I subacquei torinesi narrano come morì il loro collega

I subacquei torinesi narrano come morì il loro collega I subacquei torinesi narrano come morì il loro collega Dopo l'immersione a quaranta metri si fece fotografare con gli amici e svolse alcuni lavori - Più tardi avvertì i sintomi dell' embolìa gassosa e, per evitare pericoli, andò alla fatale camera di decompressione li segretario del Circolo subacquei di Torino, Franco Spinila, ci invia a nome della, sua associazione la seguente nota sulla tragica fine del sommozzatore Ferdinando Cuffaro. Il giovane è morto l'altra mattina, dopo tre giorni di agonia, per il guasto della camera a decompressione di Savona, nella quale si era volontaria!, inte messo allo scopo di evitare il pericolo di una embolia gassosa. La morte del sommozzatore Ferdinando Cuffaro (detto Ferdy) del Circolo subacquei di Torino, nell'ospedale San Martino di Genova, segna il tragico epilogo dell'immersione di sabato scorso alla quale partecipavano anche i sommozzatori Federico Tritzo, Guglielmo Perseu e Lucio Mamberto, dirigenti del Circolo subacquei Finale Ligure, e Franco Scìalla, segretario ed istruttore della Società cui il Cuffaro stesso apparteneva. Successivamente intervistati, essi hanno fornito le seguenti precisazioni: < Ferdy, ' benché sofferente di una leggera nausea, ha effettuato un'immersione regolare, raggiungendo come noi profondità comprese tra i 37 e i 45 metri sui fondali antistanti Finale Ligure. Le condizioni del tempo e del mare erano tali da assicurare una perfetta riuscita dell'esplorazione, preparata con cura fin dalla sera precedente. Eravamo dotati di orologi impermeabili « Submariner >, di profondlmetri di precisione e di tabelle di decompressione della Marina Militare Francese con cui calcolare le tappe per la risalita. « L'esplorazione, la caccia e la raccolta di materiale scien tifico erano effettuate da al meno due sommozzatori per volta, e la. loro posizione in profondità era segnalata alla superficie da apposite boe. < Ferdy in particolare si prodigò per il ricupero di alcune grosse spugne, ciò che richiese un notevole sforzo fisico e lo costrinse a rimanere sul fondo qualche minuto più del tempo stabilito. «A riva, verso le 14 del pomeriggio, era in perfette condizioni fisiche, tanto che collaborò a scaricare le imbarcazioni appoggio del materiale raccolto e degli apparecchi di immersione. Solo più tardi nel pomeriggio avvertì i primi sintomi di embolia gassosa, ma alla cosa ron diede eccessiva importanza, in quanto l'emersione e la relativa decompressione non si scostavano sensibilmente dai valori preventivati, «A tarda sera, constatando il progredire del fenomeno, mmmmmmiimiiiiiimiimii iiimiiimiimii pensò di recarsi alla Croce Bianca di Savona: poiché per i subacquei e i palombari l'embolia gassosa è un incidente se non normale, abbastanza frequente e del tutto trascurabile purché curato in tempo, erano stati da noi presi contatti con (. esto ente fin dalla settimana precedente, e perciò, a parte il lieve malessere di cui era colpito, Ferdy era perfettamente tranquillo. * Visitato ed immesso nella camera di decompressione, fu portato in circa mezz'ora ad una pressione pari a quella esistente a 45 metri di profondità per eliminare l'embolia da cui era colpito. In quel momento l'oblò si schiantò, e come l'aria usciva sibilando dal foro, così in un attimo la vita lo abbandonò. Egli si accasciò rantolante sulla barella e da allora cominciò l'impari lotta tra la vita e la morte che si protrasse fino a ieri. « La tremenda decompressione cui fu sottoposto equivalse ad una risalita da quarantacinque metri di profondità al- minimi itimiiiiiiiiimiimiiiiiiii la superficie talmente veloce da non potersi realizzare in mare neanche nuotando a tutta forza, e provocò delle irrimediabili emorragie interne al cervello e ai polmoni, oltre che a probabili gravissime lesioni agli occhi e ai timpani. < Anche se si fosse potuto immediatamente reimmettere il sommozzatore in un'altra camera di decompressione (mentre si è perso circa un'ora per stabilire dove si trovasse la camera di decompressione più vicina contro ì 34 minuti per 11 suo trasporto da Savona'al San Martino di Genova), per lui non c'era più nulla da fare. Gli stessi medici che lo hanno curato a Genova, ricorrendo ai più moderni ritrovati della scienza, non sono stati in grado di spiegarsi come egli abbia potuto sopravvivere al tremendo colpo, in quanto "il cuore si dovrebbe lacerare come carta velina per repentine variazioni di pressione dell'ordine di 1,5 atmosfere " (15 metri d'acqua) >. Ferdinando Cuffaro, da oltre 7 anni appartenente al Circolo subacquei Torino, era una delle più note e stimate figure dell'ambiente subacqueo torinese ed uno dei più esperti sommozzatori d'Italia. L'incidente di cui è stato vittima non ha precedenti nella storia delle immersioni con autorespiratori ad aria. Ferdinando Cuffaro, il secondo da sinistra con soli calzoncini, fotografato subito dopo l'immersione a 40 metri. Stava bene e mostrava il bottino della caccia. Tre ore più tardi avvertiva sintomi di embolia gassosa e andava nella tragica camera di decompressione

Persone citate: Cuffaro, Federico Tritzo, Ferdinando Cuffaro, Franco Scìalla, Franco Spinila, Guglielmo Perseu, Lucio Mamberto