Trieste è una città brillante ma preoccupata dell'avvenire

Trieste è una città brillante ma preoccupata dell'avvenire Cris? morale ed economica ne! vecchio porto giuliano Trieste è una città brillante ma preoccupata dell'avvenire Nuovi bar e negozi nascono nn po' dovunque, le birrerie e i ristoranti appaiono sempre affollati - Però i problemi di fondo non sono stati risolti -1 traffici marittimi e ferroviari in continuo regresso; l'Austria comincia a rifornirsi di carbone oltre cortina, togliendo lavoro al porto - Le divergenze tra i vari esponenti cittadini (Nostro servìzio particolare) Trieste, agosto. Temo che lo stato d'animo di Trieste sia molto vicino all'abbandono. Ogni anno, circa alla medesima stagione, torno nella città che fu mia fino al '49, cosi che posso dire di conoscere abbastanza bene l'oscillazione dei suoi umori. L'anno scorso, misto al senso di delusione generale nei confronti dell'Amministrazione italiana, si poteva cogliere ancora un certo spirito di protesta, un piglio battagliero e polemico. Quest'. no, Trieste sembra in preda all'apatia. La città non reagisce o reagisce debolmente, lo scontento per la situazione generale si è ancor più inacerbito, ma non sprigiona alcun impeto di passione. Non starò qui, ancora una volta, a dipingere partitamente le ragioni della decadenza economica di Trieste, che tante volte Diego De Castro ha sviscerato con acume su queste colonne. Forse, ciò che merita dire, è che la crisi di Trieste è in gran parte Invisibile ad occhio nudo. Non credo rendano un buon servigio alla città tutti quei triestini i quali, servendosi di uno slogan che ha avuto fortuna, parlano di < erba nelle strade >, e ciò per la buona ragione che il visitatore forestiero a Trieste non solo di erba nelle strade non ne vede nemmeno un filo, ma trova invece movimento e gli effetti di un alto tenore di vita. Il numero delle autovetture, infatti, è in continuo e rapido aumento, così quello dei televisori e dei frigoriferi, lo sviluppo edilizio è rilevantissimo, e sta mutando il volto della vecchia città teresiana; nuovi bar, nuovi negozi nascono un po' dovunque, i locali pubblici, le birrerie, i ristoranti, i caffè appaiono sempre animati ed affollati. I triestini non hanno perduto ancora l'antica abitudine di spendere molto, anche al di sopra delle loro possibilità, retaggio di un ottimismo che risale ai tempi d'oro. Inutilmente il visitatore estraneo, messo In allarme dallo slogan dell'erba nelle strade, andrebbe a cercare In giro i segni appariscenti del decadimento di Trieste. Semmai, l'occhio esperto percepisce qualcosa di trasandato che una volta non c'era, soprattutto nella tenuta delle folle che conferiscono a Trieste l'aria di una città un po' troppo scamiciata e balneare, forse un po' troppo mediterranea, slmile a quella che, poniamo, si respira ad Atene d'estate. Ma, a parte queste sfumature, l'aspetto esterno di Trieste è ancora quello di una città brillante, e quasi non meraviglia se molti, tratti in inganno, arrivano ad esclamare polemicamente: c Ma in fin dei conti di che si lamentano questi triestini? ». La verità è che il decadimento economico di Trieste rassomiglia ad un fenomeno carsico, è una lenta e inesorabile erosione interna. Gli anni passano e i problemi di fondo si aggravano. Il numero dei disoccupati è ancora, in proporzione, tra 1 più elevati d'Italia, i cantieri boccheggiano, la ferriera si sgretola, la zona industriale soffre di anemia perniciosa, il porto è minacciato dalla ruggine; tutti quelli che sono i pilastri della vita cittadina, insomma, sono più o meno in crisi. In questi ultimi tempi, i traffici hanno subito un crollo rilevantissimo, ciò che ha aumentato lo sconforto in una situazione generale già assai pesante. Alla fine del '58 il movimento commerciale marittimo scendeva a 4 milioni e 40C mila tonnellate, perdendo circa 700 mila tonnellate rispetto all'anno precedente. Cosi, nel campo del trasporti ferroviari, il movimento che alla fine del '57 volgeva intorno ai tre milioni e me io di tonnellate, è precipitato a due milioni e 800 alla fine del '58. Una grave erosione, dunque, si è verificata in uno dei settori chiave dell'economia cittadina, e ciò in seguito al fatto che l'Austria comincia a rifornirsi di carbone direttamente dai Paesi oltre cortina, tagliando il flusso che attraverso il porto triestino proveniva dagli Stati Uniti. Se si vuole sintetizzare al massimo la gravità della situazione triestina, basta dire che, al presente, Trieste ha un volume di lavoro proporzionato ad una città di 200 mila ebitanti al massimo, mentre ne ha 300 mila. Quel che è peggio, manca qualsiasi prospettiva chiara per il futuro. Non vi è dubbio che l'Amministrazione italiana, subentrando a quella dell'Amg (governo militare alleato), non ha saputo affrontare il problema dì Trieste con una lungimirante visione di insieme. A questo proposito lo scontento dei triestini, che si estende più o meno a tutti i settori cittadini, è fondato su validissimi motivi. Bisogna ammettere tuttavia, che durante questi primi anni di amministrazione italiana, i triestini non hanno avuto sempre l'abilità e la capacità di difendere i loro interessi nel migliore dei modi. Hanno indubbiamente Indebolita la posizione della città nei confronti di Roma le divisioni Interne, le visuali discordanti. Ancor oggi Trieste non solo è divisa sui problemi generali che riguardano il paese, ciò che è perfettamente ideologico in re girne di democrazia, ma è divisa anche sui problemi che riguardano la città, e non riesce ad esprimere una volontà In senso unico, tale da affer¬ marsi col suo peso dinanzi alla burocrazia centrale. So che molti triestini si dispiaceranno per queste parole che tuttavia scrivo con la migliore delle intenzioni. Essi non devono illudersi che la salute della città dipenda da Roma prima che da loro stessi. Trieste ha indubbiamente bisogno di un plano generale ed organico, e non di provvedimenti settoriali, di interventi slegati l'uno dall'altro, e talvolta affidati all'improvvisazione. I triestini, anche secondo il parere degli spiriti più illuminati, potrebbero impegnare molto più efficacemente la burocrazia centrale se si mettessero ben d'accordo su quello che vogliono per la città, se fossero essi ad esprimere un piano organico, realistico, che avesse dietro di sé la forza del prevalente consenso della cittadinanza. Negli anni scorsi troppo spesso rappresentanti di diversi gruppi cittadini sono andati a Roma a presentare richieste che si elidevano le une le altre, e non meraviglia che i funzionari romani, spesso, abbiano avuto buon gioco. Altre volte, esponenti triestini hanno domandato a Roma esenzioni e privilegi che tenevano indubbiamente del fantastico, ed erano in contrasto con i principii di uno Stato moderno. Se Trieste non riesce a mettere a punto il calcolo esatto dei suoi interessi e dei suoi piani d'azione è anche perche è una città sentimentale, anzi passionale, in contrasto con la sua geografia nordica e col retaggio di tradizioni che risalgono alla dominazione asburgica. Nessuna città, più di Trieste, forse, ha così indiscutibili patenti di temperamento affettivo. Non dimentichiamo mai che l'irredentismo, il prodotto spirituale più tipico di Trieste, favorì l'arrivo dell'Italia, che alla fine della guerra del '14 segnò anche la fine del grande privilegio economico che il porto di San Giusto aveva nell'impero austro-ungarico. Ancora oggi Trieste vive le sue contraddizioni. Al presente, per esempio, il malumore contro la burocrazia romana, quanto mai diffuso e radicato, coabita con un acceso lealismo italiano. Infatti, nella città più scontenta del governo centrale che vi sia in Italia, il partito di governo, lungi dallo sfaldarsi, guadagna solidamente voti, e ciò perché un evidente stato emotivo spinge moltissimi triestini a credere che votare contro il governo (e sia pure a favore di partiti di opposizione democratica) equivalga a votare contro l'Italia. La presente apatia dei triestini è ancora una prova del loro carattere emotivo. Agli entusiasmi ed alle grandi attese, alle paure e alle illusioni, che si sono susseguiti a ritmo rapido in pochi anni, oggi è subentrato uno stato di rilassamento morale ed un profondo disincanto, che sono momenti tipici della dinamica passionale. La città sembra non aver più nessuna fiducia nell'avvenire, e forse nemmeno nelle proprie forze, e questo mi sembra francamente il male più serio di cui soffre oggi Trieste. Ma i triestini non devono rinunciare alla lorc battaglia, anzi devono proseguirla con maggiore tenacia e con maggiore chiarezza di intenti. Trieste è tutt'altro che alla fine del suo compito storico. Il Mercato comune, le prospettive di una diminuzione della tensione internazionale, lavorano a suo favore. Ma se i triestini si abbandonano, allora tutto è perduto. Alfredo Todisco

Persone citate: Alfredo Todisco, Diego De Castro