Il drammatico racconto dei testimoni

Il drammatico racconto dei testimoni Il drammatico racconto dei testimoni (Dal nostro inviato speciale) Milano, 26 giugno. Sono morti tutti, sessantotto persone tra passeggeri ed equipaggio in un disastro aereo che lascia sgomenti per la rapidità con cui è accaduto. Dai rottami dell'apparecchio sparsi in un raggio di due chilometri non un segno di vita, soltanto la crudele ineluttabilità silenziosa della morte. Passerà qualche giorno prima che si conoscano le cause della catastrofe, forse quei rottami non sveleranno mai il loro segreto, certo nessuno potrà dire gli attimi di angoscia vissuti dalle sessantotto persone che erano a bordo. L'aereo, un < Superconstellation > quadrimotore della T.W.A., era giunto da Roma alla Malpensa in perfetto orario. Quaranta passeggeri salirono all'aeroporto di Milano per proseguire il volo verso Parigi prima e Chicago poi, unendosi agli altri diciannove che provenivano da Atene e da Roma Con gli uomini dell'equipaggio e le hostesses, le persone a bordo erano in totale sessantotto. In quel momento si scatenava sulla nona un violentissimo temporale, con saette basse e fragorosi colpi di tuono, ma ciò non impedì che l'aereo americano spiccasse regolarmente il volo alle 17,10 in punto. Poco prima, nelle identiche avverse condizioni, avevano decollato altri tre aerei e tutto si era svolto normalmente. Forse la fatalità volle che il « Superconstéllaliony incontrasse una zona-temporalesca più violenta e scariche di fulmini più intense, certo è che dieci minuti dopo, mentre ancora durava la manovra per prendere quota, l'apparecchio si schiantò come una fragile noce nel cielo di pece e fu la catastrofe. In linea d'aria, dal punto dove è caduto, l'aeroporto della Malpensa non dista più di quindici chilometri, l'apparecchio aveva percorso il poco spazio in tempo regolamentare ed era, ancora, come detto, in manovra per prendere quota. Aveva appena raggiunto circa mille metri d'altezza, quota non ancora sicura in caso di temporale. Se avesse potuto, come quelli che lo avevano preceduto, superare lo strato delle nubi e portarsi almeno a cinquemila metri, tutto si sarebbe svolto nel migliore dei modi. Ma cosi non è avvenuto e, forse, un fulmine lo ha incendiato mentre tendeva verso l'alto. Diciamo che fu forse un fulmine a provocare il disastro, perché la commissione d'inchiesta incomincerà soltanto domani la sua azione e per il momento bisogna attenersi alle impressioni di coloro che da terra hanno seguito nei suoi ultimi brevi istanti di vita l'apparecchio incendiato che precipitava come un masso incandescente verso le case di agiate Olona, un paese poco di stante da Legnano. Erano le 17,30 quando la si gnora Olga Adobati senti co me un sibilo lacerante. La signora abita nella cascina Agnesi, alla periferia di Ol giate, una vecchia masseria che ha intorno una specie di cimitero di ferrivecchi. Nello stesso istante, la sua nipotino Luciana Adobati di dieci an ni, che stava giocando con una palla sulla porta di casa, urlò atterrita: « Correte a ve-; dere l'aereo che brucia >. La zia e la mamma della piccina si affacciarono all'uscio mentre l'uragano scrosciava con violenza terrificante. Le due donne guardarono in alto seguendo il dito della piccina e videro sul cielo nero d'ardesia, tra lampi violenti, come una palla di fuoco che, lanciata nella sua traiettoria folle, si dirigeva verso di loro. Paralizzate dal terrore, le donne stettero a> guardare con occhi sbarrati, tutto durò forse pochi attimi, ma a loro sembrò un'eternità. La palla infuocata si schiantò con un terribile boato a dieci metri dalla loro casa, accanto a un ripostiglio su cui, durante l'estate, (a famiglia Adobati fa seccare le fascine. Nel suo tragico volo l'apparecchio avrebbe potuto seminare distruzione ancora più grande, sarebbe bastato che la sua traiettoria ai fosse allungata di pochi metri perché l'intero cascinale fosse distrutto td altri morti allungassero il tragico elenco. Dal punto in cui era caduto all'usoio dove stavano le donne corrono, forse, dieci metri. Può darsi che l'angoscia le abbia paralizzate, non diversamente dal loro vecchio padre immobilizzato dal male su una sedia nella cucina, ma esse giurano che non hanno sentito nulla, non un lamento levarsi dallo lamiere contorte e infuocate. Le sessantotto persone, forse, erano già morte ancor prima che l'apparecchio si abbattesse a terra. Immediatamente accorsero i carabinieri di Olgiate che, a loro volta, avevano assistito alla tragica evoluzione dell'aereo colpito. Le donne si ridestarono come da un incubo e urlando corsero verso il paese a invocare aiuto. Accorsero altre persone, ma nessuno osava accostarsi a quella convulsione di rottami. Del resto, sarebbe stato inutile, il silenzio era perfetto ora, sotto la pioggia che continuava a, scrosciare, un silenzio greve che provocava i singhiozzi delle donne e degli uomini anima, toliti dinanzi alla tragedia. Passò qualche tempo e dalla Malpensa, da Busto Arsizio, da Milano giunsero le prime squadre di soccorso. I vigili del fuoco aiutarono la pioggia battente a spegnere gli ultimi focolai, a cercare-i miseri resti tra quei brandelli dì lamiera. Cercarono nella fusoliera, o almeno, in quello che era rimasto della prima classe e non trovarono nulla di umano, solo indumenti, e, tragico residuo, qualche giocattolo, un'automobilina per bim: bi, una palla colorata, un tamburello: Da alcune valige sventrate uscirono abiti^femminili da sera, povere sete ridotte ormai a stracci bruciacchiati, inutile ricordo di una festa passata o soltanto intravveduta. Ma i corpi di coloro che erano chiusi nella tremenda bara di fuoco, dov'erano finiti t A centro metri dai rottami i soccorritori trovarono « primo segno, la testa di un bimbo staccata netta e, ad altri cento metri ancora, il corpo di un uomo, irriconoscibile. Ma tutti gli altri, dov'erano se dalle lamiere nessun segno veniva a indicare che qualcu no era nascosto t La risposta alla terribile domanda doveva essere data più tardi, quando le testimonianze sulla sciagura si fecero più precise. Il 'sindaco di Busto Arsizio, . il comm. Giovanni Rossini, fu il primo a dare indicazioni meno approssimative.. Si trovava nel suo stabile di filatura di Castellanza a due chilometri dal luogo della sciagura quando, per curiosità, si affacciò sulla porta per vedere il temporale che ih quell'istante si scatenava- con estrema violenza. D'improvviso il suo sguardo fu attratto da uno spettacolo terribile,nel cielo solcato dai lampi un aereo bruciava come una torcia. Uno ' schianto improvviso gli inchiodò lo sguardo-e vide nettamente l'ala sinistra dell'apparecchio staccarsi di colpo con i due motori,- precipitare in fiamme. Il bolide si abbatté su una linea dell'alta tensione, spaccò i'fili che lingueggiarono serpi di fuoco. Era uì}o spettacolo di tregenda, col cielo cupo che scari¬ cava saette, quei fili simili a serpenti di fuoco, e quell'altra parte dell'aereo che correva con. la sua tragica coda di fiamme. Il signor Pietro Colombo, operaio .alla Montecatini di Olgiate, afferma di avere veduto un fulmine colpire nettamente l'ala sinistra dell'apparecchio, che si è staccata con i due motori, ed è precipitata sulla linea di alta tensione. Dai serbatoi spaccati si levarono fiammate apocalittiche. Un altro aereo che in quel momento era sulla stessa rotta fece due voli attorno all'apparecchio in fiamme quasi a voler portargli soccorso, e si diresse infine verso l'aeroporto della Malpensa. E' probabile che la fusoliera si sia aperta mentre l'aereo era ancora in aria e che qualcuna, o tutte le persone che erano a bordo, sia precipitata nel vuoto. A questo potrà ri- spondere l'inchiesta che si inizierà domani, quando si cercheranno i poveri resti tra le lamiere contorte in un raggio di due chilometri. Mentre spegneva gli «Itimi residui dell'incendio, un vigile del fuoco trovò fra i rottami la fotografia di un ragazzo in tenuta sportiva con la dedica: «A mon pére, Jean. Pierre ». Null'altro, se non un silenzio greve, rotto solo dal fragore del tuono sempre più lontano e dal pianto delle donne, sempre pili sommesso. Un funzionario della T.WA.. giunto sul posto del disastro con alcuni uomini della stessa compagnia, ci ha dato i primi ragguagli sui passeggeri e sull'equipaggio. Quaranta erano saliti a Milano, altri provenivano da Atene e da Roma, i passeggeri italiani erano numerosi, forse una ventina. Di due sole persone seppero darci indicazioni esatte, una era la signora Maria Sacchetti Fermi, sorella del celebre studioso di fisica atomica, l'altra era Gianpietro Giordana, incaricato per l'Italia della rivista Selezione del Reader's Digest, figlio di Tullio Giordana, che fu direttore della Gazzetta del Popolo e deila. Tribuna. Per gli altri ci rimandarono a informazioni ufficiali, e il tragico elenco è riportato in altra parte del giornale. Intorno al luogo della sciagura' si era formato intanto un cordone .protettivo di soldati, ' carabinieri e agenti di polizia che sotto la pioggia battente restavano con gli occhi assorti a guardare i tragici, informi rottami. Il cielo s'era nuovamente incupito e il temporale imperversava con rinnovata violenza. Andavamo nel pantano a cercare un segno delle molte vite che s'erano spente sotto l'uragano di fuoco, ma vedemmo solo il terribile spettacolo di quel bimbo decapitato, dell'uomo informe già ricoperto da un telo a difenderlo dalla pioggia che tutto sommergeva. . Cercavamo di renderci' conto come avesse potuto un' fulmine distruggere il superbo, possente apparecchio, che tante volte aveva valicato indenne gli oceani e che certamente, sulle sue rotte aveva incontrato altri temporali e scariche di fulmine non meno pericolose di quelle che verosimilmente lo hanno annientato. Ma ai molti interrogativi non veniva data alcuna risposta esauriente, che non sarebbe poi servita a nulla, perché la morte aveva ormai compiuto interamente l'opera sua. Sui rottami ormai inerti la pioggia cadeva con insistenza greve e ottusa, i lampi dei fotografi diradavano le tenebre che andavano adde>sài:dosi' con la caligine temporalesca, rendevano ancora più tragiche le contorsioni immani,di quei poveri resti metallici sconvolti dall'urto contro , il suolo e dalle fiamme. Il'commendator Rossini, sindaco di Busto Arsizio, ripeteva ancora il suo allucinato racconio, dell'ala dell'apparecchio staccatasi in fiamme con i due motori e precipitata sulla tinea d'alta tensione in frazione Garottola, vicino a Castellanza;, le donne della cascina Agnesi ripetevano piangendo, come in una lamentazione, la scena orrenda cui avevano' assistito, il boato con cui l'aereo era esploso precipitando (il suolo a dieci metri da loro. , 1 Ora il buio era completo e le saette tracciavano ghirigori sempre più netti. sul cielo cupo. Qualcuno disse che, fi cardinale Montini sarebbe venuto a' pregare sul luogo del disastro. Il porporato giunse alle eo,45 e si avviò attraverso il pantano al luogo dove lo scheletro contorto dell'aereo giaceva sotto la pioggia, dietro la piccola rimessa. Si tolse il berretto cardinalizio, e rimase anch'egli, appena riparato da un ombrello inutile contro la violenza del vento, a recitare la preghiera dei morti. Un faro acceso' dai vi* gili del fuoco illuminò violentemente la scena del cardinale che pregava commosso e della piccola folla di soldati, uomini dal cipiglio duro1 per trattenere le lacrime, di donne che piangevano senza ritegno sulla sciagurata sorte di quel- ' le sessantotto persone morte violentemente lontano dalle ' loro case. Quando il faro si spense avemmo esatta la.misura della immensità della trageàia. Il silenzio, il buio, la pioggia che scrosciava violenta difendevano il mistero di quei morti per i quali vibravano ancora le preghiere appena sus- • surrate dell'arcivescovo di Milano. Più tardi, altri avrebbe- ■ ro pianto per loro, in questo momento c'era soltanto il singhiozzare lene delle donne di cascina Agnesi, un pianto accorato che sgorgava da un dolore sincero. « Quanti bambir ni c'erano su quell'aereo t * domandavano le donne stringendosi alle loro creature. Nessuno era in grado di rispondere, come nessuno poteva dire dove andassero, verso quali mète corressero tutti gli altri passeggeri, gli uomini dell'equipaggio, le giovani e sem- vre sorridenti hostesses ams- ■ ricane prima che il loro de- ■ stino si concludesse tragica- ■ mente in un orto, a ridosso di ■ un rustico ripostiglio di campagna, in uno sconosciuto angolo della campagna lombarda sconvolta dal nubifragio e dalla loro morte violenta. Francesco Rossa L'Arci vescovo di Milano è accorso fra l primi oul luogo della sciagura (Altre telefoto in 3» e 10» pagina)