Il calzolaio che uccise moglie e garzone condannato a risarcire dieci milioni

Il calzolaio che uccise moglie e garzone condannato a risarcire dieci milioni Processo civile a Emilio Olmo mentre i9imputato sta scontando Vergastolo Il calzolaio che uccise moglie e garzone condannato a risarcire dieci milioni La causa è stata intentata dalla vedova del garzone, per sposare la quale l'artigiano di Alessandria commise il duplice delitto - Il penoso dramma della donna causa involontaria della tragedia (Nostro servizio particolare) Alessandria, 19 maggio, (f.) La sentenza della Corte d'Assise di Alessandria che il 13 luglio '54 inflisse al calzolaio Emilio Olmo l'ergastolo per aver ucciso, il S febbraio dello stesso anno, la moglie Costantina Masuello e il garzone Francesco Dametto col proposito di sposare la vedova di costui, lo condannò anche al risarcimento del danno alle parti lese. I parenti di Costantina Masuello rinunziarono a valersi di tale diritto'. Un giudizio civile fu invece promosso dalla signora Matilde Calomino vedova Dametto, in proprio e a nome dei suoi tre figli Luigi, Laura e Maria Orazia, che oggi contano rispettivamente quattordici, dieci e cinque anni (Maria Grazia è nata nel settembre di quell'anno, sette mesi dopo la morte, del padre). Il Tribunale civile di Alessandria (pres. dott. Cannata; giudice relatore dottor Zeoli, che fu già relatore al processo d'Assise), tenuto conto che Francesco Dametto guadagnava sto mila lire l'anno e ohe iiitii riMiiiiriiiiitiKMiiiiiiiiiiitiii iiiiiiiii la sua età al momento della morte era di 34 anni e sei mesi, detratte le spese del mantenimento per la presumibile durata della suo. vita, ha calcolato che il danno subito dalla vedova e dai figli a causa della sua perdita sia pari a un capitale di 1.143.000 lire. Questa è la somma che Emilio Olmo è stato condannato a pagare, e che, con le 138 mila lire per spese di giudizio, e con gl'interessi legali del 1% dal 2 febbraio '54, supera largamente i dieci milioni. Gli effetti pratici della condanna non possono naturalmente oltrepassare le reali <ìisponìbilità finanziarie del soccombente. Emilio Olmo non possiede che una modesta casa a Belvegllo d'Asti e un pezzo di terreno, il tutto valutato a circa un milione. Per effetto della condanna all'ergastolo egli è legalmente interdetto e il tribunale ha iominato suo tutore lo zio Cristoforo Olmo, che però non è comparso in giudizio. L'avv. Quarra-Sito, legale della vedova Dametto, ohe all'inizio del procedimento aveva già prov- iitiiiiiiiiiitiMiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiin veduto a fare ipotecare la casa e il terreno di Emilio Olmo, ne' chiederà ora la vendita giudiziaria. < E' denaro dei miei figli, — dice Matilde Dametto. — Quel poco che si potrà ricavare contribuirà alla loro sistemazione quando saranno maggiorenni. Ora essi sono in collegio, e oi resteranno finchiì potrò provvedere a loro, col mio lavoro, se mi sarà possibile lavorare ». Due sono gli ostacoli che si oppongono al desiderio e al Msogno di lavoro di Matilde Dametto. Un'artrosi contratta l'inverno scorso, ma soprattutto i pregiudizi di tanta gente. *La tragedia nella qu^le inconsapevolmente sono stata coinvolta mi ha sconquassata. In questi cinque anni ho patito sofferenze d'ogni genere. Non chiedevo di rifarmi una vita, chiedevo soltanto di esser considerata una sventurata che aveva bisogno di lavorare e di esser dimenticata. Ma nessuno volle darmi lavoro; qualcuno che osò farlo fini col togliermelo per timore dei pettegolezzi. Tutti mi guardavano in faccia, per strada, e pareva ohe volessero dirmi chi sa quali cose cattive ». Per sottrarsi a quegli sguardi poco benevoli Matilde Dametto fu costretta a cambiare città. « Mi rifugiai a Genova, come inseguita da una perseouztone. Trovai lavoro come cameriera presso un'ottima famiglia. Ma le poche volte che uscivo mi pareva che ogni persona incontrata guardandomi riconoscesse in me colei che con un termine sciocco e cattivo era stata definita donna fatale Io sono una povera donna a cui la sorte ha imposto tremende torture fin da quando, maltrattata da un marito privo di comprensione, credette nella bontà d'un uomo che doveva poi scatenare un cataclisma. E il cataclisma scoppiò quando io, già pentita, volli troncare una relazione impossibile- Sarei stata una buona moglie se avessi incontrato un marito tenero e affettuoso, e sono disperata per non aver ottenuto questo dalla vita ». Matilde Dametto ha dovuto lasoiare il lavoro a Genova perché si .è ammalata di artrosi, ed é tornata ad Alessandria in casa della madre, « Vorrei che nessuno si occupasse piti di me — ella dice. — Vorrei guarire presto, trovar lavoro ricostituire la casa con i miei figli, esser dimenticata »

Luoghi citati: Alessandria, Genova