La d.c. prepara le trattative per formare il governo siciliano di Luigi Salvatorelli

La d.c. prepara le trattative per formare il governo siciliano I*x*lmi colloqui e riunioni degli esponenti nolitici La d.c. prepara le trattative per formare il governo siciliano Oggi un incontro di Moro con i segretari d.c. dell'isola ed una seduta della direzione del partito - Sceltiti si dichiara pronto a cercare un accordo con Milazzo - La seconda alternativa è l'alleanza con liberali, monarchici e missini - Un appello di Segni al nuovo Consiglio regionale perché collabori con il governo di Roma "nel quadro dell'unità dello Stato „ 4g»a ■■■ ■ Sicilia insegna Intorno a codeste elezioni regionali siciliane si era formata all'inizio una aspettazione quasi apocalittica, la quale in seguito ha fatto posto a una più tranquilla aspettativa, non priva tuttavia ancora di una certa trepidazione. Questi, stati d'animo nazionali possono spiegarsi con tre circostanze. Innanzitutto, la stranezza della « operazione Milazzo », che aveva scavalcato in un colpo solo i due frontismi contrapposti di sinistra e di destra, sacrificando l'orto dossia centrista (la quale ultima, peraltro, non aveva mai avuto gran fortuna in Sicilia). Era venuta, in con seguenza, la scissione della democrazia cristiana siciliana, con il distacco dei « cristiano-sociali » : primo inizio, si pensò da molti (auspicando o deprecando), di una divisione nazionale. Infine, approssimandosi le elezioni, il decreto del Santo Ufficio invocato, e immediatamente applicato, contro i cristiano-sociali milazziani. Incominciando, adesso, dal numero due, constatiamo che la democrazia cristiana ha sostenuto assai bene la prova. Essa ha ottenuto, rispetto alle ultime elezioni regionali (unico termine ve. ramente adeguato di con fronto), un notevole aumen to di voti: e questo è che conta, non la diminuzione dei posti, dovuta alla nuova legge elettorale. La sciasione, insomma, è fallita in Sicilia: assurdo pensare an cora a una sua estensione al Continente. E' stato dovuto, codesto successo < imocristiano, allo straordinario procedimento messo in atto contro i cri stiano-sociali dall'episcopato siciliano capitanato dal cardinaie Ruffini: personaggio ormai di primo piano della scena politica italiana? La risposta dovrebbe es sere, in complesso, negati va, pur non escludendosi assolutamente che il decreto episcopale abbia trattenuto, ai margini, modesti gruppi di voti democristiani dal seguir»3 Milazzo. Si consideri che Milazzo ha messo insieme il doppio o il triplo di voti rispetto alle previsioni degli osservatori disinteressati. Questi voti, quando non siano venuti da democratici cristiani, tanto meno saranno venuti da comunisti e socialisti: non fosse altro per il fatto che anche questi si sono ben mantenuti, aumentando ansi lievemente. Rimane dunque che quei voti siano stati di gente di centro o di destra, o politicamente indifferenziata, ma comunque per la massima parte di credenti e praticanti. Il fenomeno più vistoso e interessante delle elezioni siciliane odierne è per l'ap punto questo: centinaia di migliaia di buoni cattolici siciliani hanno votato tranquillamente per Milazzo, passando oltre alla controindicazione episcopale. Questo fatto riuscirà cer tamente sgradito ai sottoscrittori di quel decreto, e più ancora ai suoi promotori. Se, però, essi conserva no, o riacquistano, il sangue freddo, forse finiranno per concludere che c'è più di un aspetto buono nella faccenda: buono per la Chiesa non meno, e forse più, che per lo Stato. Insomma, quegli elettori milazziani cattolici hanno compiuto da sé, più o meno esplicitamente, quel ragionamento che io feci su queste colonne (« Dalla Regione alla Na zione », 20 maggio). Hanno, cjoè, messo in bilancia l'indicazione ecclesiastica, e quella del dovere civico quale era inteso (a ragione o a torto) dalla loro coscienza; e, senza mancar di rispetto alla prima, han dato la preferenza alla seconda. Ho detto che codesto procedimento è, al trar dei conti, utile alla Chiesa, e parlando più ampiamente, . alla religione. Sarebbe un tlssppmsidfficsscF triste giorno per l'una e per l'altra quello in cui il paese si sentisse suddito ecclesiastico in cose civili. La lotta politica rischierebbe di trapassare in guerra religiosa. Scendendo a un piano più modesto, di semplice buon senso (ma quanto è raro, il semplice buon senso!), dovrebbe suscitare utili riflessioni la constatata inefficàcia di certi interventi confessionali. A che prò rischiare turbamenti di coscienza e accrescimenti di avversione per riuscire a un effetto nullo, o addirittura contrario a quello cercato? Facciamo questa aggiunta perché siamo persuasi che una frazione almeno dei vo ti milazziani sia stata dovuta a reazione di indipenden-jza individuale e regione!» * * I Un insegnamento; dal- l'esito di codeste elezioni, dovrebbe anche andare in tit ^ff-SMdovrebbe anche andare in direzione opposta a quella sopraindicata: a coloro, cioè, i quali si ostinano a collocare la d.c. italiana sullo stesso piano di comunisti e missini, con una certa inconfessata tendenza a farla passare addirittura al disotto. Insomma, se mettiamo la democrazia cristiana al bando ideale della Repubblica democratica italiana, si può sapere chi resta in grado di governare e difendere questa povera Re pubblica, all'infuori di To gliatti e di Nenni? La di stinzione e contrapposizione di fronte alla d.c, legittima, utile, necessaria, non può essere trasformata in una almeno tendenziale scomunica. Vediamo adesso in Sicilia due fatti, di portata nazionale e non soltanto regionale. Posto che colà ci sia un residuo, o una ripresa, di spirito separatistico, ia democrazia cristiana, al lo stato delle cose, è il più I valido baluardo contro di titcoranumalrizi« vifoinrachlindomtesialzaunzitiadmtoSimsin esso. Riconosciuto che, nel- au l0 spezzettamento dei par-I titi, occorre pure qualche!M^s™-!titi, occorre pure qualche cospicua - formazione assicurante un minimo di continuità di governo, è la democrazia cristiana (sempre allo stato delle cose), l'unica rispondente a codesta funzione! Una sinistra democratica « laica » è un bisogno della vita politica italiana, non fosse altro (ma altro c'è) in confronto a residui di rancori antirisorgimentali, che ogni tanto fanno capo lino. Ma gli elementi che dovrebbero concorrere a formarla preferiscono combat tersi, o anzi svillaneggiarsi fra loro, guardando non al programma e all'efficienza di ciascuno di essi, ma unicamente alla sua posi zione riguardo ad altri partiti, o a formule astratte, o ad antipatie personali. Che meraviglia, se in lotte elettorali, come quest'ultima di Sicilia — che aveva pure importanza nazionale — essi finiscono per scendere, in numero di rappresentanti, au unita o ano zero: I Luigi Salvatorelli

Persone citate: Moro, Nenni, Ruffini, Segni