Bilancio di un viaggio di Luigi Salvatorelli

Bilancio di un viaggio Bilancio di un viaggio Due scopi ha avuto il rapido e intenso giro europeo del presidente Eisenhower. Il primo, quello di chiarire 10 spirito e il programma americano per lo scambio di visite Kruscev-Eisenhower. 11 secondo, di passare in rivista il fronte atlantico europeo, per verificare e rettificare il suo allineamento. Per il primo punto, il risultato può essere espresso con la formula da me usata anticipatamente, l'il agosto: non c'è, da parte degli Stati Uniti, cambiamento di rotta. Eisenhower ha riaffermato, con espressioni che non lasciano posto al minimo equivoco, che egli non intavolerà nessuna trattativa a due con Kruscev. Egli spera, dalla visita di Kruscev, un effetto psicologico sul medesimo, nel senso di una conoscenza migliore e di un apprezzamento più equo del mondo « capitalistico ». Ciò non deve intendersi nel senso che fra Eisenhower e Kruscev non si discorrerà di questioni concrete. Una astensione simile sarebbe esattamente il contrario del « disgelo » di cui si parla da ambe le parti. Risultato possibile, e auspicabile, dei loro discorsi dovrebbe essere di farsi ciascuno una idea abbastanza esatta di come la pensi l'altro, delle sue intenzioni, dei suoi scopi, del suo spirito. Potrebbe e dovrebbe derivarne, sia un principio di reciproca fidu eia, sia una determinazione della natura e dei limiti del desiderato accordo per una «convivenza» di qualche stabilità, che succederebbe all'incomoda e precaria «coesistenza » attuale. Per intanto, il giro euro peo di Eisenhower dovrebbe avere per risultato di por fine, nell'opinione pubblica occidentale, a ogni esagera zione spontanea di speranze e timori, e altresì a ogni tentativo di speculazione politica sulle une o sugli altri speculazione particolarmen' te deplorevole quando essa sostituisce, alla critica legittima del governo nazionale, la beffa e la calunnia. AI. trettanto biasimevole sarebbe una ripresa della confa sione, facile in certi settori confessionali, fra l'opposizione ideologica e religiosa al comunismo, e la tratta' zione politica delle relazioni fra Ovest ed Est. Così pure, appare del tutto anacronistica la discussione, che si tenta fra noi di impostare da varie parti, su riflessi in terni della nuova situazione internazionale, dal momento che di questa non abbiamo ancora gli inizi, ma semplicemente un lavoro preliminare rivolto a creare un ambiente più favorevole ai medesimi. Era soprattutto nei due settori francese e tedesco che l'allineamento (o, se vogliamo usare un termine meno militare, l'affiatamento) atlantico lasciava qualcosa a desiderare. Per il secondo però, si trattava piuttosto di metodo che di sostanza, visto che sia per il mantenimento di Berlino libera, sia per il non riconoscimento della Germania di Pankow quale Stato definitivo escludente la riunificazione tedesca, c'era accordo fra Bonn e i tre « grandi ». Nei riguardi del metodo, e potremmo dire dello spirito, Adenauer, sia nella risposta a Kruscev, sia nell'appello rivolto alla Polonia ( di scar. so successo, per mancanza di qualsiasi affidamento circa la linea Oder-Neisse), ha mostrato di volersi adegua' re al desiderio anglo-ameri' cano di distensione, a cui né Italia né Francia — checché si dica in contrario dai critici prestabiliti — fanno ostacolo. Da parte francese, inve- ce, si trattava di più serio la posizionedissenso, per la posizione della Francia nella Nato; e i noti discorsi di Debré avevano destato sorpresa, irritazione, allarme. Risultato massimo della visita di Eisenhower è stato di mostrare che quei discorsi erano sfoghi personali di Debré, inopportuni sempre, ma senza conseguenze internazionali. E' stato facile ad Eisenhower riconoscere quello che c'era di giusto nell'esigenza francese di una maggiore partecipazione alle decisioni per la politica germanica e per quella più generale della Nato. Tale esigenza è, in altro modo e misura, anche dell'Italia; e i nostri uomini di governo hanno ricevuto in proposito soddisfazioni e affidamenti ragionevoli. E' stata invece definitivamente liquidata (e bisogna compiacersene) ogni idea di « direttorio » ; il vero rimedio è di intensificare le conversa¬ zioni. Rimane la naturale differenza di forza, e quindi di peso, fra i diversi alleati; ma le parole e lo spirito di Eisenhower sono garanzia non effimera che non ce ne sarà abuso da parte dei maggiori. Il punto più delicato, tra Parigi e Washington, era quello dell'Algeria: e proprio qui s'è verificato qualcosa di nuovo, di cui De Gaulle si è mostrato particolarmente soddisfatto. Ir.somma, gli Stati Uniti, uscendo dalla precedente neutralità, hanno assunto una posizione favorevole alla Francia, analoga a quella dell'Inghilterra e dell'Italia. In corrispondenza, De Gallile ha prospettato una soluzione del conflitto algerino, che Eisenhower deve aver giudicato conciliabile con quel riconoscimento formale della personalità nazionale algerina (col relativo diritto di autodecisione) a cui è impossibile che la Francia ulteriormente si sottragga. Questa intesa di principio per Algeri (di cui non sarà facile l'applicazione) significa la prima attuazione d'una esigenza giusta, su cui per conto riostro insistemmo già al tempo del conflitto per Suez; la politica solidale atlantica non può rimanere estranea a- nessuna delle grandi questioni interessanti la pace, la sicurezza, la giustizia internazionali. Qualsiasi mancanza della sua presenza politica e morale, in una qualsiasi di tali questioni, non può non risolversi in un suo indebolimento, rispetto al settore centrale Ovest-Est. Purtroppo, mentre si lavora per una distensione in questo, serie preoccupazioni si vanno accumulando altrove : l'inasprito conflitto Nasser-Israele per il libero e paritario uso del Canale di Suez (internazionalmente sancito e di interesse universale, e più particolarmente mediterraneo) ; la minaccia del Vietnam comunista all'indipendenza del Laos; la aggressione cinese al territorio indiano, di fronte alla quale non sembra che Nehru abbia ancora saputo trovare il giusto mezzo tra la reazione bellicosa e l'inizio di una acquiescenza Princiviis obsta: è necessario rievocare questa norma di condotta per ciascuno dei casi suindicati, ed è indubbio che spetti innanzi tutto ai maggiori governi atlantici di alzare la voce a prò della pace e della giustizia internazionale. Ecco un'occasione per l'Urss di mostrare la sua buona volontà, collaborando con essi. La confe renza al vertice sarebbe allora definitivamente assicu rata. Luigi Salvatorelli