Togliatti dice a Palermo: "Monarchici e missini sono sane forze di destra in lotta per l'autonomia,, di Francesco Rosso
Togliatti dice a Palermo: "Monarchici e missini sono sane forze di destra in lotta per l'autonomia,, Soltanto a Roma i neo-fascisti sono, pei* il p.c.i., nemici da combattere Togliatti dice a Palermo: "Monarchici e missini sono sane forze di destra in lotta per l'autonomia,, Il dirigente comunista si dichiara pronto ad allearsi con gli altri partiti in un " fronte „ contro la d. c. - Anche i socialisti, con un'azione più sottile, appoggiano Milazzo - Obbiettivo comune è sconfiggere la democrazia cristiana (Dal nostro inviato speciale) Palermo, 1 giugno. Le vie del comunismo sono già molteplici, ma l'on. Togliatti parlando ieri a Palermo ne ha indicala una nuova, il frontismo qualunquista sici liano che si potrebbe anche definire milazzismo. Tutto il bagaglio di luoghi comuni sul-l'autonomia minacciata, sul ■vampirismo degli industriali Sffiffi uiiazeo squaderna nei suoi comizi, è stato integralmente ripreso dall'on. Togliatti, il aualB ha dichiarato che i cornunisti sono pronti a rìformure ti fronte antt-democri- iS.,,-a7I0 con socialisti, milazzianf, monarchici e neofascisti, definendo questi ultimi sane >0,'*e distra decìse a sai- vare l'autonomia. La preoccupazione dei comunisti è dì uscire dall'isolamento politico in cui si trovano e le elezioni siciliane sono l'occasione migliore: se la perdessero significherebbe ritornare all'isolamento per altri quattro anni. Nell'ottobre scorso essi riuscirono a rompere insperatamente il fronte anticomunista e allontanare la d.c. dal governo regionale con la « operazione Milazzo » e per raggiungere lo scopo sollecitarono la collabo o , razione di monarchici e neofascisti. Poiché l'esperimento è riuscito allora, lo ritentano oggi su scala più vasta con l'intenzione di trasferirlo poi dal campo regionale a quello nazionale. Lo spregiudicato realismo e , li con cui i comunisti cercano di -ì conquistare il potere è ormai l conosciuto, tuttavia la loro ■condotta politica, coerente nel fine che persegue, appare sovente nebulosa sul piano tattico e crea non poca confusione tra gli elettori. Poiché ha successo con Milazzo, il qualunquismo siciliano è stato da loro accettato come programma elettorale in Sicilia e l'on. Togliatti lo ha codificato ieri sorvolando con molta agilità sui principi marxistici e sul programmatico antifascismo con una lusingatrice serenata a monarchici e missini. Lo strattagemma tattico può avere successo, ma si rivela non privo di inconvenienti. Lo si avverte soprattutto in provincia, dove gli elettori sono meno provveduti e più esposti alle impennate emotive. Nell'Agrigentino, ad esempio, la propaganda che i comunisti hanno fatto per sostenere i cristiano-sociali è stata così intensa ed efficace che i loro stessi aderenti si sono convin¬ i ffi i e l - , e - ì o i . e o e o ti che votare per Milazzo o per i comunisti è la stessa cosa. Fatte le somme potrebbe risultare anche così, ma ai co- munisti premè di conquistare \il maggior numero possibile di seggi all'assemblea per imporsi numericamente ai loro indocili alleati occasionali e quando hanno constatato che il milazzismo dilagava anche nelle loro file, sono stati costretti a mettere in azione un macchinoso sistema di persuasione inviando presso ogni famiglia comunista, che essi controllano perfettamente, uno speciale messaggero a spiegare come qualmente essi debbano tracciare la croce sulla falce e martello e non su -dtri simboli, sia pure di amici. Il fenomeno non si limita ad Agrigento, è comune alle province di Enna e Ragusa dove i comunisti hanno presentato due liste separate, camuffandone una con presunte tendenze repubblicane. Questo ridimensionamento del milazzismo da parte comunista mette in difficoltà i cristiano-sociali nelle pr">'ince dove hanno minori possibilità di affermazione. Essi devono fronteggiare anchv la polemica socialista che non il certo tenera coi milazziani. Agrigento è la provincia siciliana che ha dato il 95 per cento dei voti alla corrente autonomista di Netini e gli esponenti della federazione dichiarano apertamente che non hanno alcuna intenzione di ritornare al governo con Milazzo, monarchici e neo-fascisti. Soprattutto nei confronti personali del « leader » cristiano-sociale, i socialisti sono <n posizione critica. < La rivolta di Milazzo, mi diceva tiri giovane dirigente, non ha provocato la vera frattura demontica nella d. e, c una rivolta di notabili conservatori. Possiamo collaborare con Milazzo soltanto se egli chiarirà in forma accettabile il suo confuso programma politico e sociale, mai però con monarchici e neo-fascisti ». Gli stessi principi ha enunciato più autorevolmente l'on. Nenni nel suo comizio di Sciacca, ma sono propositi che potrebbero cadere la mattina dell'S giugno, quando si conosce- ranno i risultati delle elezioni e si inizieranno le trattative per formare la Giunta di governo, un'impresa per nulla facile. Quasi certamente la d. c. risulterà ancora il parti- to più forte dell'isola, ma non potrà formare da sola la Giunta. Alcuni prevedono che all'ultimo minuto potrebbe scaturire un accordo con Milazzo, la polemica di roventi contumelie che cristiano-sociali e democristiani si scambiano sulle piazze potrebbe placarsi al momento opportuno con una ben dosata distribuzione degli assessorati. Per chi conosce la vita politica siciliana, questa probabilità appare meno remota di quanto si pensi, e consentirebbe la formazione di una Giunta abbastanza omogenea e non eccessivamente spostata a destra. Contro questa eventualità i comunisti già cercano i contatti con le destre largheggiando in promesse e lusinghe, piir di impedire un loro accordo coi democristiani sarebbero disposti ad affidare gli assessryati chiave a missini e monarchici. I socialisti, invece, hanno altri scopi, puntano sullo slittamento a destra della d. c. per provocare nel partito di maggioranza una seconda e più vasta frattura dopo le elezioni, una nuova fuga di deputati democristiani nelle file | dei cristiaìio-sociali, cosa che consentirebbe la formazione di un governo cattoVco-marxista che essi vorrebbero ripetere più tardi a Roma. L'azione dei comunisti è più spregiudicata e scoperta; quella dei socialisti più subdola e pericolosa La d.c. conduce in Sicilia una battaglia decisiva, non soltanto per mantenere le posizioni col numero degli elettori, ma per provare la sua saldezza intema di partito. Contro di lei sono schierati tutti, dai comunisti ai neofascisti, vassando attraverso socialisti, cristiano-sociali, liberali, monarchici e repubblicani. Come ho già detto, quasi certamente dalle urne uscirà un responso abbastanza favorevole alla d.c, ma il difficile avverrà dopo le elezioni, quando le correnti interne ed i personalismi riaffioreranno con tutta la loro veemenza. Gli aspetti drammatici degli antagonismi che travagliano il par¬ tito di maggioranza appaiono evidenti nelle province, do ve i candidati della stessa lista scoprono più facilmente le loro ambizioni e difficilmente riescono a nascondere la loro tattica elettorale. La lotta per i voti preferenziali assume ad Agrigento toni aspri, tre o quattromila voti in più di quelli ottenuti dal diretto concorrente incluso nella stessa lista possono significare la candidatura a presidente del la Regione. La d.c non ha mai affrontato elezioni nelle condizioni in cui affronta quelle siciliane Non soltanto si presenta per la prima volta come partito di opoosizione, ma è il bersaglio su cui sparano direttamente e senza riguardi tutti gli altri partiti che denunciano le man chevolezze e gli errori commessi nei precedenti dodici anni di governo trascurando con disinvoltura quanto essa ha realizzato, che non è cosa da poco. Non si può escludere, tuttavia, che proprio per es sere contro tutti e costretta a combattere su tanti fronti, la d.c possa trarre vantaggi im mediati, com'è già accaduto nelle elezioni politiche dell'anno scorso, ma ciò che inquieta gli uomini più responsabili del'a d.c non è soltanto il risultato elettorale, e il pericolo di nuove fratture dopo le elezioni per l'esplosione dei personalismi che nemmeno la battaglia in corso riesce a placare, minaccia seriamente la saldezza del partito in Sicilia. Francesco Rosso
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