- Cavallotti - e l'Italia radicale

- Cavallotti - e l'Italia radicale - Cavallotti - e l'Italia radicale Gli storiografi dell'Italia postrisorpimcntalc hanno sistematicamente ignorato quel movimento di idee che, iniziatosi a Milano e diffusosi in modo disuguale e disordinato in tutta la Penisola, caratterizzò il trentennio che corre dal 1870 al 1900. Croce pur così informato e scrupoloso, ostentò di ignorarlo; e Cavallotti nella sua « Storia d'Italia » è nommato appena, senza peraltro alcuna allusione alla sua attività politica, così che l'opera sua c del partito radicale che ebbe in lui l'ispiratore e il massimo e più significativo esponente, non vi appare. Lacuna grave, comune del resto a gran parte delle opere di storia contemporanea, che sembrano essere piuttosto cronache di eventi parlamentari che non storia del popolo italiano, quasi che i governi, nei regimi democratici, non fossero l'espressione della volontà popolare, per cui essi sono quali i popoli vogliono e talvolta meritano, quando non sanno esprimere degnamente e virilmente la loro volontà. Ora l'attività politica di Felice Cavallotti durante il trentennio che si conclude con la sua tragica morte in un duello, quanto mai inutile e sciocco, il 6 marzo 1898, non può essere ignorata senza tradire la verità. Essa rappresenta la crisi che segue la conclusione del Risorgimento; Mazziniani e Garibaldini, ex Carbonari e volontari di tante battaglie, si trovarono di fronte ad un'Italia diversa da quella sperata e per cui avevano_ lottato. Nuovi fermenti venivano poi dalla Francia repubblicana; la « Comune s, terribile bagno'di sangue, aveva posto all'Europa problemi che presaghi scrittori rivoluzionari avevano da anni preconizzato; tutto ciò prepara e spiega quel movimento creato dagli epigoni della prima generazione del Risorgimento, quelli che avevano assistito o partecipato all'ultima fase, la meno gloriosa, ma pure decisiva; che si compie fra il i%6C e il 1870, movimento che si erge contro l'Italia gretta e conservatrice che sembra spaventata del suo trionfo, timorosa di dispiacere ai suoi implacabili nemici di ieri, e ancor più timorosa di quelle novità ultramontane che sembravano identificarsi nella congiura antimonarchica o nella rivoluzione sociale. Un gruppo di giovani fonda a Milano « Il Gazzettino Rosa ». Lo dirigono Achille Bizzoni, volontario con Garibaldi nel Trentino nel 1866 e sui V'osgi nel 1870 per la Francia, e Felice Cavallotti. « Un stornale nato senza fondi di sorta, per l'ispirazione di due giovani quasi sconosciuti nel campo letterario e politico ». Giornale di battaglia, di opposizione ed insieme di educazione. Sulle sue colonne apparivano i primi scritti dei maestri del socialismo, sia di quelli rivoluzionari annunziatori di imminenti palingenesi, sia di coloro che prospettavano i problemi dell'organizzazione operaia e di un immediato e necessario riformismo. Che le idee del giornale fossero nel complesso molto chiare, sarebbe difficile dire; certamente accomunava tutti i consensi che man mano gravitavano intorno ai due direttori, un desiderio inestinguibile di libertà, un'aspirazione ad una concreta democrazia che innanzi tutto doveva affermarsi nell'allargamento del suffragio con una più vasta partecipazione dd popolo al governo dello Stato e nella rigorosa moralizzazione della vita pubblica. Tutto ciò si chiamò radicalismo, e costituì il nucleo di quel partito radicale italiano che ebbe poi il suo atto di nascita in quel convegno delle forze democratiche italiane che ebbe nome « Patto di Roma » e che ne fissava nel maggio 1890 le tavole di fondazione. Le forze romantiche dell'opposizione, quelle ribelli vagamente rivoluzionarie divenivano così forze parlamentari, in quella « Estrema frustra :. che pur fra intemperanze ed errori, fra personalismi talvolta ingiusti, e divagazioni teoriche, doveva segnare la via e servire di pungolo inesorabile, per quelle prime riforme sociali alle quali dovettero rassegnarsi anche gli uomini più paurosi, i retrivi più tenaci. La lotta fu dura, i dissidi anche fra gli esponenti maggiori profondi. Felice Cavallotti non fu sempre sicuro sulla via da prendere; era premuto da una parte da amici antichi che volevano che l'opera del radicalismo tosse solo educativa e di opposizione, al di fuori di ogni partecipazione al Parlamento, quali il Bizzoni stesso; consigliato dagli .litri pruno tra tutti Garibaldi che fin dal 1873 gli scriveva « Consiglio t'Arena parlamentare ove sembrami possibile far progredire la causa santa.». Ma anche dopo il dubbio rimaneva sulla possibilità di partecipare al governo ove le circostanze vi avessero chiamato il suo partito; la morte precoce gli impedì di trovarsi di fronte a questo problema che i suoi se¬ guaci risolsero in senso positivo. Egli era rimasto al suo posto di combattimento; non accorgendosi forse che le forze dei lavoratori, per la elevazione delle quali tanta nobile eloquenza egli aveva speso, si orientavano altrimenti e il sorgere del partito socialista svuotava a poco a poco la funzione del suo partito, all'ala estrema dello schieramento politico italiano. Questo periodo della storia politica è illustrato, sia pure in modo incompleto c frammentario, dalla pubblicazione dei « Carteggi di Felice Cavallotti » recentemente apparsi; essi dimostrano quale fosse l'immenso prestigio dell'uomo ed insieme la nobiltà della missione che egli aveva affidato al partito che egli aveva creato. Questo scompariva di fatto con la prima guerra europea dopo avere tenacemente voluto l'intervento dell'Italia, per il raggiungimento dei suoi confini naturali, ricongiungendosi così alle sue origini risorgimentali, al di fuori di ogni considerazione utilitaria. Lo spirito cavalleresco di Felice Cavallotti era rimasto presente nel suo partito fino alla fine. Eucardio Momigliano alllllf II NlimMMIHIIMIIlIMNIMimiMIIIIIII

Persone citate: Achille Bizzoni, Bizzoni, Cavallotti, Felice Cavallotti, Momigliano