Un indù sia cinque ore senza respirare chiuso in una bara di vetro davanti ai medici

Un indù sia cinque ore senza respirare chiuso in una bara di vetro davanti ai medici La scienza di fronte agli enigmi della tecnica " yoga „ Un indù sia cinque ore senza respirare chiuso in una bara di vetro davanti ai medici Quando gli strumenti di misura rivelarono che l'ossigeno era completamente esaurito, l'uomo disse: "Andiamo avanti,, e rimase immobile per trecento minuti - Poi si fece aprire dicendo che avrebbe potuto continuare benissimo Notizie recentissime di fonte indiana permettono di pensare che le moderne scienze mediche, fisiologiche e psicologiche diranno fra non molto un'importante parola in merito a certi aspetti dello «yoga>. Lo yoga è un millenario sistema di addestramento psicofisico e spirituale, che mira al perfezionamento dell'uomo a tutti i livelli, e la cui pratica produce effetti in parte assolutamente indubitabili, in par te pretesi ma non bene dimostrati, e in parte infine tali da sfuggire oggi e sempre a un qualsiasi tipo di « dimostrazio ne > nel senso scientifico occidentale. E' chiaro che'la scien za come noi l'intendiamo può prendere in considerazione il primo gruppo di effetti, per approfondirne i meccanismi; e il secondo, per appurare quan to c'è di vero e quanto di fan tasioso in certi presunti < po teri» che lo yoga potrebbe dare ai suoi cultori. Circa gli aspetti metafisici della dottri na, si sa bene che non si può studiare e sperimentare come « fenomeno > ciò che per defi nizione è immateriale e ultrasensibile: sarebbe come volere il miracolo in laboratorio, o il trascendente in provetta! I medici indiani che da po co hanno sferrato il primo «attacco » a taluni aspetti sorprendenti della psicofisiologia yoga fanno capo slIVAU India Institute of Medicai Sciences, ente assai rispettabile e autorevole di Delhi. Il loro soggetto, per ora, è il trentaquattrenne " yogi " Ramananda: un uomo di bell'aspetto, e che non vi farebbe alcuna particolare impressione se lo incontraste all'angolo della strada, se non per il suo semplicissimo abito bianco. Lo yogi Ramaoianda ha gentilmente consentito a dimostrare alcune possibilità di controllo su apparati e funzioni vitali, nelle più. rigorose condizioni che gli scienziati avessero voluto imporgli. Informazioni dirette ci permettono di dire che le prime esperienze hanno avuto ottimo esito. Tradizionalmente, yogi e santoni indiani hanno sostenuto — a non pochi hanno voluto confermarlo — di poter sopravvivere a lungo in condizioni nelle quali un individuo normale sarebbe morto rapidamente: per esempio, mancanza di ossigeno. Più volte, in passato, qualcuno di loro si è fatto seppellire per parecchie ore o per giorni, emergendo infine senza grave danno. Certi espedienti non precisamente ascetici — o addirittura trucàhi — per poter superare con successo situazioni del genere, son ben noti agli illusionisti occidentali, e non si può. pertanto affatto escludere che in passato, anche qualche indiano se ne sia valso, facendo passare per « morte apparente autoprovocata ■> ciò che in realtà non lo era. Fisiologicamente, ad esempio, sopravvivere un paio d'ore in uno spazio chiuso di oltre un metro cubo (come taluni « maghi» anche nostrani hanno fatto) non presenta proprio nulla di extra normale: basta che l'individuo rimanga immobile e respiri a ritmo rallentato. Gli illusionisti che praticano questo tipo di « esperimenti > in teatro adoperano di solito semplici filtri di cotone, applicati sulla bocca e nelle narici, allo scopo di purificare alquanto l'aria viziata che debbono via via inalare. Alcuni, ancora più prudenti e provveduti, portano di nascosto nella provvisoria bara una bomboletta di ossigeno compresso... Rimane poi sempre da vedere se le casse o bare in cui costoro si pongono sono realmente a tenuta d'aria... E' quasi superfluo osservare che, in condizioni di laboratorio, si può agevolmente escludere che il soggetto « si arrangi > in simili, o in altri consimili modi. Gli scienziati dell'AZ^ India Institute of Medicai Sciences hanno preparato per lo yogi Ramananda una bella scatola tutta di vetro, a perfetta tenuta d'aria, e provvista di ogni sorta di strumenti atti a rivelare, su ap1 positi quadranti o con l'accensione di lampadine, il consumo di ossigeno, le onde cerebrali, il ritmo cardiaco, quello respiratorio ecc. del soggetto. Questi, in semplice slip, fu chiuso nella scatola alle y di mattina, mentre parte degli sperimentatori avevano l'occhio fisso su di lui, e parte prendevano nota di ciò che gli strumenti via via rivelavano. Dopo tre ore, la lampadina rossa corrispondente all'apparato misuratore dell'ossigeno si spense: segno che il contenuto di ossigeno nella scatola era sceso al disotto del minimo richiesto per la vita. I medici, alquanto allarmati, consultarono Ramananda con lo sguardo: ma questi fece loro cenno di andare avanti. Alla 4 del pomeriggio, chiese di uscire. Dissigillata la cassa, lo yogi appai ve in perfette condizioni di salute. Dichiarò ai medici che avrebbe potuto continuare nella prova ancora per molto tempo, ma che cominciavano a dargli fastidio i vari strumenti che gì1. es:ano stati applicati alia fronto, ai polsi e alle caviglie: e mostrò, con un timido sorriso, le relative lividure... Questo yogi è dunque so¬ pcotnedto«dcc pravvissuto, in condizioni di controllo che tutto fa ritenere ottime, per « cinque ore > oltre i limiti di ciò che sarebbe normalmente consentito a un essere umano. Coloro che tendono a prendere per buono tutto quel che è stato scritto o si scrive sui meravigliosi « poteri » di yogi e iniziati d'Oriente troveranno forse che queste sono bazzecole, in confronto agli exploits di individui dei quali si è riferito che erano rimasti sottoterra più d'un mese, o che avevano il dono dell'ubiquità, o della levitazione... A nostro avviso invece, vale più un esperimento come quello descritto — limitato ma apparentemente impeccabile — che non cento « racconti straordinari > di seconda o terza mano, insuffi cientemente autenticati o non verificabili. Vorremmo anzi aggiungere che prima di accettare come fermo ed indiscutibile il risultato dell'esperienza citata, attenderemo che essa sia stata ripetuta, e che la' documentazione relativa sia apparsa . su qualche rivista scientifica responsabile. Lo yogi Ramananda non è nuovo — ci s'informa — a tali prove sperimentali. Al Medicai College di Vizakhapatnam (Andhra), le sue possi¬ bilità di rallentare e smorzare a volontà i battiti del cuore furono non solo sottoposte ad indagine, ma documentate mediante un registratore. Persone che hanno ascoltato ,la registrazione non hanno potuto nascondere l'impressione ricavata nel sentire i battiti diventare sempre più fievoli, fino al completo silenzio (il che non significa, beninteso, che il cuore di Ramananda si gssnsesia fermato, ma che il suo bat- tìto è diventato oggettivamente inaudibile). Questa esperienza, d'altronde, ha vari precedenti, perché indubbiamente assai meno difficile da intra- jprendere che non quella della « messa in scatola » Nel 1926, ad esempio, lo yogi Deshbandu fece constatare, ai soci della Bombay Medicai Union, di poter rallentare o accelerare a volontà il proprio ritmo cardiaco. Tra coloro che sperimentarono con Deshbandu, e che si resero garanti della prova, c'era anche il noto medico e fisiologo indiano Vasant G. Relè, autore di numerose opere scientifiche. Da Relè ne avemmo noi stessi, a Bombay, conferma diretta. UAU India Institute of Medicai Sciences sembra deciso a continuare ancora per un pezzo le proprie indagini sullo yoga, e non c'è che da ralle- grarsene. In passato, qualche sporadico studioso occidentale (la dottoressa francese Thérèse Brosse, il medico americano Frederick Spiegelberg) persuasero questo o quel cultore di yoga a sottoporsi i esanii elettrocardiografici, elettroencefalografici e altri, ed anche a tcsts psicologici come il Ror. schach o il T.a.t. I risultati furono indubbiamente impor tanti> e confermarono, fra. l'ai tro, che i soggetti dimostravano un equilibrio psico-fisiologico, e una situazione d'armonia interiore, quali ben difficilmen te .si trovano nel nostro con vulso Occidente. Tuttavia è chiaro che per raggiungere ri sultati sistematici e scientificamente utilizzabili, occorre che simili investigazioni siano perseguite per anni, su molti soggetti, e avendo di mira una gamma piuttosto ampia di prò blèmi. E' dunque non soltanto giustificato, ma desiderabile, che di tali studi si occupino « sul posto », e per tutto 11 tempo necessario, ricercatori indiani. Noi scienziati d'Occidente restiamo in attesa fiduciosa, nella speranza che su certi nostri quesiti relativi all'i enigma umano > ci venga ancora una volta, dall'Est, un poco di luce... Emilio Servadio

Persone citate: Brosse, Emilio Servadio, Frederick Spiegelberg

Luoghi citati: India