Vita nei boschi
Vita nei boschi Vita nei boschi Quando la metà di settembre è passata, il mare difficilmente si turba, si è già fatto sereno, e ben prima dell'orizzonte è confuso col cielo, quasi conceda al cielo di dominarlo. Ha perduto la sua allegra giovinezza, è entrato in una specie di atonia. Bisogna rassegnarsi a lasciarlo, come un gioco stanco. Allora, il primo giorno che vi mettete il piede dentro, scoprite che altrove comincia una vita più consona al tempo, nei segreti, sterminati boschi. Ne avevo sentito parlare (qui dove mi trovo a trascorrere questo scorcio di vacanze, i boschi cominciano all'orlo di prati, di campi e di villini e di rosate case coloniche; preceduti da cupi lecci, formano un'altissima palizzata, dietro cui emergono, più chiare, le punte di montagne lontane), ne avevo sentito parlare come di una felice riserva dei giorni futuri: «Quando andrà nei boschi... ». Chissà che cosa avrei visto. Piccole selve abbastanza folte, in cui il sole scivolava scoprendo radure, ne incontravo a ogni passo. Ma non erano che ornamenti di ville placidamente occulte, quasi piccole delizie ariostesche, « vaghi boschetti di soavi allori — di palme e d'amenissime mortelle ». Non proprio così delicate, più rustiche anzi — aceri, e pioppi, olmi e pini ed eucalipti — al cui servizio stavano non veri boscaioli, ma gente di campagna, contadini improvvisatisi giardinieri, che alternavano cesoie e roncole. « Guardi l'ontano — mi diceva uno di loro — s'infradicia subito. Al principio sembra, ma poi una bella volta ci van su bachi, formìcole. Il platano sì ch'è una pianta pulita Veda le belle fogli? dentate. Invece l'ontano è una pianta sudicia. Fosse nei boschi... ». Come volesse dire: là, può star tutto bene. Qualche mattina fa, sul mezzogiorno, sentii proprio sopra di me, tra il fogliame largo e molle dei tigli, un crocidio fresco, vivace. In silenzio, col viso stupito, io e gli ospiti della pensione guardammo in su pensando a una cicala. Poteva anche essere: era un suono simile, di gusci sfregati, sebbene non così metallico. E poi era tornato un caldo di piccola estate. Dopo un momento risposero altri crocidìi: sempre dalle fronde, e pantani intorno non ce n'erano. Le rane sugli alberi? « Son raganelle — dissero le cameriere —, son come le rane, solo che sono più verdi e più piccole. Non si riesce a vederle. Eh, laggiù nei boschi... ». Piovevano insieme calme ombre e frenetico vociare di raganelle. Mi venne voglia subito di andire. E cosi, mentre il sole cominciava a muoversi rapidamente dallo zenit, m'incamminai dritto verso i boschi. Era bello non arrivarci di colpo. Prima gli orti con le gialle zucche da semina per terra, e i girasoli ormai secchi, poi i campi di cavoli, l'odore delle concimaie, l'odore dolce dell'uva americana nelle toppiettc, l'odore ruvido dei fichi, quello amaro, autunnale dei noci: e voci infantili che giungevano di qua, di là. Finalmente i boschi. E ora, che cosa dovrei descrivere? Ragazzi, o per funghi o per giochi, ci siamo stati tutti, sappiamo che cosa sono. Non c'è poi niente di misterioso. Quando s'invecchia, forse sì, e anche quel lungo vivere in città, fra piante che crescono nell'arido asfalto, così che della natura viva non si ha che una deformata, delusa immagine, fa che il ricordo dei boschi appaia di nuovo una scoperta e spanda un fascino emblematico. Un emblema della vita, quale la ragione, vincendo la disperazione, riesce con gli anni, come per sedimenti alluvionali, a formare. La stabilità dei boschi vi rassicura, il loro silenzio è un invogliare alle cose dell'anima; il vento non vi può nulla, è come una memoria che vien di lontano e non dà più soprassalti. E il loro somigliare alla vita degli uomini, nel crescere, nello spogliarsi, nel perire (mentre il mare, anche il monte le sono estranci) è riconoscimento che vi conforta: nei boschi la na tura vi prende, tenta di assimilarvi, non vi sopraffa. Strano può sembrare che an dando per i boschi non si guar di mai verso l'alto, anzi non si perda mai di vista il piccolo, anche l'infimo: le macchie, gli spbdMctrlesipinliaqrgtegdrdsrtlzplvArggrLdccldm«cdcccmprlqrnrfllrdr spini, le bacche, le più trascurabili ciocche d'erba, una venetta d'acqua, e lumache e lucertole. Ma proprio da quel confronto confidenziale i grandi alberi traggono tutta la loro maestà e le cose minute la loro più espressiva vivezza, la meravigliosa complessità, come succede del resto in ogni paragone umano, stabilito sulla base di un rapporto armonioso. Ma nei boschi, volevo dare questo consiglio, bisogna andare da soli. La compagnia distrugge. L'uomo solitario si esalta in tutto ciò che lo moltiplica senza estraniarlo. La comunione con gli altri esseri talvolta lo disereda, con le cose gli lascia invece riserve infinite: è lui padrone dell'incanto. Il cammino nei boschi è un'avventura, la meno perigliosa e violenta delle avventure, ma è quella che riempie l'animo di straordinaria commozione, perché riporta agl'incomparabili palpiti dell'età infantile: l'avventura, la più grande avventura dell'infanzia è perdersi. Anche per questo occorre andare soli. « Lina, Lina, dove sei? » gridava una volta un ragazzino, giocando fra gli alberi a smarrirsi. Ma non esisteva nessuna Lina (forse il nome era una riduzione di « farfallina », da qualche filastrocca), era un modo di cercare, d'inseguire un filo nel labirinto; la sua voce echeggiando lo faceva sentire piacevolmente più solo e più audace: « Lina, Lina, dove sei? ». Talora, anche, nei boschi s'incontra la morte. Alberi grandi decapitati, tronchi scalzati, che centinaia di piogge hanno infracidilo, morti solenni, intorno a cui fermenta una putrida, affamata vita invisibile. Nessuno li porta via e un giorno scompariranno, sembrerebbe, da soli. Talora, come in segreto, vi muore qualche essere umano. Io ho il ricordo in famiglia di un antenato, uomo potente nel suo territorio, perché aveva grande influenza politica, fama e persino leggenda aristocratica e numerosi e vasti poderi. Suoi i boschi di Vallcrana, suoi quelli di Corana, e sulla Bormida e sul Po, c questi e quegli altri. Un giorno di autunno lo trovarono in uno dei suoi boschi morto ai piedi di una rovere. Quella morte solitaria e silenziosa, fra gli alberi, aveva anche qualcosa di domestico, quasi di patriarcale (era un uomo di grande età) e per questo dovè incutere per generazioni un rispetto religioso nei contadini di quei luoghi, se ancora non molto tempo fa di padre in figlio se la raccontavano; e anch'io non l'ho mai potuta dimenticare. Franco Antonicelli iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Persone citate: Franco Antonicelli, Ragazzi
Luoghi citati: Corana
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