Un chimico torinese si uccide sul Castore precipitando con la corda recisa da un masso di Gino Nebiolo

Un chimico torinese si uccide sul Castore precipitando con la corda recisa da un masso Era arrivato a ISO metri dalia vetta comi II suo cosmo agwxo di gita Un chimico torinese si uccide sul Castore precipitando con la corda recisa da un masso La vittima di 33 anni, era un bravo alpinista - Perso l'equilibrio cade ma l'amico lo trattiene dall'opposto versante - Improvvisamente una roccia si stacca e taglia la fune - Un volo di 500 metri - Drammatico salvataggio del superstite pure di Torino - Come la moglie dello sventurato ha appreso la tragica notizia (Dal nostro inviato speciale) Clianipoluc, 13 luglio. Un dottore in chimica torinese, alpinista appassionato, ha perso la vita scalando la parete sud del Castore, nel gruppo del Monte Rosa. Non è, questa, una disgrazia dovuta a leggerezza o ad imperizia: lo vittima era nota per la bravura e la serietà con cui affrontava la montagna, era istruttore nazionale di alpinismo e apparteneva al corpo di soccorso alpino. Il suo nome è Leonello Leonessa, aveva SS anni, abitava in corso Peschi-era SG2 ed ci-a-impiegato alla Fiat Grandi Motori. E' morto perché un sasso gli ha tagliato la fune a cui era appeso. Una circostanza forse unica, nella quale nessun altro scalatore, pili prudente od esperto di lui, sarebbe riuscito a salvarsi. Il dottor Leonessa era partito sabato pomeriggio da Torino in «600», con un giovane amico che gli era stato compagno in diverse escursioni, Luigi Alasonati di 26 anni, dipendente dell'Azienda Elettrica Municipale e domiciliato in via Crescentino SO. All'ultimo momento anche la moglie del Leonessa, signora Giusepphia Cazzano, aveva voluto prendere posto nell'auto assieme alla figlioletta Mariolisa di quattro anni. Intenzione dei due sportivi era di giungere al più presto a St. Jacques d'Ayas, sopra Champoluc, e salire subito al rifugio Mezzalama per poter compiere, nella mattinata di domenica, l'ascensione della « sud » del Castore, impresa che presenta difficoltà di quarto e quinto grado. Il gruppetto arrivò in ritardo a Saint Jacques. Lasciate la signora e la bimba nel paese, Leonessa e Alasonati si incamminarono verso il rifugio. Ma la sera li colse prima del previsto, e un forte temporale li co- strinse a bivaccare su un lastrone di roccia, duecento metri sotto la capanna. Si svegliarono all'alba. Il tempo prometteva bene, il cielo era sgombro di nuvole. Le\gati in cordata, ripresero il \cammino. In testa era il Leonessa In questa stagione la roccia è umida e friabile, i caldi non l'hanno ancora rassodata: è piuttosto pericolosa, occorre affrontarla con circospezione. I torinesi lo sapevano, per esperienza diretta. Dalla quota 2800 del bivacco, con l'aiuto di chiodi nei passaggi più ardui, arrivarono verso mezzogiorno sulla cresta che divide i x'ersanti nord e sud del Castore. Non erano stanchi. Si trovavano a circa 150 metri dalla cima (che è a ifiOO metri) e pensavano di scendere, una volta toccata la vetta, al Mezzalama o al rifugio Quintino Sella. A questo punto è accaduta la sciagura. Abbiamo raccolto dal superstite la descrizione degli attimi spaventosi. «Leonello sali sul crestone — dice sconvolto Luigi Alasonati, portandosi le mani sugli occhi —. Lo vidi che si poneva su un pezzo di roccia, dopo averne saggiata la stabilità. Io tenevo ben salda la fune di nylon che ci univa. Eravamo in una posizione sicura: io al di qua e lui al di là della cresta, avremmo potuto bilanciarci e trattenerci a vicenda se uno di noi fosse caduto. Invece capitò una cosa incredibile, la roccia su cui era Leonello si mise improvvisamente a dondolare. Il mio amico perse l'equilibrio e precipitò verso la parete nord. Ero preparato e mi riuscì di reggere per qualche istante il suo peso. Ma con uno schianto il masso si distaccò dalla parete, finì proprio sulla corda che stringevo e la tranciò netta. Con un urlo Leonello piombò nel vuoto. Mentre andava giù, vidi che il masso lo colpiva alla testa; tutti e due volarono per duecento metri, senza toccar terra, poi strisciarono per altri trecento metri lungo un canalone di neve. E' lì che Leonello è scomparso, forse inghiottito da un crepaccio, o sepolto da una pioggia di sassi ». Erano le 12 e qualche minuto. Luigi Alasonati fu preso dal panico. < Il cervello mi si confondeva. Guardavo verso il canalone e per un'ora stetti li senza capire nulla. Se mi muovevo, mi sarei ucciso: Ero senza chiodi, che si trovavano nel sacco di Leonello; non potevo più scendere né spostarmi di v-n passo. Alle 14 si scatenò una bufera, cadde un palmo di grandine. Alle 15 spuntò il sole. Allora mi misi a invocare aiuto, urlando, in direzione del rifugio Mezzalama, che vedevo in basso. Quando venne il buio, accesi una torcia elettrica verso il rifugio e intanto pensavo alla moglie e olla bimba di Leonello, che non sapevano niente ed erano a poche ore di cammino. Una luce brillò davanti al rifugio, risposi con altri segnali, capii che mi avevano visto. Incominciò a nevicare verso le 21, con un vento gelido. Durò fino alle tre di notte. Io ero sdraiato bocconi su una lastra, a cavallo fra i due burroni. Non dovevo dormire, mi avesse preso un colpo di sonno sarei precipitato, perché non avevo nulla per fissarmi alla parete.. ». Due alpinisti di Verrès, che si trovavano alla capanna Mezzalama ed avevano scorto le luci, erano scesi intanto a St. Jacques. Qui, con il direttore della colonia Olivetti, signor Beltrame, avevano dato l'allarme alle guide. Subito partirono da St. Jacques e da Champoluc i fratelli Ernesto, Luigi ed Oliviero Frachey, Giorgio Colli, Augusto Fabre, i portatori Umberto Favre, Giovanni Dondeinaz, Marco Gaillard e t due finanzieri Maccagni e Canavarolo. In cordata, fra continue cadute di sassi, scalarono il Castore e trovarono il superstite sfinito, intirizzito dal freddo, ancora in preda ad uno choc violento. Lo raccolsero e lo portarono a valle. La moglie del dott. Leonessa era ancora all'oscuro di tutto. La notte fra sabato e domenica aveva parcheggiato la « 600 » presso un campeggio e aveva dormito nella vettura, stretta alla sua Marialisa. Ieri mattina una donna del paese la incontrò mentre usciva da un negozio e si mise a chiacchierare con lei. «Aspetto mio marito che è salito al Castore; però ho paura che dovrà tornare, il tempo sta cambiando », aveva detto la signora. Parve più preoccupata la sera. Domandava alla gente se qualcuno aveva sentito di due alpinisti che si fossero persi sulla montagna durante il temporale. Ritornò a riposare questa notte in auto, insieme alla piccola. Stamane presto era in piedi Nel borgo correva voce di una sciagura con un morto e un ferito. Anche la povera donna la udì. Tenendo la bimba in braccio, corse dal direttore della vicina colonia per avere notizie. Questi sapeva la verità. Prese la signora sottobraccio e si incamminò con lei verso il Pian di Verrà, incontro al¬ le squadre di soccorso. Quan do si profilò, in un vallone, il gruppo delle guide, la donna lanciò un grido: aveva visto Luigi Alasonati e non il marito Più tardi, fattasi forte, ha voluto che il giovane rac contasse come era morto Leonello. E' rimasta poi nel cortile della colonia a fare giocare la figlioletta. A tratti la assalivano delle crisi di pianto e correva a chiudersi in una camera. Aspetterà quassù fino a che la salma del marito non sarà ritrovata. Per recuperare il cadavere un'altra pattuglia di guide è partita questa notte. E' difficile dire . se riuscirà nell'impresa. Si ignora il posto esatto dove si è sfracellato l'alpinista e nel lungo canalone piovono di continuo scariche di pietre e blocchi di ghiaccio. Le guide e gli sportivi di Champoluc sono d'accordo nell'cscludere qualsiasi imprudenza da parte dei due scalatori torinesi. La prova che essi si erano proposti è ardua ma non temeraria, soprattutto per uomini come il Leonessa, che aveva all'attivo molte vittorie in montagna. «Non cercava mai vie impossibili e pericolose — dice il compagno come a difenderne la memoria —. Andavo con Leonello proprio per la sua serietà. Non cercava il rischio. Se è morto è perché lo ha ucciso la fatalità>. Gino Nebiolo I protagonisti della tragica scalata: la vittima, Leonello Leonessa (a sinistra) e lo scampato, Luigi Alasonati

Luoghi citati: Ayas, Leonessa, Pian, Saint Jacques, Torino, Verrès