Il mercante di quadri di Marziano Bernardi
Il mercante di quadri Il mercante di quadri A sentire De Chirico, il mercante di quadri Ambroise Vollard sarebbe stato il gran corruttore dell'arte moderna, responsabile della fatale concatenazione di equivoci estetici derivati dalla cosidetta « lezione » di Cézanne, fino all'attuale disfacimento, nell'Astrattismo, dell'idea stessa della pittura. Astuto, sornione, paziente, intelligentissimo, nelle tele del pittore di Aix disancora intorno al 1890 il famoso pére Tanguy, l'umile negoziante di colori amico degli Impressionisti, vendeva dai quaranta ai cento franchi caduna — quando le vendeva... —, egli avrebbe fiutato la possibilità d'una grossa speculazione se fosse riuscito a persuadere i rari clienti della sua botteguccia in Rue Laffitte che <n esse si celava, oltre il genio, un eccellente affare. Di qui una fortunatissima impresa commerciale, funesta per la pittura di questi ultimi settantanni. S'intende che, a parte il lungo collaudo critico con risultati di fanatica crescente ammirazione dell'opera di Cézanne, la tesi di De Chirico non regge. Anche se un'abile manovra mercantile organizzata sul piano internazionale sfruttando determinate tendenze del gusto, può per un certo periodo di tempo propagare e imporre una produzione artistica negativa (e ai giorni nostri ne abbiamo continue e impressionanti prove), presto o tardi viene il momento del crollo che manda nei solai dei privati e nei depositi dei musei i « capolavori » pagati ad altissimi prezzi. Nel caso di Cézanne, benché non sia forse da escludere in avvenire anche per lui il « ridimensionamento » subito da tanti altri artisti -già universalmente acclamati, il crollo non è avvenuto; e non è quindi concepibile un inganno che resiste per decenni in tutto il mondo. Tuttavia Ambroise, Vollard, del quale l'editore Einaudi presenta adesso sotto il titolo Quadri in vetrina, nella traduzione di Maria Castellani d'Estc, gli interessanti e piacevolissimi Sou■vetiirs iTun marchand de t'ableaux comparsi ventidue anni fa in Francia, resta un conturbante esempio (e qui De Chirico un po' di ragione ce l'ha) dell'enorme influenza che l'azione di un mercante intraprendente può avere noli soltanto sul destino di un artista o di un gruppo di artisti, ma addirittura sull'indirizzo estetico di un'epoca; e ciò, naturalmente, più per uno stimolo di lucro (il mercante è mercante, e fa il mestier suo) che non per un trasporto di particolare simpatia artistica: anche se poi lucro e simpatia finiscono col fare un movente solo. In proposito, del resto, con la finezza screziata di lieve ironia che gli era propria, lo stesso Vollard, un anno prima di morire ricchissimo e celebre, fu esplicito con Edmond Jaloux, che ingenuamente aveva lodato la sua « generosità » verso Maillol; e fingendo la sincerità del galantuomo volle rispondergli che t nei rapporti fra un mercante e un artista, è un po' come se si dicesse che colui che ha acquistato un terreno perché crede di trovarvi dell'oro, ha mostrato " generosità " verso il venditore del terreno stesso... ». Ma sotto le zolle di quel ma grò campicello che agli inizi della sua carriera mercantile si chia mava Paul Cézanne, il giovane avventuroso giunto a Parigi da una lontana isola dell'Oceano Indiano avvertì davvero con rabdomantico intuito la presenza dell'oro, sia dell'arte che della Banca di Francia? John Rewald, il ferratissimo storico dell'Impressionismo, lo nega. E allora la leggenda d'un Vollard infal libile scopritore di valori, una leggenda così accortamente coltivata dalla gigantesca piopagan da dei francesi per il trionfo mondiale della loro pittura, andrebbe alquanto ritoccata, « Non aveva un gusto molto sicuro in fatto d'arte, e sul principio dimostrava poco discernimento, Ebbe la gran fortuna di ricevere suggerimenti da Pissarro e qualche volta da Degas, e fu abbastanza intelligente da seguirli Vollard così cedette alle pressioni di Pissarro e andò in cerca di Paul Cézanne». Nei Souvenirs, invece, Vollard si mostra in luce diversa. La rivelazione di Cézanne l'avrebbe avuta ancor prima d'aver deciso di darsi al commercio dei quadri, vedendone un dipinto nella vetrina del pére Tanguy in Rue Clauzel: «Sentii come se avessi ricevuto un colpo nello stomaco ». Stette ad ascoltare il giudizio dei passanti. Un borghese in bombetta s'indignava: quella casa che pare che caschi, quegli alberi che non stanno in piedi, quell'acqua!... «To'! un posto dove mi piacerebbe andare a pescare la domenica », disse invece un operaio con la borsa dfgli arnesi a tracolla. «Permmconto mio rimpiansi che le mie magre risorse di studente non mi permettessero di comperare quella tela. Così, appena entrai nel mestiere, il mio primo progetto fu di fare una mostra di quadri di Cézanne ». E l'allestì infatti nel 1895, non nel '94 come scrisse nei Souvenirs ed ora ripete la traduzione. Strano però che tanta ammirazione non lo spingesse a raggranellare quaranta franchi da mettere in mano al buon Tanguy. Ne azzardò invece venti sui quais della Senna illudendosi di fare un magnifico colpo con un Bonnat, pittore di fama ma agli antipodi di Cézanne. Sbagliò, era una copia; dunque, questa gran passione? per la pittura o per il buon affare? E quand'è che si decide al gran passo? Quando gli Impressionisti hanno ormai cominciato a prender quota, e l'unico a stare in coda è quello di cui lo stesso loro maggior mercante, DurandRuel, ha sempre diffidato. Allora, all'asta, nel '94, dei quadri lasciati dal pére Tanguy, egli compra per 900 franchi cinque tele di Cézanne, subodorando che anche questa pittura seguirà la fortuna, che già va delineandosi, dei Monct, dei Pissarro, dei Renoir. Forse che per il Moulin de la Gaiette, incluso nel lascito Caillcbottc al Luxcmbourg, un amatore non offre 50.000 franchi? Somma enorme se si pensa che soltanto un lustro prima — è Vollard che ce dice — « si trovavano capolavori dappertutto e quasi per niente », e che i iooo franchi chiesti per lo straordinario ritratto di Zacharie Astrae di Manet parevano una cifra esorbitante. Perciò anche la stella di Cézanne salirà, Vollard ne è certo, non importa che la mostra del '95 non sia un successo finanziario: cinque anni dopo preludio al definitivo trionfo Maurice Denis dipingerà ì'Hotnwage à Cézanne, dove, fra le figure dei devoti, è anche quella del mercante Vollard. I suoi Souvenirs, lo si sa, so no una miniera di dati, di aned doti, una galleria di ritratti e ri trattini schizzati con un brio delizioso, con una causticità garbata, elegantissima, da uomo di mondo, ..che _ sa sempre mitigare con un boti mot l'ironìa talvolta bruciante. Ma questa non è che una buccia brillante. Nella polpa del frutto si cela la verità: che coi grandi mercanti d'arte tipo Vollard una nuova èra è cominciata per la produzione artistica. Sono essi che la regolano, la guidano, la impongono attraver¬ so le mostre secondo i propri interessi dirigendo il gusto del pubblico con un segreto gioco di preferenze, di sovvenzioni, di rarefazioni sul mercato di questo o quell'autore; ed in un certo senso persino la creano. Come appunto Vollard quando con lunghe insistenze riuscì a ottenere dal vecchio Renoir le poche e tanto celebrate sculture che vanno col suo nome benché non siano state modellate dal glorioso pittore, il quale, impotente nella sua carrozzella, aveva ormai le mani paralizzate; ma da Richard Guino, un allievo di Maillol, e da Louis Merci. Una delle più penose truffe dell'arte moderna. Marziano Bernardi
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