Le « Storie da calendario » di Brecht. Con il Romanzo da tre soldi e Gli affari del signor Giulio Cesare queste Storie da calendario (i tre libri sono nelle edizioni Einaudi) sono quasi tutta l'opera narrativa del grande drammaturgo e poeta di Augusta E' un libretto eccezionale, di pezzi brevi: vi sono racconti e vi sono poesie, argomenti del mondo antico e del contemporaneo, ma tutti hanno egualmente un significato, un valore di parabola, che dà forza a ciò che potrebbe diventare soltanto un raffinato pastic7ie letterario. La loro unità è un insegnamento morale: i pregiudizi da abbattere, l'energia dell'animo da esaltare. E' un libro didascalico, addirittura esplicito come nella serie di aforismi del « signor Kenner », o adombrato nella stupenda vivezza delle narrazioni, in particolare di Socrate ferito, il quale ha il superiore coraggio di dire la verità (che si ferì non combattendo, ma fuggendo), o di Giordano Bruno, su cui incombe la condanna di eresia, ma che, sofferente magnanimo, ha la preoccupazione di un mantello da pagare al suo sarto. E apologhi sono le poesie: la breve, drammatica ballata del sarto di Ulm, che volerà (e cadrà morto) benché il vescovo neghi che l'uomo possa volare, o la bellissima leggenda di Laotse e del suo libro dettato su richiesta di un gabelliere, poema del saper richiedere saggezza. Dunque « libro di ammaestramenti in prosa e in versi », come dice Franco Fortini in una sua acuta introduzione. * * Accenna con lode, di passaggio, alle Storie da calendario Paolo Chiarini nel suo importante libro Bertolt Brecht (ed. Laterza); dedicato all'opera del celebre drammaturgo. Libro di cultura e di critica (solo un po' pesante di scrittura) di un giovane studioso tra i più preparati: informazione di prim'ordine, vaglio sicuro dì giudizi, idee fondamentali meditate, e, salvo un certo schematismo, un sentimento della critica piena e profonda, ohe sa cogliere oltre l'aspetto assolutamente originale di un autore « i nessi di gusto e di scuola ». Il Chiarini studia il rapporto fra Brecht e l'espressionismo (sul Teatro tedesco espressionista il C. ha pubblicato di recente uno studio dall'editore Cappelli, e un « Quaderno del Piccolo Teatro della città di Milano » è stato da lui interamente dedicato a Brecht) e, contro la critica più approssimativa, la sua tesi è ben fondata: il teatro brechtiano non è la conseguenza e il seguito dell'espressionismo, ma il suo capovolgimento. All'astratta violenza contro la società — una pura dichiarazione sentimentale — esso sostituisce una critica che indaga e induce alla trasformazione. E' un teatro di polemica, ma aperto e dialettico. Dal primo Baal dei vent'anni fino alle vette più alte, La vita di Galilei, L'anima buona di Seciuan, Madre Coraggio (la stagione dopo il '33, del reprobo antinazista e dell'emigrato), il C. segue le linee di sviluppo di Brecht, marxista e ben più che marxista nel tempo stesso: il formarsi del suo teatro pedagogico ed epico, che fa leva sul pathos della ragione piuttosto che sulla pura emotività. Una continua ricerca, un aiuto umano all'uomo contro i suoi carnefici e uno stimolo altamente educativo: « il vero progresso non sta nell'aver progredito, ma nel progredire ». * * Un libro di saggi e studi che fa piacere leggere è quello su Gabriele d'Annunzio (ed. Cappelli) di Guglielmo Gatti, il miglior biografo finora del Poeta: sono utili e gradevoli postille a quella sua biografia. Fa piacere leggerlo per lo scrupolo dell'indagine, la passione della ricerca, la curiosità dei risultati, o per la semplicità con la quale egli si scusa presso gli studiosi dicendo < io sono un biografo, non un critico ». Ma anche per illustrare una vita ci vuole senso critico e per questo scopo il Gatti ne ha molto e delicato. Lo scritto poi che tenta l'identificazione di « Febea » con una parte almeno dell'Elena Muti del Piacere è particolarmente sottile e perspicace. fr. ant.
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