La sconcertante passione degli speleologi esploratori d'un mondo tenebroso e assurdo

La sconcertante passione degli speleologi esploratori d'un mondo tenebroso e assurdo Nelle caverne sotterranee non c'è vita, domina il silenzio La sconcertante passione degli speleologi esploratori d'un mondo tenebroso e assurdo E' una fatica massacrante, devono portarsi dietro quintali d'equipaggiamento, sfidare cascate d'acqua imprevedibili, strisciare nei cunicoli sul fango - Non possono accendere il fuoco e devono mangiare cibi freddi, star con gli abiti bagnati, per giorni e giorni (Dal nostro inviato speciale) Trieste, 20 agosto. TI caso del milanese che alcuni giorni or sono spari in uno degli abissi della Val Tignale, mi ha spinto a raccogliere qualche informazione intorno a quella specie di alpinismo sotterraneo, ancora in gran parte misconosciuto dal grande pubblico, che è la speleologia. La mia improuuisa curiosità moti è andata delusa: ho .scoperto che la speleologia è la più faticosa, la più estenuante, la più scomoda delle passioni. Se ne scrivo ora qualcosa, è perché mi pare che attraverso l'esercizio di un'attività fondamentalmente assurda, gli speleologi sembrano dimostrare il paradosso che l'uomo pud soffrire per divertimento. Francamente, l'attrazione degli abissi mi pare anche più sconcertante dell'alpinismo. Se riesce piuttosto difficile comprendere la follia che spinge manipoli di rocciatori a rischiare la vita ed a patire stenti e fatiche per il solo gusto di assidersi in cima ad una vetta, che dire della speleologia? L'ascensione delle montagne offre almeno agli occhi incomparabili visioni di panorami naturali, di vergini prospettive esaltanti; ma l'immersione nel sottosuolo, dieci volle più massacrante, come vedremo, si riduce ad un appuntamento con le tenebre eterne, che le lampade ad acetilene riescono appena a scalfire. Quel poco che si intravvede, è terribilmente monotono: perché nulla somiglia ad una grotta quanto un'altra grotta Forse qualcuno si domaniiiiiiMiiuiiililllllllllllllllllllllllllilllilliiiiiiiiii derà che Cosa spinga gli speleologi a rovistare nelle viscere della terra. Ebbene, credo di poter rispondere a cuor leggero: nulla. Molti di loro, lo so, giustificano le loro terrificanti discese agli inferi accampando motivi scientifici, quali sarebbero l'esplorazione geografica, lo studio del comportamento delle acque sotterranee, l'investigazione, attraverso le voì'agini, di come il nostro pianeta è fatto di dentro: ma lo dicono solo per non passare p°r matti. L'interesse dei discesisti degli abissi per simili ricerche è minimo, né potrebbe essere altrimenti visto che, nella maggior parte dei casi, essi non sono degli scienziati, e si limitano a raccogliere ed a fornire un certo numero di dati e di rilievi agli specialisti che nei' loro gabinetti ne cavano tesi incomprensibili ai profani. No, nessun motivo pratico immediato spinge gli appassionati a calarsi nelle spelon che, e del resto prestare loro un qualsiasi intento utilitario, sarebbe diminuire l'incanto della loro faticosissima ed inutile passione. Non avrei potuto istruirmi meglio intomo allo sport de gli abissi che a Trieste, la prima città, italiana per quan to riguarda la speleologia. Gli scalatori triestini del sotto suolo sono, nel loro complesso, i più forti d'Italia, e tengono indubbiamente testa ai ! francesi che in questo momento sono i più efficienti del mondo. E ciò si capisce. A portata di mano di Trieste ù il Carso, che è il luogo dove per la prima volta la curiosità dell'uomo cominciò ad investigare l'imponente fenome no di erosione sotterranea che tutto il mondo, appunto per un riconoscimento di primogenitura, chiama « carsico », E' dal 1880 circa che i triestini accumulano una serie non interrotta di esperienze. La pratica della speleologia è semplicemente massacrante, è un inenarrabile facchinag gio volontario. In fondo ad una spedizione di una certa importanza, che va dai 6 ai 9 giorni di continua discesa nelle voragini tenebrose, si arriva in preda al < nagana>, come lo chiamano, uno stato di prostrazione i cui sintomi sono un senso crescente di disinteresse per l'impresa, un rilassamento che induce a chiudere gli occhi, un brivido continuo, la ricerca voluttuosa del riposo in qualsiasi posizione. Spesso, per procedere nelle sfiancanti discese, gli speleologi ricorrono alle <bombe> di sostanze eccitanti come si dice che facciano i ciclisti... Cos'è che fa della speleologia il più pesante degli sport? Prima di tutto gli appassionati, scendendo nei baratri, devono portarsi dietro quintali di equipaggiamento, rotoli di scale, di funi, sacchi di viveri, tende e coperte, tute impermeabili, canotti pneumatici, ricambi di biancheria, medicinali ecc., tutto quanto serve alle operazioni della discesa a picco, alla traversata di laghi e corsi d'acqua, alle necessità di un prolungato soggiorno in un tenebroso deserto di pietra: sono gli scerpa di se stessi. Carichi come animali da soma, l'immersione negli abissi è lenta ed irta di difficoltà. Devono scendere, anche per centinaia di metri, scalette traballanti nel vuoto, avanzare in parete aggrappati agli appigli rocciosi, procedere attraverso frane precipitose di massi viscidi, strisciare nel fango per cunicoli e strettoie, subire per lunghi tratti l'investimento violento di cascate d'acqua che infradicia i vestiti, traversare a guado laghi gelidi e fiumi impetuosi, pantani di fango nei quali si affonda fino al ginocchio: e tutto ciò sempre nelle tenebre, per giorni e giorni, gli ore: ~ii martellati dal frastuono ciclopico di cascate precipitose che le sotterranei ripercuotono e am plificano, sempre nell'orrido di un caos primordiale e ter-volte dei rificante, in una solitudine planetaria e repulsiva dove non si è mai affacciata la vita. Ma l'aspetto forse più sconcertante delle discese negli abissi è che al termine di giornate di fierissime tribolazioni e fatiche, il bivacco è il più scomodo che si possa immaginare. Mancando il combustibile, non si può accendere un fuoco per asciugarsi le ossa e gli indumenti a mollo, il cibo è squallido, una. minestra di fagioli in scatola, sardine sott'olio e gallette, una tazza di qualche bevanda tonificante dal sapore medicinale... Vacillanti per la stanchezza, gli esploratori dei sotterranei della terra si tolgono i panni bagnati, si infilano nei sacchi a pelo ammucchiati uno sull'altro, quattro o magari cinque sotto ad una tenda per due persone. Un lumino ad acetilene, durante il sonno, serve a ridurre di qualche poco la implacabile, fredda umidità dell'aria. Al mattino, quando si svegliano, uscendo dal caldo sacco a pelo nel gelo della fradicia notte, devono indossare le maglie e le mutande di lana bagnate del giorno prima, ancora intrise di .sudore e magari di fango, che nel fondo degli abissi non si asciugano mai. Durante i lunghi giorni della spedizione sotterranea, essi non hanno agio di la¬ «llllllllllllllllllllllIillllllllllllllllllIllllllllllllllll varsi mai se non quando guadano i laghi o pigliano in testa il rovescio di una cascata, ignorano ogni simrdacro di toilette, non si fanno mai la barba... Arrivano al fondo delle loro imprese come dei trogloditi, uomini delle caverne, barbuti esseri di fango, le tute a brandelli, spaventevoli. Si aggiunga a questa iliade di stenti e di privazioni l'agguato minaccioso e continuo dei pericoli delle frane, delle cadute, degli allagamenti. Un improvviso temporale alla superficie gonfia i fiumi interni, le acque possono sorprendere gli uomini mentre si trovano ad attraversare un sifone, una piccola spelonca, ed affogarli. E' per scongiurare questo pericolo che gli speleologi avanzano tenendosi sempre in contatto telefonico con la superficie: in caso di allarme cercano di uscire, o di rifugiarsi in qualche^ caverna spaziosa, che le acque non possono inondare completamente, dove poi aspettano, magari per giorni e giorni, come sommergibilisti che non possano salire a galla, che il deflusso delle acque liberi passaggi , ingorgatiForse ffnj^gembrà'' óniair$\&t& alle prove dell'alpinismo la speleologia aggiunge quella del sollevamento pesi e del lavoro in miniera... E tutto ciò, dicevamo, per nulla o quasi. Chiedete pure IllllllIllllIllllllllllllllllMIIIItllllItllllllllllItlIIIt n o l e e e i i a r o o o n i e e e i e & a a r e ad uno speleologo vero che forza misteriosa mai lo chiami negli abissi ad affrontare volontariamente pericoli e sofferenze degni di un girone dell'Inferno: egli alzerà le spalle e dirà che non lo sa. Non si tratta soltanto, crediamo, dell'amore puro del rischio, dell'attrazione irresistibile a vincere le difficoltà, ma anche della insonne ricerca che è forse uno dei tratti più spiccati e nobili dell'uomo. Si potrà chiedere cosa mai vadano a cercare nei baratri dal momento che più di un secolo di esperienze ha dimostrato che non vi si trova nulla o quasi, e soprattutto nulla di utile. Nell'epoca in cui la scienza è sul punto di proiet tare gli uomini fuori dalla Terra negli spazi siderali, questi speleologi che ci si vanno a ficcare dentro con una proterva ostinazione fanno uno strano effetto di gente anacronistica. Ma- è poi proprio vero? Abbandonandoci per un momento anche noi ad un so gno avvenirista, potremmo quasi pensare che gli speleo logi, senza nemmeno sospettarlo,-aprono le vie ai soli rifùgi che potranno rivelarsi efficaci nel caso deprecabile in cui dovesse scoppiare una guerra atomica: sono, per così dire, i pionieri della sopravvivenza dell'umanità. Alfredo Todisco ItltllttllllItlUllllItllllllIIIIItllIllllllllllllllllllIIIB

Persone citate: Alfredo Todisco

Luoghi citati: Italia, Tignale, Trieste