Dalla Regione alla Nazione di Luigi Salvatorelli

Dalla Regione alla Nazione Fin adesso si poteva rilevare il fenomeno, apparentemente paradossale, che elezioni amministrative in ima quantità considerevole di comuni, o in taluni comuni maggiori, suscitassero al di fuori dell'ambito locale interesse maggiore di quelle regionali. Il fatto si spiegava appunto con la maggiore entità e fisionomia autonoma degli interessi locali in gioco nell'ultimo caso rispetto ai due primi. Invece le elezioni di domenica passata in Val d'Aosta, e quelle prossime in Sicilia, hanno richiamato su di sé l'attenzione quasi appassionata di tutta la nazione. Non ho l'intenzione (per mancanza di competenza) di discutere qui le questioni regionali maggiori agitate nelle due lotte elettorali. Posso bensì esprimere qualche preoccupazione per il fatto che, nell'uno e nell'altro caso, sia apparso qualche sintomo di un autonomismo spinto, praticamente ostile, anche se non nell'intenzione, "Ila unità morale dello Stato nazionale. Preoccupazione intensificata dal fatto che di tali tendenze accenna a valersi sistematicamente il partito comunista per il suo « frontismo » : un frontismo legato all'incondizionata apologia del colpo di Stato di Praga. Il punto, tuttavia, che qui ci preme di rilevare, è un altro. Ambedue le lotte elettorali — senza nessuna intenzione premeditata dei parti ti in lizza — hanno riproposto, in termini più vistosi che mai, la questione delle interferenze ecclesiastiche negli svolgimenti della vita politica e civile. Non è mancato — e prò prio in campo laico — chi si è azzardato a sostenere che fra il decreto del Santo Uffizio e le elezioni siciliane non c'è diretto legame: tesi confutata in anticipo dall'e-. minentissimo card. Ruffini e da tutto il corpo episcopale siciliano, pubblicando contemporaneamente alla com parsa, nell'Osservatore Ro K mano, del decreto della Sacra Congregazione, il mandamento collettivo con cui di quel responso si faceva immediata, diretta, perentoria applicazione ai. « cristiano sociali» di Milazzo e alle imminenti elezioni siciliane. Di una tale schiettezza, che tanto si avvantaggia su certe tortuosità «liberali», non si può non dare riconoscimento, altrettanto schietto, ai promotori e firmatari del mandamento. Il vescovo di Aosta seguì l'esempio autorevolissimo, condannando uno dei blocchi elettorali in contrasto; e anzi fece un passo avanti, prospettando subito, esplicitamente, quel le sanzioni canoniche che erano rimaste sottintese nel mandamento siciliano. * # E' stato unanime (se ben ricordo) nella stampa laica — anche in quella più intransigente in fatto di laicismo — il riconoscimento che il decreto 4 aprile 1959 del Santo Uffizio, per sé, non innovava su quello di dieci anni prima, 1° luglio 1949 Eppure una novità c'era. Il decreto del 3 949 condannava già, insieme con gl'iscritti al comunismo, coloro che gli davano appoggio : ciò che fu inteso (certamente a ragione) come riguardante innanzi tutto gli elettori non tesserati che votassero comunista. Il nuovo decreto condanna coloro che votano a prò di partiti o persone che favoriscono i comunisti condanna, cioè, gli appoggiatori dei favoreggiatori E', dunque, un secondo anel. lo, che appare suscettibile di generare da sé un terzo e così via giacché se è condannato chi vota per i favoreggiatori, perché non do vrebbe esserlo chi vota per i favoreggiatori dei layoreg giatori, e così via, all'infinito? uà. stessa elasticità dei termini esprimenti il pre sunto crimine (appoggio favore) porta con sé questa conseguenza. La quale non si applica solo ai partiti ma — come è detto esplici tamente nel quesito a cui il Santo Uffizio ha risposto — anche ai candidati. Potrà darsi — anzi, non può non darsi — che in una o altra lista di partito non qualificato per sé, in blocco, ouale favoreggiatore, vi sia Tizio o Caio o Sempronio dalla tendenze favoreggiatrici, che naturalmente cercherà di far condividere al partito. Dimodoché, perché gli elettori siano sicuri di psedrel'scqssilrcPccininrclnccCndddmreluqlvtpsmmucvrstfc poter votare una data lista senza incorrere nella condanna del decreto, occorrerebbe un « nulla osta » dell'ordinario del luogo per ciascun candidato di una lista qualsiasi. In altre parole: sarebbe l'autorità ecclesiastica a determinare non solo il partito o i partiti vittoriosi, ma i rappresentanti che questi manderebbero nel Parlamento nazionale e nei consigli locali. * * Non c'è traccia di sofisticheria, né ombra di ironia, in questa conclusione: c'è, invece, la ponderatezza di riflessione che è doverosa in chi affronta simili quesiti; e lo è ancor più per chi impone, con le sue autoritarie decisioni, di affrontarli. Poiché, d'altra parte, è in. contestabile il diritto della Chiesa — che non è, poi, se non un caso eminente di un diritto comune, naturale — di indicare ai fedeli non solo dottrine giudicate erronee, ma anche gruppi o individui ritenuti pericolosi, ci deve essere pure, in qualche anello della catena, un errore o un equivoco che spieghi quella conclusione, assurda inevitabile a un tempo. E l'errore, o piuttosto l'equivoco, è questo. La condanna di una dottrina, che investa il -domina la morale cattolica, da parte dell'autorità ecclesia stica romana è necessaria mente assoluta. Il suggerimento di condotta rispetto a una attività del cittadino credente, nel campo della vita pubblica, non può avere, per la natura ben diversa della materia, una identica assolutezza. Può esser fatto obbligo, al cittadino credente, di considerare con la dovuta Donderatezza le conseguenze possibili di una slCdntopzcpdmdvettcdsdmuqlsminuì ■ umilimi i ninnili u r n e sua data azione politica per le condizioni di vita della Chiesa in questo basso mondo. Ma né codeste condizioni di vita si possono mettere sullo stesso piano della ortodossia dottrinale e della purezza morale; né il giudizio dell'autorità ecclesiastica su quelle conseguenze può avere lo stesso valore del giudizio dommatico o morale ; né, infine, il criterio della sicurezza e della convenienza ecclesiastica può essere, per il credente votante o altrimenti esercitante il suo diritto e dovere di cittadino, il criterio unico determinante per la sua scelta. Egli deve pesare nel foro della coscienza, tutti gli elementi che concorrono per una decisione in questo o quel senso, e fra essi ci sarà l'avvertimento dell'autorità ecclesiastica, sia pure a uno dei primi posti: e, pesatili, deve risolversi per ciò che gli sembrerà migliore per il bene della comunità civile a cui appartiene. Senza di ciò, il cittadino verrebbe ad essere puramente e semplicemente assorbito nel credente, lo Stato nella Chiesa. Si attuerebbe, cioè quello che Innocenzo III, in una lettera del 1198 all'arcivescovo di Ravenna, giudicava il meglio « per la libertà ecclesiastica » : la « piena potestà » della Chiesa romana « tanto nel temporale quanto nello spirituale». Ma, precisamente, è lecito esser di opinione diversa da questa di Innocenzo III; e del resto lo stesso Pontefice, uomo intelligente, si esprimeva in modo tale da far comprendere che anche per lui non si trattava se non di un « pio desiderio ». Luigi Salvatorelli gun umilimi imi iimmmiimmilll Dalla Regione alla Nazione

Persone citate: Innocenzo Iii, Ruffini

Luoghi citati: Aosta, Milazzo, Praga, Ravenna, Sicilia, Val D'aosta