Venti a 500 chilometri orari possono fermare gli aerei in cielo

Venti a 500 chilometri orari possono fermare gli aerei in cielo Le acorrenti a getto» ai di sopra dei 10 mila metri Venti a 500 chilometri orari possono fermare gli aerei in cielo La prima documentazione diretta risale al 1944 quando una « fortezza volante» B 29 si arrestò in piena corsa sul Pacifico: aveva incontrato un «getto» in senso opposto - Prossimo un congresso internazionale a Torino In un giorno ormai lontano del 1914 una fortezza volante B29 dell'aviazione americana, in missione di bombardamento, volava sul Pacifico diretta verso una base giapponese. Il tempo era eccellente, e tutto lasciava prevedere che la missione si sarebbe svolta con la massima regolarità, quando, a un certo punto, il pilota si accorse che qualcosa non andava: nonostante i motori girassero a pieno regime, l'apparecchio procedeva a fatica, lentamente, sempre più lentamente. Finché esso si fermò nell'aria. Impressionato dallo strano fenomeno, l'equipaggio tentò in ogni modo di svincolarsi da quella specie di mano invisibile che teneva inchiodata la macchina nel cielo. Ma fu inutile: un gruppo di verdi ìsolette incastonate nell'azzurro cupo del mare testimoniava, con la sua posizione immutabile, che il B29 non procedeva più. Incapace di liberarsi, l'apparecchio scaricò le bombe in mare e riprese la via del ritorno. Fu questa la prima volta, forse, che gli aviatori americani fecero conoscenza diretta con una < corrente a getto » (jet stream). In seguito gli esempi si moltiplicarono, e talora in condizioni particolarmente critiche quando, di fronte al nemico, gli apparecchi immobilizzati presentavano un bersaglio fisso all'artiglieria contraerea. Dal canto loro, i giapponesi si erano già resi conto dì quei fortissimi venti in quota che in seguito furono battezzati col tipico nome su menzionato (talora abbreviato semplicemente in < getto >). Tentarono anzi di sfruttarli per scopi bellici, se pure in maniera che ci sembra piuttosto ingenua. Per molti mesi infatti, nel 1944 e nel 1945, essi continuarono ad affidare alle correnti a getto dei palloni a quota costante, muniti cioè di un congegno che li manteneva per lungo tempo alla medesima altezza, circa 10.000 metri. Questi palloni avrebbero dovuto superare la bella distanza di 8000 chilometri che separa il Giappone dagli Stati Uniti, e, giunti sul con' tinente americano,, avrebbero dovuto scaricarvi bombe esplosive e incendiarle. O • .4^ ' 'i; Pensiamo che i giapponesi puntassero soprattutto sull'effetto psicologico, perché a chiunque sarebbe saltato agli occhi che, dal punto di vista militare, simili attacchi dall'aria valevano molto poco. E infatti, su quasi diecimila palloni, meno di mille raggiunsero le coste o l'interno degli Stati Uniti, dove provocarono danni del tutto insignificanti. L'unico risultato ottenuto, con una spesa che si avvicinò al cento milioni di dollari, fu, a nostro parere, esclusivamente scientifico, perché, seguendo con apparecchi di controllo la traiettoria dei palloni, si conseguirono risultati meteorologici assai interessanti. Ma è tempo di dire qualcosa di più preciso su queste famose correnti a getto. Fin dal principio del secolo parecchi meteorologi, fondandosi su considerazioni teòriche o sull'osservazione diretta dei palloni o delle nubi, avevano manifestato l'opinione che a grandi altezze dovessero esistere correnti persistenti di forza straordinaria. In particolare ci piace ricordare un valoroso meteorologo italiano, il De Pasquale, che in un suo studio del 1923 segnalò sul Mediterraneo, fra i 6 e i 15 mila metri, dei venti quasi perenni di enorme velocità. Al suo acume non sfuggi l'importanza di questo fenomeno, sia per la previsione del tempo, sia per la navigazione aerea, tanto che comunicò la sua acoperta alla Società ' Italiana per 11 Progresso delle Scienze. Ma i tempi non erano ancora maturi, e lo studio sistematico del fenomeno doveva essere intrapreso, con la necessaria larghezza di mezzi, soltanto una ventina di anni dopo, specialmente in conseguenza delle ' esperienze aviatorie della seconda guerra mondiale. La vera e propria scoperta del getto, fatta per via matematica dal Rossby, risale al 1947. Subito dopo gli sviluppi ulteriori furono affidati a undici famosi meteorologi della Università di Chicago, che pubblicarono in proposito un'approfondita relazione (nella quale compare per la prima volta il nome di jet stream). Da allora gli studi e le osservazioni si sono straordinariamente moltiplicati in tutto il mondo, sicché oggi molti fatti si possono considerare come, accertati. Una corrente a getto è un vero e proprio fiume di aria, assai ristretto, concentrato lungo un asse quasi orizzontale verso i 10-12 chilometri di altezza o ancora più su. Di solito ha una lunghezza di alcune migliaia di chilometri, una larghezza di qualche centinaio e uno spessore di qualche chilo metro. Lungo la sua vena centrale la velocità del vento è altissima, e può superare i 500 chilometri all'ora (tipico è il caso di un vento di oltre 6001 chilometri all'ora incontrato da un Comet su Tokio). Allontanandosi dalla vena centrale la rapida diminuzione di velocità si accompagna spesso a forte turbolenza. Sul principio si ritenne che vi fossero sul globo due sole correnti a getto, irregolarmente circolanti a media latitudine intorno all'emisfero boreale e all'australe rispettivamente. Oggi, in seguito ai numerosi studi a cui abbiamo accennato, si è visto che il fenomeno è assai più complicato: in media i getti sono otto, e precisamente, per ciascun emisfero: uno che spira da est verso I 15.000 metri presso l'equatore; uno da ovest, più sviluppato d'inverno, verso i 13.000 metri sulla zona tropicale; uno generalmente da ovest, sui 10.000 metri alle latitudini temperate (questo però ha un comportamento estremamente capriccioso); infine uno sulla calotta polare, all'altezza di 30 chilometri e più, occidentale d'inverno, orientale e piuttosto moderato d'estate. Fra tutti, il getto più interessante è studiato è quello delle medie latitudini, cioè il più incostante e irregolare. Esso appare collegato con la superficie lungo cui si affrontano, intorno a un emisfero, le masse di aria provenienti dalle alte latitudini e quelle spiranti dal ' '•opicl, e lungo cui si produce la maggior parte delle perturbazioni cicloniche. Le sue frequenti ondulazioni, le sue biforcazioni, i suoi spostamenti (generalmente da nord verso sud), le sue interruzioni forniscono ai meteorologi elementi importantissimi per le loro analisi. Tuttavia il fenomeno presenta ancora dei lati mi steriosi, a cominciare dalla sua causa, sulla quale gli scienziati sono tutt'altro che d'accordo. La spiegazione più semplice del gettò (se non proprio la più probabile) starebbe nella con vergenza in grande scala di masse atmosferiche a temperatura diversa, verlficantesi ad alcuni chilometri di altezza sulla'zona temperata. In ogni caso, a prescindere dall'altissimo interesse scientifico, queste correnti presentano notevole importanza.anche per là';'nbvigaziòne aerea. Se un aeroplano ha la fortuna di entrare in un getto favorevole, la sua velocità aumenta enormemente, con conseguente risparmio di tempo e di carburante Così per esempio il 1" aprile 1954 un caccia americano potè, seguendo 1 consigli del me teorologo, attraversare gli Stati Uniti da ovest a est nel tempo record di 3 ore e 45 minuti: il vento del getto aveva aggiunto più di 300 chilometri all'ora alla sua velocità. Per queste ragioni, e specialmente nel grandi voli intercontinentali, 1 piloti si dedicano a una vera e propria « caccia al getto », seguendo utilissime regole empiriche, in gran parte fondate sull'andamento della temperatura dell'aria. Naturai mente è altrettanto importante saper evitare i getti contrari, e conoscer bene il modo di sottrarsi rapidamente alla turbolenza, spesso assai forte e non segnalata da alcun fenomeno ottico, intorno alla vena centrale (turbolenza in aria limpida). La corrente a getto è così divenuta un fenomeno di grande •ìiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii rilievo, e dal punto di vista teo- rico e da quello pratico. Essa, fra l'altro, sarà uno degli argomenti principali di un congresso di studiosi che si terrà prossimamente presso il Politecnico di Torino. Raoul Bilancini dell'Università di Roma

Persone citate: De Pasquale

Luoghi citati: Chicago, Giappone, Roma, Stati Uniti, Tokio, Torino