Eredità da custodire di Luigi Salvatorelli

Eredità da custodire Eredità da custodire Erano le 5,30 pomeridiane del 26 aprile 1859 allorché il conte Cavour consegnò la risposta (negativa) al barone di Kellersperg, latore dell'ultimatum austriaco, dicendogli : « 3'espère, monsieur le baron, que nous nous reverrom dans des circonstances plus heureuses ». Era una semplice formula di politesse diplomatica. Quale circostanza più felice ci poteVa mai essere, per il conte di Cavour, del momento in cui era finalmente arrivata quella guerra a cui egli tendeva da anni l'arco potente del suo spirito: guerra che fu l'inizio della liberazione e dell'unità italiana? Non tutti, ancora oggi, concordano in questo apprezzamento. Abbiamo letto, qualche mese fa, una definizione della guerra del 1859 come guerra sabaudonapoleonica: termini che certamente intendevano ripetere la condanna di Giuseppe Mazzini. L'ispiratore massimo e supremo della nostra unità credeva in un piano imperialistico di Napoleone III, rivolto ad asservire una Italia permanentemente divisa; ad allargare ed assodare il suo dispotismo cesareo attraverso una nuova santa alleanza di Francia, Austria, Russia; ad ottenére truppe ausiliarie italiane per una successiva guerra diretta alla conquista francese della Renania. Quando Mazzini formava codeste previsioni, segna' landò altresì il pericolo che la causa italiana fosse compromessa da una riscossa dell'Europa nazionale e democratica contro l'imperialismo napoleonico, egli non era né un fazioso né un allucinato. Ciascuno degli elementi della sua profetizzante costruzione era in germe, entro il complesso moneto europeo del tempo; e l'azione di lui non fu estranea a impedirne la fioritura. H timore, ad esempio, che l'alleanza francese potesse riuscire funesta alla giovanissima libertà piemontese lo troviamo espresso dal moderato Boncompagni, e registrato dall'altrettanto moderato Massari nel suo « Diario » (edito adesso, finalmente, come si doveva da Emilia Morelli, Cappelli editore), alla data 28 febbraio 1859: alla vigilia, dunque, della guerra. Sta il fatto, però, che le cose andarono per tutt'altra strada. A dodici ore di distanza dalla ripulsa dell'ultimatum austriaco si iniziava in Firenze — nell'apparentemente sonnolenta Firenze granducale — quella giornata del 27 aprile, chiusa alle sei della sera con la partenza di Leopoldo n, che non aveva voluto far la guerra aE'Austria a fianco del Piemonte. H 27 aprile 1859 è per noi italiani un giorno altrettanto memorabile quanto il 26; perché dall'eliminazione del Granducato absburgico, e dal conseguente movimento per l'unione della Toscana al Piemonte, scaturì la trasformazione del regno dell'Alta Italia nel regno d'Italia. Dopo Magenta, ritiratisi gli austriaci dalle terre cispadane, venne la débàcle dei governi meschinelli custoditi dalle baionette di quelli: i due governi ducali di Modena e Parma, e il pontificio di Bologna, ove il cardinal legato Milesi fu messo tranquillamente in carrozza dai patrioti. E' questa la « rivoluzione dell'Italia centrale » : rivoluzione così pacifica che può prestarsi facilmente agli scherni dei professionali di eroismo. Ma è proprio nel cedimento immediato dei vecchi governi, nell'immediata, tranquilla sostituzione dell'ordine nuovo, il significato più profondo del fatto. La pera era matura; ma c'era un guardiano che impediva di staccare dall'albero il frutto: e quel guar diano era l'Austria. Con altra, migliore immagine, pos siamo dire che l'edificio nuovo, dell'Italia libera e una, era pronto; ma c'era un muro, un grosso e forte muro, che ne impediva l'accesso. Questo muro fu abbattuto dalla guerra del 1859. Territorialmente, l'impre sa decisa a Plombières si arrestò a mezzo, anzi a meno della metà, poiché anche le lombarde Mantova e Peschiera rimasero all'Austria. Ma il dominio dell'Austria! cnlldncgssdtvstmLdlspCtlgFsgRtcfaiclscstisdrci'mssiv. ! SfiB^tiLf^S*!!!.^ litare e politica del vecchio ordine in tutta la penisola, vennero meno per sempre. Sotto questo aspetto, non ci fu nessuna Villafranca, nessun Campoformio. Rivoluzioni e annessioni dell'Italia centrale; abbattimento del Borbone nel Mezzogiorno; liberazione delle Marche e dell'Umbria dall'ormai grottesco governo clericale si compirono senza che l'Austria osasse nulla di più di qualche protesta diplomatica. L'Italia nazionale, l'Italia viva potè svolgere l'opera sua con un minimo di contrasto interno, una volta rimosso l'ostacolo straniero. Luigi Napoleone, arrestando la lancia puntata contro l'Austria, mantenne il suo scudo protettore dell'indipendenza e unita italiana. Concorse in ciò — apparente bizzarria della storia — lo zar Alessandro II, consigliando autorevolmente a Francesco Giuseppe di starsene buono. Concorse l'Inghilterra di Palmerston e di Russell, che sul piano politico - diplomatico propugnò, con altrettanta e maggiore franchezza di Napoleone DJ, autodecisione italiana e non intervento straniero. Tutta l'Europa più viva concorse alla fondazione della nuova Italia, perché questa era impresa giusta e necessaria. Giustizia e necessità scaturivano dall'incontro della coscienza nazionale italiana, maturata attraverso i secoli in volontà concorde, con la condizione generale europea. Di codesto incontro (momento storico fra i più solenni della storia 'moderna) ebbero .chiara co scienza i santi padri del Ri' sorgimerito, Mazzini, Giober ti, Cavour. Ma ne ebbero altresì l'intuizione quegli uo mini di Stato stranieri — primo fra tutti Napoleone IH — che intrawidero in un'Italia indipendente e vilificata l'integrazione ne cessaria dell'Europa civile. Questa intuizione, questa coscienza noi italiani dobbiamo rinnovare perpetuamente in noi stessi. E oggi più che mai, quando da una parte si riprendono motivi e conati di antirisorgimento teocratico; e da un'altra (in solidarietà di fratelli siamesi) si lavora inconsciamente a inserire il nostro Paese nel conglomerato coloniale di dominio sovietico, ultima e deteriore forma di quel panslavismo tanto temuto e sdegqcSpdgaWKtdHizdgsanqpudtamgmepqmrpmrscvcervsflT__i 4.L.4. • j„n„ „„„„ „;„ combattuto dalla generano- ne Che fece 1 Italia. Luigi Salvatorelli (1IIII1IMIIIIIIII1IIIIII IIIlIIIIIIIIIIIIIIIlllllllllllIIIII