Assolto il giovane psichiatra che ordinò la tragica cura che uccise sei pazienti di Guido Guidi
Assolto il giovane psichiatra che ordinò la tragica cura che uccise sei pazienti Definitiva sentenza della Cassazione dopo cinque processi Assolto il giovane psichiatra che ordinò la tragica cura che uccise sei pazienti La sciagura avvenne al manicomio di Lecce - Lo specialista di malattie mentali aveva tentato la "narcoterapia,, su venti malati: sei non si svegliarono più - 1 giudici hanno stabilito che l'imputato aveva preso tutte le precauzioni richieste dal nuovo metodo (Nostro servizio particolare) Roma, 5 giugno. L'incubo del giovane specialista in psichiatria prof. Rodolfo Bclsanti è finito. Infatti la Cassazione, dopo ben cinque processi, ha confermato che egli non può essere ritenuto responsabile della morte di sci pazienti, da lui sottoposti a narcoterapia nell'ospedale psichiatrico interprovinciale salentino di Lecce, sei anni or sono. La lunga vicenda giudiziaria ebbe inizio nella primavera del 1952. L'amore per la sua difficile professione fu certamente il motivo per il quale il professor Bclsanti, allora assistente del Primario dell'ospedale psichiatrico di Lecce, è rimasto coinvolto in questa tragica e complessa storia. Nell'ospedale psichiatrico salentino di Lecce erano ricoverati dei malati di mente ritenuti incurabili, refrattari ad ogni sistema di cura. Il professor Belsanti progettò di sottoporre alcuni dei pazienti alla narcoterapia, metodo drastico, difficile e, soprattutto, rischioso. Il prof. Di Giacomo, allora primario di quel manicomio (oggi è primario di quel¬ lo di Roma) ammoni il suo gio iliiiiiiiiiiiiiiiliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiia vaile assistente sui pericoli che si potevano correre attuando un sistema di cura che, pur avendo dato risultati soddisfacenti in Francia, Germania e in Russia, nello stesso tempo aveva fatto registrare una preoccupante percentuale di mortalità. Il professor Belsanti, iniziò c V operazione narcoterapia ». Afise sotto controllo cento soggetti, cinquanta uomini e cinquanta donne, e ne scelse venti, divisi in numero pari tra maschi e femmine. Nel pomeriggio del 15 aprile. 195S iniziò la cura, sottgposa (■ malati a iniezioni di barbiturici per farli dormire venti ore su ventiquattro. L'esperimento non diede, però, quei risultati che il giovane psichiatra aveva tanto sperato. Nessuno dei venti pazienti si svegliò dopo le venti ore, e molti di essi mostrarono gravi sintomi di intossicazione. .Immediatamente il prof. Belsanti diede disposizione di usare gli antidoti. Ma l'effetto fu scarso. A mezzogiorno del 16 aprile, con la morte di uno dei pazienti, Antonio Barone, la situazione si fece drammatica. Due ore dopo spirò Francesco Brigante, il secondo paziente che non resistette alla forte dose di sonnifero. Nel giro di una settimana, nonostante gli sforzi disperati compiuti dal dott. Belsanti, morirono altri quattro ammalati: Cosima Camisa, Anna Ghezzi, Agostino D'Esposito e Grazia Longo. Gli altri quattordici furono strappati alla morte. ' La tragedia del manicomio salentino provocò un'inchiesta che si concluse con il rinvio a giudizio del nrof. Belsanti. Naturalmente * autorità giudiziaria volle avere un giudizio di esperti sulle responsabilità del prof. Bclsanti e la prima perizia — dei professori Guarino e Buscaroli di Bologna — fu favorevole al medico incriminato il quale, secondo i medici, < aveva adottato tutti quegli accorgimenti clinici in base ai quali gli ammalati selezionati erano in grado di sopportare la narcoterapia >. Nell'aprile del 195-i i giudici del tribunale di Lecce emisero una sentenza severa contro il prof. Rodolfo Bclsanti: lo condannarono a due anni di reclusione e al risarcimento dei danni. La Corte d'appello di Lecce, nel febbraio 1956, as¬ snPldmcadRicsmdGdcvtsvLtraPzrrizBsrcdsldtpp•iiiiiiiiiiiiiiiiiiliiiliiiiilillillililiiiuiiiiiiiiiiiiii solse l'imputato perché il fatto non costituiva reato. Ricorse il Procuratore Generale e il doloroso episodio del manicomio di Lecce fu portato per la prima volta davanti alla Corte di cassazione. Il ricorso venne accolto e il processo rinviato davanti alla Corte d'appello di Roma per un riesame; In Corte d'appello il P. G. e il patrono di parte civile, avvocato Giancarlo Angeloni sostennero la responsabilità del medico e la conseguente condanna. I difensori, avvocati Gaetano Foschini e Ferdinando Cipollone, sostennero invece che nessuna responsabilità doveva attribuirsi al loro cliente e i magistrati accolsero questa tesi assolvendo, come avevano fatto i loro colleghi di Lecce, il prof. Rodolfo Belsanti. Ma la drammatica avventura dello psichiatra non doveva ancora finire. Contro la sen tenza della Corte d'appello il P. G. ricorse ancora in Cassa zione. La Corte suprema ha respinto il ricorso del Procuratore Generale confermando in maniera definitiva l'assoluzione del professor Rodolfo Belsanti. Guido Guidi Bll d id
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