I cento anni del petrolio di Piero Martinotti

I cento anni del petrolio Un mondo dove in breve si creano e si distruggono fortune I cento anni del petrolio Dal primo pozzo di Drake alle potenti compagnie - Nei prossimi dieci anni saranno investiti in nuove ricerche 84 mila miliardi di lire - Oltre mille prodotti estratti dall''« oro nero »; se ne ricaveranno forse anche cibi sintetici - I giacimenti d'Africa Cento anni fa a Titusville,' in Pennsylvania, E. L. Drake, con l'aiuto di una perforatrice a vapore, fra lo scetticismo e lo scherno degli abitanti, scavava il primo pozzo di petrolio. Per festeggiare l'alba del secondo secolo, le grandi compagnie internazionali, nelle scorse settimane, hanno allestito a Tulsa, nell'Oklahoma, una grande mostra dei più moderni impianti. Fasci di luci colorate illuminavano le gigantesche torri metalliche, le perforatrici ronzavano impazienti di sondare il grembo della terra a tre, quattromila metri. Una nuovissima turboscavatrice russa penetra con una rapidità cinque volte superiore alla media. In dieci giorni — riferisce la rivista Newsweek — sono stati conclusi affari per oltre 600 miliardi di lire. E' una cifra che non sorprende nel mondo del petrolio dove in breve volgere di tempo si creano e distruggono fortune favolose. Il flotto scuro che zampilla dal profondo misterioso significa la ricchezza, ma la ricerca sovente non è fortunata. Lo stesso Drake morì in povertà: quella sorte che gli aveva fatto scoprire l'oro nero a soli 20 metri dalla superficie, lo mandò poi in rovina nella vana perforazione di altri pozzi sterili. Al contrario, Harolson L. Hunt vinse al poker un permesso di ricerche, trovò il petrolio ed ora trascorre in pace la sua tarda vecchiaia con un capitale di miliardi. M. L. Benedum, re dei cercatori, è passato più volte dalla ricchezza alla povertà nei suoi 40 anni di « carriera > ed ancora sta tentando la sorte di nuovi sondaggi a Cuba, nel Guatemala ed in Africa. Per quanto perfezionato sìa oggi il sistema di ricerca, è sempre il caso che decide del successo. Malgrado l'esercito di geologi ed ingegneri minerari di cui dispongono le società per l'esame dei terreni e l'analisi degli strati che possono indicare la presenza del petrolio, ogni anno si butta al vento un mucchio di quattrini. Nel '58 solo le compagnie americane hanno speso 650 miliardi di lire nella inutile ricerca di giacimenti. Un grupgo, ad esempio, investì 22 miliardi in Egitto, litri stanziarono 40 miliardi per la Nuova Guinea: non fu trovata una sola goccia di petrolio. Ma il rischio fa parte del gioco e mai come ora le compagnie si sono lanciate alla scoperta di nuovi pozzi: basta la più vaga speranza per far accorrere tecnici e macchine. Si direbbe che temano di vedere da un giorno all'atro disseccate le sorgenti che coltivano. Né le arresta l'attuale eccesso di produzione che supera del 10 per cento la capienza delle petroliere in mare. Eugene Holman, presidente della Standard Oil Co. (New Jersey) calcola che nei prossimi 10 anni le compagnie del mondo libero spenderanno 84 mila miliai'di di lire per aumentare la loro capacità produttiva, pari al doppio dì quanto hanno investito nella decade trascorsa. Gli esperti pensano infatti che il consumo dell'Occidente, il quale oggi è di 16 milioni di barili al giorno — un barile è circa 159 litri — salirà nel 1967 a 29 mi lioni e mezzo di barili. (Un aviogetto pesante in un'ora di volo consuma il carburante che sarebbe sufficiente ad una auto per fare due volte il giro del mondo). L'ampiezza e l'ottimismo delle previsioni dimostrano quale potenza abbia raggiunto il petrolio in un secolo di vita. L'atomica, questa nuova fonte di energia che per ora solo sgomenta l'umanità ma che pare sia destinata a schiudere orizzonti infiniti allo sviluppo tecnico, non sembra turbare i sonni dei grossi azionisti del petrolio. Secondo scienziati co me Edward Teller, la forza nucleare non ha molte probabilità di sostituire l'attuale combustibile come energia fondamentale per l'industria ed i trasporti. Ma anche se l'atomica dovesse giungere ad applicazioni tali da rendere inutili i motori a benzina, non per questo il petrolio cesserebbe di essere un prodotto di primaria importanza. La sua struttura chimica si rivela infatti di una sorprendente rie chezza; già oggi se ne ricavano più di mille prodotti, dalla plastica alle fibre sintetiche, dulia gomma ai fertilizzanti, ai potenti insetticidi. Accanto alle raffinerie, vanno sorgendo industrie chimiche destinate ad avere sempre maggior sviluppo: non si escludono persino nuove ricette di cibi sin tetici. Se davvero un giorno non lontano, il petrolio oltreché procurarci gli abiti (dal nylon all'orlon) dovrà anche nutrir ci, una domanda si insinua inquietante nella mente del profano: sì troverà materia prima sufficirnte ancora per molto tempo? La risposta degli esperti ci rassicura: il mondo libero ha già individuato giacimenti bastévoli fino al 2000. L'Ufficio americano delle Miniere ha elaborato un piano per i prossimi due anni che prevede lo scoppio di un'atomica in profondità per liberarei giacimenti nel Colorado che dovrebbero aumentare di 30 volte le attuali riserve degli Stati Uniti. Un'altra bomba nucleare aprirebbe un varco a vene ricchissime, rintracciate nell'Alaska. Dieci compagnie stanno saggiando vaste superflci nella zona artica. L'Europa attinge l'80 per cento del suo fabbisogno ai pozzi del Medio Oriente e la crisi di Suez nel '56 ha dimostrato quanto precaria sia la sua sicurezza. Forse il Nord Africa libererà la nostra economia da questa pesante schiavitù. Gli esperti affermano che dal Sahara sgorgherà petrolio in misura maggiore che dai pozzi del Venezuela, uno dei paesi tra i più grandi produttori del mondo. In Libia, le ricerche iniziate nel '55 hanno superato le previsioni e tra non molto gli oleodotti giungeranno fino alla costa mediterranea. Non sono scoraggianti le prospettive per il mondo occidentale, chiamato dal blocco sovietico ad una gara economica che deciderà il futuro di tutti. Per molti anni sarà ancora il petrolio a muovere gli ingranaggi della produzione, quel liquido « sporco e maleodorante > che un consesso di severi dotti definì nel secolo scorso « di nessuna pratica utilità ». Piero Martinotti

Persone citate: Edward Teller, Eugene Holman, Hunt, L. Drake, M. L. Benedum