Ricostruita dall'inchiesta a Monza la sciagura di Tinazzo e Crivellari

Ricostruita dall'inchiesta a Monza la sciagura di Tinazzo e CrivellariRicostruita dall'inchiesta a Monza la sciagura di Tinazzo e Crivellari Una vettura ha "chiuso,, la curva mettendosi di travèrso e la macuhiha inseguitrice l'ha urtata - Il dùplice mortale incidente alla velocità di 160 all'ora - Pericoli delle auto "junior,, che solo apparentemente sono di facile guida - Dichiarazione rivelatrice di Branca (Dal nostro inviato speciale) Monza, 29 giugno. La sciagura accaduta domenica scorsa, a Monza, in cui hanno perso la vita i piloti Nino Crivellar! a Alfredo Tinazzo, è stata ricostruita dall'inchiesta in ogni dettaglio. Al settimo giro della corsa di apertura della giornata, riservata alle vetture Junior, la macchina pilotata dal padovano Alfredo Tinazzo, di 39 anni, affrontando la < curva Ascari » che immette sul rettilineo opposto a quello delle tribune, < chiudeva » verso sinistra ed era investita dalla vettura del veneziano Nino Crivellari di 37 anni. I due bolidi, che procedevano ad almeno 160 orari, volavano letteralmente per aria e si andavano a schiantare qualche metro più lontano, mentre un terzo concorrente, Lippi, riusciva ad evitare il groviglio per vero miracolo. Tinazzo e Crivellari morivano sul colpo. L'inchiesta ha dunque stabilito il punto in cui le macchine dei due sfortunati gentlemen sono entrate in collisione, la posizione relativa dei rispettivi bolidi, la traiettoria in aria delle auto e dei corpi dei conduttori. Tutto tremendamente chiaro, insomma. Meno le cause occasionali o quelle remote che -hanno reso possibile il verificarsi dell'incidente. Su queste circostanze, che sono poi quelle autentiche sull'origine della duplice disgrazia mortale, si rimarrà per sempre nel campo delle ipotesi, delle illazioni più o meno fondate, quando non delle teorie preconcette. In realtà, negli sport del motore, di cui sono partecipi pressapoco in parti uguali l'uomo e la macchina, è praticamente impossibile risalire all'origine dei purtroppo frequenti eventi mortali. A meno che non sia dimostrabile l'intervento di una causa esterna precisa. Nessuno è mai riuscito a spiegare la morte di Varzi, per esempio, uscito.di strada al Bremgarten a 80 l'ora, o quella di Alberto Ascari o di Luigi Musso. Gli esperti vanno cercando spiegazioni tecniche, razionali; pochi, o nessuno, tengono conto dei motivi umani, cioè molto spesso irrazionali. Con ogni probabilità, gli uni e le altre sono, In vario sciagure in corsa. Senza pretendere di voler affermare un soggettivo, cate- gorico rapporto di causalità,grado, all'origine delle nel duplice incidente mortale di Monza, possiamo tuttavia esprimere qualche opinione In proposito. Com'è noto, la disgrazia è accaduta durante la disputa della gara preliminare al Gran Premio della Lotteria, gara riservata alle macchine < Junior j, cioè costruite secondo una formula che richiede mezzi tecnici relativamente modesti (la base è costituita da gruppi meccanici tratti dalle normali vetture di serie) e che nelle intenzioni dei promotori dovrebbe contribuire alla formazione di nuove leve di piloti. Grazie all'abilità di ottimi preparatori, le < Junior > — che per regolamento non devono pesare meno di 400 kg. — raggiungono velocità massime vicine ai 200 km. orari, e sono soprattutto maneggevolissime, stabili, facili da guidare. Tanto facili che I loro piloti talvolta superano senza avvedersene i limiti dinamici del mezzo, si permettono acrobazie che gli stessi assi della Formula 1 si guarderebbero dal compiere. Secondo punto. La catego ria Junior — i cui guidatori, contrariamente agli scopi del la formula, sono in molti casi tutt'altro che giovanissimi è quella in cui più accesa si avverte la . rivalità dei protagonisti, rivalità che in qualche occasione ha assunto forme di un'acredine agonistica ingiustificabile. Inoltre si è formata una specie di casta professionistica che tra piloti gentlemen appare completamente fuori luogo. Ora, le monoposto Junior hanno prestazioni pressoché identiche, per cui i corridori devono cercare di imporsi affidandosi quasi eselusivamente alle proprie risorse, alla più spericolata audacia, incoraggiati in questo dall'accennata facilità di guida delle loro vetturette. Nella stessa corsa di alle prime armi, Aquilino Branca, a un bel momento abbandonò il rodeo perché (lo dichiarò pubblicamente) «non si sentiva dì continuare a ga- domenica, un pilota non certo reggiare tra gente che ad ogni curva si mette di traverso e fa pazzie insensate ». Queste parole, dai Fangio, dai Moss, Farina, Hawthorn, Musso, mai le avevamo intese. E forse qui va Vicercata la causa remota di quanto è successo a Monza domenica, dove peraltro è stato ridìmostrato che le condizioni di sicurezza per il pubblico sono indiscutibili. * * Nel Gran Premio della Lotteria, la maggiore esperienza dell'italo - americano Alfonso Thiele ha avuto ragione della giovinezza di Cario Mario Abate, il bravo esponente del Racing Club 1S, cos' ricco di qualità tecniche e morali. Nell'uragano che ha investito la seconda met? dilla corsa, il duello Thiele-Abate (così come quello tra il tedesco Von Hanstein e Ada Pace nella classe minore), ha costituito l'episodio agonisticamente più interessante della giornata. E' da segnalare che dopo la ferma ta di entrambi al boxes per sostituire le gomme posteriori (più lunga, inspiegabilmente, quella del torinese). Abate ha avuto un ricupero così auto ritario da far pensare che sen za la imprevista sosta l'esito avrebbe potuto essere diverso, o quanto meno più incerto. Ferruccio Bernabò Migliorate le condizioni \ Tre fasi dell'incidente di Monza: 1) le «junior» di Tinazzo e Crivellari affrontano la curva; 2) il tragico urto; 3) le macchine terminano nel prato dopo aver sbalzato via i piloti. Tratteggiato il percorso di Lippi, che è riuscito ad evitare il disastro

Luoghi citati: Monza, Varzi