Certe automobili super-confortevoli sono un invito a guidare «sognando»

Certe automobili super-confortevoli sono un invito a guidare «sognando» -s UNA CAUSA POSSIBILE DI INCIDENTI Certe automobili super-confortevoli sono un invito a guidare «sognando» Dolcemente sdraiato, con meccanismi che annullano la fatica del pilotaggio, l'automobilista imprudente può abbandonarsi ad un rilassamento pericoloso -1 vecchi « macinini » costringevano ad un'attenzione senza soste - Il progresso è utile e bello; tocca all'uomo servirsene bene e non lasciarsi dominare Roma, settembre. I problemi psicologici suggeriti, e talvolta imposti, dalla guida dell'automobile, e dalle difficoltà del traffico, non cessano di apparire attuali; e proprio in queste colonne, tempo addietro (17 maggio), abbiamo avuto occasione di farei qualche osservazione sui moventi inconsci di molti incidenti stradali. Recenti considerazioni di uno studioso austriaco, Erich Burgheimer, ci sono state di stimolo per qualche ulteriore riflessione. In un numero da poco apparso della rivista Autojahr, il Burgheimer prende in esame, pressoché esclusivamente, la psicologia degli cassi del volante >, e si chiede che cosa solleciti, inconsciamente, certe persone a votarsi anima e corpo a quello che l nostri padri chiamavano il « demone > della velocità e del primato. A suo avviso, la maggior parte dei campioni automobilistici sarebbe costituita da indivìdui che hanno avuto un'infanzia troppo prolungata, senza particolari preoccupazioni o responsabilità. Impossibilitati ad adeguarsi pienamente alle esigenze della vita adulta, costoro esprimerebbero, nella ricerca di folli velocità, e nel dominio di piste e di strade, desideri alquanto fanciulleschi di affermazione: essi vorrebbero, cioè, riguadagnare fan¬ tasticamente, correndo sulla pista, il tempo perduto, sorvolare sugli insuccessi, mostrare a se stessi e agli altri la loro superiore < potenza»... Su questa tesi non si può dare, evidentemente, se non un giudizio sospensivo: poiché solo una precisa documentazione, biografica e psicologica, relativa a un sufficiente numero di campioni del volante, po trebbe effettivamente convali-1darla, oppure smentirla. Qual cuno potrebbe inoltre chiedersi per quali particolari motivi le anzidette premesse psicologiche, presenti in Tizio e in Caio, debbano sfociare in una sorta di < complesso del campione >, anziché in altre manifestazioni nevrotiche o comportamentali. Ma se lo studio del Burgheimer ci lascia insoddisfatti e perplessi circa l'esistenza di un vero e proprio c profilo psicologico > del corridore automobilista, esso contiene una osservazione indubbiamente esatta, relative a una sorta di < fuga nella fantasia >, che la guida dell'automobile può, effettivamente, consentire. Lo scrittore austriaco la ritiene propria degli cassi»; a nostro avviso, si tratta invece di una caratteristica generale dell'automobilismo così com'è attualmente. Quali sono le condizioni che facilitano la «fuga» in que stione? E in qual modo esse sono, < oggi », più sollecitanti che non quindici, venti o trent'anni fa? Non occorre essere tecnici dell' automobile per constatare che, rispetto ad alcuni decenni or sono, le condizioni di guida si sono letteralmente trasformate, ed hanno progredito non solo nel senso della maggior velocità consentita a chi conduce, ma 1 in quello della semplificazione, a a o e a e ' del rilassamento, del senso di c beata tranquillità » (sempre relativa, s'intende) di colui che siede al volante. Abbiamo detto: <Siede». Ma è forse questa, ormai, una espressione corretta? In realtà, varie automobili moderne consentono al guidatore di assumere una posizione abbandonata e reclina, molto più slmile a quella di chi si dispone a riposare, e a fantasticare, su una poltrona a sdraio, che non a quella di chi deve — per dir così — c lottare » per tenere a bada, e convenientemente condurre, un mezzo meccanico Se pensiamo a che cos'era la guida dell'automobile venti o trent'anni fa, vediamo nell'immaginazione, o rivediamo nel ricordo, un distinto signore in perpetuo conflitto, in sempiterno < chi vive », rispetto al trabiccolo indocile e sferragliante da lui provvisoriamente domato... Il suo sedile era ad angolo retto col suolo; la complessità dei meccanismi di guida lo costringeva ad un'attenzione continua e sostenuta; tutto il suo comportamento era condizionato da un'implacabile, irriducibile < esame di realtà ». E adesso?! Semi-sdraiato, con un'angolazione non già di 90, ma di 40 o 50 gradi rispetto all'orizzontale, il nostro automobilista preme un bottone, schiaccia un pedale, ed è in viaggio. Molte moderne automobili lo dispensano dal lavoro di frizione. Altre lo mantengono, mediante sospensioni liquide e gassose, in uno stato di relativo <flottamento» nei confronti del suolo, e delle sue asperità. I rumori sono ridotti al minimo (ricordate l'assordante strepito di certe macchine del buon tempo andato?); e il lieve ronzio d'ape del motore invita a una sorta di semi-ipnotica, soave réverie. Il fortunato proprietario di un meraviglioso, comodissimo — e assai costoso — « modello dell'avvenire », ci diceva, tra il serio e il faceto, che certe volte aveva l'impressione, guidando, di. essere < come un bambino In culla» (sic). In altre parole: certo moderno automobilismo, con ì suoi sviluppi e progressi tecnici, può consentire al guidatore vere e proprie « fughe nell'irreali» che un tempo non ereno neppure pensabili. Ciò, ovviamente, non riguarda soltanto l'asso del volante, come sembra ritenere il Burgheimer (che anzi, le vetture da corsa non sono certo le più comode, o le più adatte a far sognare!...). Le nuove condizioni di guida sono denominatori comuni, rappresentano eventuali scappatoie, o « vie d'evasione », verso le quali tutti, chi più chi meno, possiamo inconsapevolmente indirizzarci. Ecco dunque, a nostro parere, un'altra, fin qui trascurata, possibile fonte d'ir.ciden- ti stradali, da aggiungersi allealtre molteplici, e meglio note. Colui che guida una macchi na con cambio automatico, sospensione ad olio, servo-sterzo e sedile inclinabile di gommapiuma su una strada liscia e bene asfaltata, può anche sentirsi come in una condizione di sogno. Tutto è abbandono, rilassamento, estatico sorvolare, comunione dolcissima con la « dea velocità»... E a questo punto può succedere, com'è ovvio, l'incidente grave o anche gravissimo: brusco, talvolta atroce richiamo del guidatore alla dura realtà della strada, del mezzo meccanico, delle condizioni rigidamente concrete in cui si svolge, e « deve » pur sempre svolgersi — pur nelle infinitamente maggiori comodità — la vicenda di chi guida un'automobile. Ciò, ripetiamo, può valere per tutti: per l'impiegato in ferie come per il milionario con macchina d'eccezione, per il novellino come per il corridore sportivo. La «fuga nell'irreale », resa sempre più plausibile dallo stesso perfezionarsi delle condizioni di guida, è là, in agguato... Non si vuol dire con questo che occorrerebbe ritornare, per nostra maggior sicurezza, a certi < macinini » di un tempo — al contrario! — ma il progresso e i perfezionamenti debbono « servire » l'uomo, non già sedurlo, o magari « asservirlo ». Sarà bene che chi ha discernimento se ne renda conto, e aggiunga, nel suo consapevole pensiero, anche questa pericolosa Fata Morgana alle serie delle molte insidie che minacciano la legittima gioia, e le autentiche e giustificate soddisfazioni, di chi conduce una moderna automobile. Emilio Servarli*»

Persone citate: Emilio Servarli, Erich Burgheimer, Morgana

Luoghi citati: Roma