Sono ragazzi di buona famiglia gli eroi del teppismo d'oggidì di Francesco Argenta

Sono ragazzi di buona famiglia gli eroi del teppismo d'oggidì ~z LA PIAGA SOCIALE CHE AFFLIGGE TUTTI I PAESI ss- Sono ragazzi di buona famiglia gli eroi del teppismo d'oggidì Ma nelle schiere dei cteddy-boys» prevalgono anche gli cunigeniti», i figli unici - Si tratta di soggetti il cui psichismo va incontro ad una vulnerabilità più accentuata, come han dimostrato gli studi di psicologia familiare - E la diagnosi è, ancora, incerta: anormali o «psicoallergici»? (Dal nostro inviato speciale) Genova, settembre. I giovani e giovanissimi teppisti che la polizia va faticosamente rastrellando qua e là, sono, in maggioranza, ragazzi di buona famiglia; sono, per la più parte, unigeniti. Nella fenomenologia offerta dalla piaga dei teddyboys, cotesto é' un aspetto che inquieta ed allarma ancor più delle detestabili gesta cui si abbandonano gli eroi del teppismo. Tutti illusori e manchevoli, errati e fallaci, dunque, i principi su cui riposa il processo educativo dei giovani, in seno agli strati sociali più evoluti e provvedutif II figlio unico ha da considerarsi, davvero, come un prototipo dell'anomalia t Gli studi di psicologia familiare hanno condotto a considerare come anormali, vale a dire come « tipi » che si discostano dalla normalità, il figlio unico, (l'unigenito.), il primogenito, l'ultimo nato, il figlio allev' to fra sorelle, e viceversa, la cui condotta è invariabilmente generatrice di situazioni atipiche. Ma la figura del € ragazzo solo » ha un rilievo particolare, costituisce un tipo psicologico a sé, creato dalla situazione familiare sulla base di un determinato fondo caratteriale. Affermare, come sostiene qualche psicologo, che l'unigenito sia un psiconeurotico o, per lo meno, un caratteropatico, è, tuttavia, inesatto. Il problema del figlio unico non è, in linea generale, un problema di psichiatria, anche se nel figlio unico è possibile intravedere un terreno predisposto ai classici perturbamenti mentali. In questo è d'accordo anche il dott. Hermann Recine, dell'Istituto di medicina legale di questa Università, il quale ha dato, proprio di recente, un. prezioso e decisivo contributo allo studio della personalità dell'uni genito in età evolutiva, attraverso le ricerche psicodiagnostiche condotte su un cospicuo gruppo di soggetti, omogenei per condizioni psicofisiche, sociali, familiari, economiche e per età (fra i 15 ed i 20 anni). Orbene, se è da escludere che l'unigenito possa essere considerato, in ogni caso, come un nevrotico, un anormale psichico, è indubbio, per contro, che egli è largamente dotato di caratteristiche negative e che queste caratteristiche negative sono, per la più parta, determinate dall'ambiente. E' una conclusione che collima coi risultati ottenuti, nelle loro ricerche, da altri studiosi. Del resto, è risaputo che l'influenza ambientale sullo sviluppo della persona- lità, ma, soprattutto, su quello del carattere, è decisiva. Padre Gemelli sosteneva che « il fattore determinante, a volte correttivo, a volte peggiorativo, è l'ambiente interindividuale e, in primo luogo, la famiglia». Sygmond, dopo aver a lungo studiato i rapporti fra genitori e figli, ha dimostrato che se uno dei genitori abbandona la famiglia, i figli tendono a diventare iperaggressivi ed ostili, mentre se uno dei genitori si preoccupa eccessivamente per un figlio ed esagera nel portargli attenzioni e cure, questi tende a rimanere infantile nelle sue esigenze verso gli altri, egoista ed incapace di cooperare al bene comune. Il dott. André Répond, direttore della Casa di salute di Malévoz, nel Vallese, al cui esame sono ciati sottoposti i teddy-boys che hanno messo in allarme le pacifiche popolazioni di tante città della Confederazione, è anch'egli d'avviso che la dégringolade morale di tanti ragazzi di buona famiglia sia imputabile alle condizioni ambientali in cui sono stati allevati e sono cresciuti. I numerosi soggetti che egli ha esaminato e sottoposto a trattamenti psicoterapici e psicoanalitici sono tutti ragazzi di buona famiglia: rampolli di casate illustri; figli di banchieri, industriali e commercianti arricchiti; alcuni, figli di magistrati ed alti funzionari. Ebbene, le note psicologiche di tutti questi mauvais gargons de bonnes familles sono stupefacentemente consimili. Mentitori e mitomani; avidi di danaro, ma soltanto per aver la gioia di scialarlo; capaci di qualunque macchinazione. Uno di essi, per ricattare la madre, è giunto ad impiantare una derivazione che gli consentirò di intercettare le conversazioni telefoniche che la genitrice aveva coll'amante, allorché si chiudeva nel proprio boudoir. Un altro, si è vestito a lutto per mandare a buon fine una delle abituali ribalderie, e piangendo, ha raccontato che il padre era morto in un incidente stradale, mentre era al volante di una potente macchina americana. E il ragazzo aveva insistito SU questo de*taqlio. quasi con tono di vanto. Il padre, invece, era vivo e circolava con una piccola utilitaria... Ora, si è chiesto il dottor Répond (e possiamo chiedercelo anche noi) quali sono le condizioni familiari, sociali, educative e personali che conducono i ragazzi di buona famiglia a queste paurose deviazioni t Potrà sembrare paradossale, ma esiste una analogia assoluta fra il caso dell'uno e quello dell'altro: e le cause determinanti vanno ricercate nell'ambiente familiare, il quale, tuttavia, ad un esame superficiale, si presenta come il più favorevoli per l'educazione dei figli. Sennonché, dietro questa apparenza, si cela una realtà ben diversa: il padre, preso dagli affari o dalle preoccupazioni della carriera, non si cura dei figli; la madre, priva di autorità, è incapace di imbrigliare ed educare i figlioli. Deriva, dalla concomitanza di questi ed altri fattori, che lo psichismo dei ragazzi di buona famiglia va soggetto ad una vulnerabilità che è suscettibile di condurre a situazioni irrimediabili e funeste. Il dott. Répond, riprendendo un termine coniato in collaborazione con il suo aiuto, il dott. Beno, sostiene che, in questi casi, la diagnosi che ha da proporsi è quella di psicoallergia. I soggetti esaminati dal dottor Répond sono, per i tre quarti, primogeniti. La diagnosi che egli ha proposto, per i primogeniti, mauvais gargons di buona famiglia, è valida, anche, per gli unigeniti t Sulla psicologia del figlio unico, la letteratura è copiosissima. E, in base a questa letteratura, il profilo psicologico dell'unigenito può essere cosi tratteggiato: il figlio unico è essenzialmente un egoista, in cui l'avere prevale e prevarrà sempre sul donare. Ma taluno sostiene che, più che di egoismo, si deve parlare di egocentrismo. E l'egocentrismo dell'unigenito poggia le sue basi sul fatto che egli è un essere « viziato ed adulato », in quanto viene circondato sin dalla nascita dalle cure più tenere e premurose, come se fosse un oggetto di estrema rarità e perfezione. Di solito, il padre è un debole, la madre una ansiosa che continuamente sorveglia il figlio, accudendolo nelle più elementari esigenze. Ne consegue che il rampollo non potrà mai beneficiare di alcuna personale esperienza, sarà privo di iniziativa, si sentirà un isolato, cui non è concesso di sviluppare uno spirito di comunanza, di avvertire il senso della realtà sociale. Dal punto di vista della maturità mentale, gli unigeniti, al dire di Bornej, sopravanzano largamente i figli non unici, ma sul piano affettivo sensoriale e psichico essi si rivelano dei fanciulli senza capacità di indipendenza personale; diventa¬ no adulti, col passare degli anni, ma soltanto di nome, non di fatto. Queste fondamentali note da cui è caratterizzata, secondo la letteratura,' la psicologia dell'unigenito sono state confermate dall'indagine condotta dal dott. Recine su 76 soggetti, colVaùsiliò dei tests proiettili! (Rorschach e T.a.t.) che più si prestano per un- sondaggio della personalità, di cui vengono proiettati, nei risultati, la struttura ed il contenuto. Ebbene, porterebbe in lungo riferire in dettaglio i risultati dell'indagine. Ma c'è un dato che sovrasta gli altri: gli unigeniti sono legati ' ai' genitori, in particolare sono orientati verso la madre, ma, in genere, sono insofferenti dell'ambiente familiare da cui vorrebbero evadere. Un caso, tanto per esemplificare, fra tanti: D. Errico, 19 anni; non riesce a sopportare le continue attenzioni materne, vorrebbe essere considerato un adulto e poter vivere come tale. Racconta: mia madre è una donna insopportabile, si crede di poter disporre di me come di un aggeggio di cucina. Vuole che le obbedisca sempre, mi tratta come un bambino. Al mattino, prima di uscire, mi pettina, mi chiede sa ho questo, se ho quello... Eppure ho vent'anni, ormai. Solo ora mi sento svegliato alla vita e mi accorgo che mia madre è insopportabile... Richiesto di concludere, aggiunge: « Finirà che romperò la testa a mia mar dre e fuggirò da casa». Irato, insoddisfatto, vendicativo, incapace di adattarsi socialmente, traboccante di aggressività verso il mondo esterno, in lotta perenne fra il bene ed il male, non ha che un desiderio: quello di evadere dall'ambiente in cui vive. Per vivere dover Nel mondo dei teppistit Francesco Argenta

Persone citate: André Répond, D. Errico, Hermann Recine, Irato, Vallese

Luoghi citati: Genova