Due fratelli e un amico muoiono avvelenati in fondo ad un tino

Due fratelli e un amico muoiono avvelenati in fondo ad un tino Grave disgrazia in uno stabilimento vinicolo di Mestre Due fratelli e un amico muoiono avvelenati in fondo ad un tino Il primo era caduto dentro per un malore e il secondo ha tentato di soccorrerlo senza riflettere al pericolo - Il terzo si è calato nel recipiente nonostante che fosse trattenuto dai soccorritori (Dal nostro corrispondente) Venezia, 28 settembre. Una impressionante sciagura, nella quale ha\no perso la vita tre operai, è accaduta nel pomeriggio di oggi nel settore vinicole della zona franca del porto all'Angelo Raffaele, dove sono le cantine di otto società importatrici ed esportatrici di uve e di vino: la disgrazia è accaduta nello stabilimento della Vi.Sa.St. (Società Vini San Marco), della quale è amministratore lo svia-, zero Roger Fontana; le vittime sono i fratelli Renato e Gustavo Lugato, rispettivamente di 35 e S7 anni, abitanti nella frazione di Favaro, e Giorgio Ragazzon, di anni 37, da Mirano. Poco prima delle 16 il Ragazzon, assieme a Renato Lugato, era salito sopra un grande tino della capacità di 310 ettolitri per effettuarne il la¬ vaggio che avviene attraverso una botola di piccola apertura (centimetri Jfi per 35). Appena ricevuta la manichetta dell'acqua dal Lugato, che si trovava ai piedi della scaletta, il Ragazzon, bocconi sulla copertura del tino, introduceva la pompa e, per meglio compiere il suo lavoro, infilava la testa nell'angusta apertura; senza che il compagno avesse modo di accorgersene in tempo, il Ragazzon, stordito dalle esalazioni di anidride carbonica, piombava a testa all'ingiù sul fondo del tino. Renato Lugato, che pure era noto per la sua esperienza in fatto di cantine, dopo aver gridato al soccorso, subito saliva sul tino calandovi nell'interno la scaletta e, ritenendo di ave re resistenza sufficiente, scendeva rapido nell'interno, ma purtroppo il suo gesto coraggioso gli doveva essere fatale o perché, appena giunto presso il corpo del compagno, gli si accasciava accanto. Nel frattempo erano accorsi presso il tragico tino il capocantina Renato Bertolini, di anni 60, abitante a Mestre, e gli altri addetti allo stabilimento: con mezzi di fortuna il Bertolini e i suoi operai iniziavano lo smantellamento della copertura; fra i presenti era anche il fratello del Lugato, Gustavo, il quale non seppe resistere all'angoscia di sapere il fratello in pericolo e, non ostante l'opposizione degli altri, scendeva la scaletta riuscendo a raggiungere i due corpi esanimi. Quelli che erano sopra lo videro afferrare il corpo del Renato e avvicinarsi traballante alla scaletta,ma prima di giungere a porre un piede sul primo piolo cadeva riverso anch'egli sul corpo del congiunto. Il finanziere scelto Domenico Fala, siciliano, tentava a sua volta l'impresa soccorritrice, ma non riusciva nemmeno a scendere la scaletta e doveva abbandonare il coraggioso tentativo; si offriva allora il magazziniere Giovanni Sperandio, di 50 anni, abitante a Dorsoduro, che, bene assicurato a una corda, raggiungeva il fondo del tino, ma sentendosi subito mancare si faceva riportare alla superficie. Intanto qualcuno aveva pensato di aprire lo sportello della parte inferiore del tino, ciò che valse, grazie alla corrente d'aria venutasi a creare fra le due aperture, a disperdere una parte dell'anidride carbo nìca: cosi l'operaio Romeo Calzavara, di 33 anni, abitan te a Mestre, legato, dopo un primo tentativo fallito, s'introduceva per l'apertura inferiore riuscendo a trascinare fuori il Gustavo Lugato che era ancora in vita ed era subito trasportato all'aperto, ove gli veniva praticata la respirazione artificiale. A questo punto giungevano i vigili del fuoco che, muniti di autorespiratori, penetravano nel tino e riportavano all'aperto i corpi degli altri due infelici, pure ancora in vita. Un'autoambulanza trasportava il giovane Lugato all'ospedale civile, ove veniva introdotto nel polmone d'acciaio, ma ogni tentativo era vano perche dopo pochi minuti spirava; gli altri due, con altra autoambulanza, venivano trasportati al Centro antipoliomielitico dell'isola delle Grazie, dov'era disponibile un secondo polmone d'acciaio, ma purtroppo essi vi giungevano ormai cadaveri; al Ragazzon, il primo caduto nel tino, i medici hanno riscontrato la sospetta frattura del cranio. Tutte e tre le vittime erano uomini ammogliati, con figli: il Ragazzon era padre di un bambino, Renato Lugato di due e Gustavo di una piccina di tre mesi. & j accdsm

Luoghi citati: Mirano, Venezia