C'è pericolo di scissione tra gli «immortali» di Francia di Loris Mannucci

C'è pericolo di scissione tra gli «immortali» di Francia Dopo il caso Paul NI oranti il caso Paul Reynaud? C'è pericolo di scissione tra gli «immortali» di Francia Le dimissioni di Pierre Benoit sarebbero seguite da quelle del generale Weygand e di altri accademici se Paul Reynaud venisse eletto - Critiche alla •" illustre Compagnia ", considerata troppo sottomessa al potere e affatto rappresentativa della letteratura nazionale - Ma i mali non sono di oggi ed anzi erano più gravi in passato t:if nostro corrispondente Parigi, giugno. Le due elezioni .recenii all'Accademia di Francia, dello scrittore Henri Troyat e dell'autore drammatico Marcel Achard, avvenute senza difficoltà, non sono bastate a ^riportare la calma in seno all'illustre Compagnia che Luigi XIII creò ufficialmente il £9 gennaio 16SS e di cui il generale De Gaulle è protettore come lo {u all'origine il cardinale De Richelieu. 1 motivi dell'agitazione che si manifestai fra gli Accademici sono vari e non di oggi, ma li ha ravvivati l'atteggiamento assunto di recente dal Capo dello Stato per impedire che lo scrittore Paul Morand venisse eletto. Un'aspra polemica Dopo il ritiro spettacoloso della candidatura di Morand si sono avute le dimissioni non meno spettacolose di Pierre Benoit, e la crisi minaccia di aggravarsi quando si svolgerà l'elezione di Paul Reynaud, candidato alla poltrona di André Siegfried. L'Accademia corre il rischio di una scissione. A tale elezione, infatti, è decisamente ostile il generale Weygand che non ha ancora perdonato a Paul Reynaud la deposizione al processo del maresciallo Pétain sulla quale i due testi si affrontarono duramente: Weygand approvò il vecchio maresciallo sostenendo che l'armistizio era diventato inevitabile; Paul Reynaud, invece, giudicava ohe all'armistizio era da preferirsi la capitolazione pura e semplice dell'esercito, principale responsabile della disfatta, la quale a parer suo era da imputarsi ai militari e non agli uomini politici. Oggi il generale Weygand minaccia di dimettersi dall'Accademia se Paul Reynaud venisse eletto, affermando che parecchi altri potrebbero seguire il suo esempio. Fra gli avversari di Paul Reynaud si registrano nomi come Leon Bérard, Pierre Ga-xotte, Jerome Carcopino, Marcel Pagnol, Jean-Louis Vaudoyer, et Jacques Ohastenet. La polemica, per ora, infierisce soprattutto a proposito delle dimissioni di Pierre Benoit, che l'Accademia ha rifiutate ma che l'interessato ha mantenute: « Quando si è stati eletti immortali è per l'eternità », ha detto Frangois Mauriac. Ma Pierre Benoit risponde che non furono considerati immortali per l'eternità il maresciallo Pétain, Charles Maurras, gli scrittori Abel Hermant e Abel Bonnard, espulsi dall'Accademia alla fine della guerra. E afferma che lui non ci rimetterà più i piedi, aggiungendo: tNon mi potranno mica' obbligare! 1 miei ornici Zi vedrò altrove ». Per giustificare o respingere questa posizione si cita il caso di Monsignor Dupanloup che per dieci anni si oppose all'elezione di Emile Littré' e dette le dimissioni nel 1872 quando il suo avversario trionfò. Anche allora le dimissioni. /uro7io respinte ma l'illustre prelato non ritornò mai più a Palazzo Mazzarino pur continuando, dal di fuori, ad esercitare in seno ad essa notevole influenza. Più tardi anche Anatole France si allontanò dall'Accademia dalla quale ri¬ mase assente venti anni ma vi ritornò il giorno in cui fu eletto il suo amico Louis Barthou, per votare .in suo favore. La crisi si è inasprita con le critiche degli ambienti letterari parigini e soprattutto di Henri Montherlant il quale rifiuta di presentare la propria candidatura se ciò lo costringe ad osservare un antico cerimoniale che consiste soprattutto nel far visite di cortesia e sorrisi e riverenze agli elettori per ottenere il loro voto. Dal tempo di Luigi XIV La qualità di certi accademici, inoltre, è contestata. Venne accolta con ironia, anni or sono, l'elezione di Albert Buisson, noto soprattutto come « fabbricante di aspirina* e affatto come letterato. Ma se il fatto può stupire e dar luogo a critiche, c'è pure chi osserva che anche in passato, e molto più di oggi, certe stravaganze si verificavano. Sotto Luigi XIV, che istituì il gettone di presenza (all'epoca se soldi, ed era parecchio) per aver gli accademici sotto la sua influenza, la nomina era addirittura una ricompensa dovuta più al favore che al merito. Il duca di Maine, bastardo legittimato, domandò a Racine, che dirigeva l'Accademia, di nominarlo alla poltrona di Corneille, morto di recente. E Racine gli rispose che anche se non ci fosse stato un posto libero ogni accademico sarebbe stato lieto di morire per fargliene uno. Ma lo scandalo era troppo grosso, e Luigi XIV rifiutò di ratificare l'elezione di un ragazzo di 14 anni. Non sempre, però, ebbe gli stessi scrupoli; né li eb'■bero i suoi successori,'óosicohe fra gli accademici dei secoli scorsi si registrano il marchese di Coìslin, eletto a 17 anni, nonché tutti coloro che non avevano altro me,ptose non di esserli, ^precettori dei principini. Voltaire definì l'Accademia «un corpo dove sì ricevono i titolati, uomini altolocati, prelati, magistrati, medici, geometri e anche dei letterati >. Nonostante le critiche il titolo di Accademico è stato sempre molto ambito. « Sommes-nous trente-neuf, on est à noi genoux, et sommesnous quarante, on se moque de nous», scriveva Bernard Le Bouvier de Fontenelle; e Gustave Flaubert gli fece eco più di un secolo dopo: < denigrarla, ma tentare di entrarvi, se si può ». Anche la sottomissione dell'Accademia al potere non è di oggi e si manifestò in mòtte occasioni; nel 1636 o<)Vr tro'Auger de Mauléon, che venne espulso come lo furono Furetiére nel 16SS, l'abate Saint Pierre nel 1718 per aver criticato certi atti del regnir4,di, Luigi XIVt' poi coloro che erano siati favorevoli a Napoleone, e nel recente dopoguerra 4 accademici già nominati. Sono numerosi i letterati ed i filosofi di gran fama che non appartennero aWAocademia di Francia. Ad esempio Descartes, Molière, Diderot. Jean-Jacques Rousseau, Beaumarchais, Mirabeau, l'abate_.\.Prevost,-. Lamennais, Stendhal, Flaubert, Alphonse Daudet, Michelet, Alexandre Dumas, Balzac, Théophile Gautier, Baudelaire, i fratelli Goncourt, Guy de Maupassant, Pierre Louys, Courteline... Coloro, insomma, a cui la letteratura francese deve la sua influenza nel mondo. Ma sono gli Accademici a redigere il dizionario. E' questo il loro principale compito. La prima edizione uscì nel 1694 c si prevede che la nona, che procede alle media di 4 parole per settimana, sarà pronta per il S08S. A questo compito interminabile è probabilmente legato il concetto di « immortalità- » degli accademici, i quali si definiscono così: « compagnia di persone che si riuniscono per occuparsi di Belle Lettere ». Il gioco dell'ironia Ma un altro dizionario, che esce a cura del settimanale satirico « Le Canard Enchainé », definisce invece l'Accademia « Casa di riposo dotata di tutto il conformismo moderno, dove i mondani, i marescialli di Francia, i prelati e talvolta gli scrittori vengono accolti (con un sorriso canzonatóre) quando ritengono sia giunta l'ora di smobilitare ». Precisiamo che la parola « smobilitare » significa qui « rinuncia al bel sesso ». Non sarebbe opportuno sopprimere la Accademiat, domanda dal canto suo lo scrittore Bernard Frank su un settimanale letterario, ironizzando sui suoi « furori» e osservando che « è difficile non scoppiare in risate quando vi parlano con la massima serietà di una sinistra e di una destra all'interno della veneranda assemblea, quando si sente dire che Francois-Poncet e Vallery-Radot vi rappresentaru lo spirito giacobino e che il generale Weygand, vi difende i diritti sacrosanti della letteratura ». Però, tutto sommato, egli ritiene — sfa pure ironicamente — che « quest'Accademia decimata, scheletrica, famelica, senza sale, che manca di tutto, di grandi scrittori, di marescialli, di duchi, di cardinali, di grandi finanzieri, di ex-presidenti del Consiglio, quest'Accademia che sbanda, sembra perfetta com'è e non dovrebbe essere seccata per un sì o per un no, per un nome o per un altro. ». Loris Mannucci

Luoghi citati: Francia, Maine, Parigi