La vocazione politica

La vocazione politica La vocazione politica Don Luigi Sturzo, uomo politico del Novecento, prese le mosse dalla situazione italiana — particolarmente quella fra Chiesa e Stato — quale si presentava alla fine del secolo XIX. E' dal 1897 la fondazione de « La Croce di Costantino », suo primo organo giornalistico, già ben rappresentativo per il carattere battagliero, intransigente di lui, nonché per certe sue fondamentali direttive. Idea centrale di S.turzo veQutrgomnimscbiroridegnraglfin da .allora, fu l'organizza- mzione dei cattolici per una j piazione organica sulla vita civile: organizzazione distinta dalla gerarchia ecclesiastica e dalla « Azione Cattolica ». E tuttavia di fatto strettamente congiunta ad esse per comunità di ispirazione e di dottrina religiosamorale. Distinzione e congiunzione confluivano per lui in una rigida separazione da ogni altro partito o movimento politico, e in una indipendenza combattiva rispetto allo Stato nazionaleliberale italiano e ai suoi ceti dirigenti. Don Sturzo in quei primi anni tiene un linguaggio violentemente clericale e antirisorgimentale. La sua prima attività si svolge nel quadro dei comitati parrocchiali, in cui tuttavia figurano sin dall'inizio sezioni operaie e giovanili, primi nuclei delle successive organizzazioni « autonome ». L'autonomia, o meglio — come s'è detto — la distinzione, a cui Sturzo mirava già. allo ra, aveva anzitutto valore strumentale, per la divisione dei compiti e delle responsabilità. Sturzo si incontrò, già prima del nuovo secolo, con Murri, e accettò la formula « democrazia cristiana » ; ma anche questa — è il De Rosa, competentissimo in argomento, e di don Sturzo fervido ammiratore, a dichiararlo — ebbe per lui valore strumentale, per eccitare lo attivismo cattolico nel campo civile. Sturzo non partecipò alla battaglia di Murri contro l'opera dei congressi ; ma allorché questa fu sciolta da Pio X (con uno di quegli atti autocratici rivelatori della sua più vera natura), si adattò allo scioglimento, e seguitò a svolgere attività cattolica nel quadro degli organismi di Azione Cattolica rimasti in piedi, o di nuova creazione piana. Inutile aggiungere, dopo ciò, che Sturzo, alla scissione e ribellione murriana, non pensò neanche lontanarne .te rti partecipare. Bensì, egli si fece la mano con una attività intensa nell'associazione dei Comuni italiani, per la difesa e l'incremento della loro autonomia: attività che aveva il vantaggio di cumulare l'indipendenza « laica » con la lotta contro lo Stato « accentratore », già precedentemente combattuto nello spirito e nel modo che sappiamo. Il partito popolare italiano, fondato il 18 gennaio 1919, non fu dunque, per don Sturzo, una improvvisazione. Fu, invece, la rapidissima attuazione di un piano lungamente meditato: rapidità dovuta alla combinazione del lungo, paziente lavoro preliminare con il' col po d'occhio del politico che coglie il momento opportuno, e con la candita dell'or gauizzatore e del dirigente. Certo, il partito non uscì unicamente dal pensiero e dall'azione di Sturzo: elementi diversi, e anche disparati, vi concorsero, e da al lora data la natura composita del partito. Ma alla composizione Sturzo impres se spirito, struttura, suggel lo; la distinzione funzionale dall'Azione Cattolica, e quindi il carattere « laico », ma di una laicità proclamante « la coscienza cristiana fondamento e presidio della vita della nazione»; il «centrismo », che voleva significare contemporaneamente rottura di ogni legame col liberalismo moderato, e opposizione al partito socialista; il « programmismo », evitante ogni formula massimalistica, troppo impegnativa. Non per nulla, il termine « democratico » fu scartato, a profitto di quello politicamente lamlopaflezodesutefintiscprpsaquSfrLnDcpmQthulthssronn« popolare », puulh;ciiichi.c, ambiguo. IIl Ppi completò e rese definitivo lo sconquasso dei nostri quadri politici, già •osi ben avviato dall'inter-1 ventismo fazioso e violento. Qualsiasi possibilità di contrapposizioni parlamentarigovernative secondo lo sche. ma classico inglese fu definitivamente distrutta. Ultimo arrivato, prima del fascismo, il Ppi mostrò subito una coscienza più che robusta di sé, a cui non corrispose una veduta esatta della situazione e dei bisogni del Paese. La battaglia per il « pluralismo organico » (famiglie, comuni, associazioni), messa da Sturzo in primo piano, non era proprio quel- la più urgente, in un mo mento in cui l'autorità dello Stato rischiava di scomparire. Di ciò si videro i riflessi nella ostilità di Sturzo a Giolitti prima ancora della caduta di lui, e nel successivo « veto » ; nel contegno « attendista », e perfino lusingatore in senso antigiolittiano, di fronte al fascismo; infine, nella poca premura (è il meno che si possa dire) per una intesa popolare-socialista. In quanto all'atteggiamento di Sturzo nell'ottobre 1922, di fronte all'ipotesi di un ri¬