Appaltatori della salute di Francesco Argenta

Appaltatori della salute L'ASSICURAZIONE SOCIALE DI MALATTIA Appaltatori della salute Non altrimenti, secondo un medico ospedaliero, han da definirsi gli enti assistenziali • Estremamente confusa la situazione giuridica che ne consegue e facile e diffusa la dispersione delle responsabilità -Il malato rischia di essere considerato come una "pratica,, destinata a rimbalzare da un ufficio all'altro Roma, aprile. In concomitanza con la pubblicazione degli atti del Convegno promosso dall'Istituto di medicina sociale su la responsabilità assistenziale e professionale nell'attuazione dei compiti sanitari di previdenza sociale, è venuta alla luce, per i tipi di Giuffrè (ed. Milano), la più aggiornata e compiuta indagine tecnico-giuridica su L'assicurazione sociale di malattia' nel nostro paese: la strutturazione degli enti gestori, sia che il loro intervento abbia carattere obbligalo/rio o discrezionale: le dimensioni di ognuno; gli organi che li amministrano; la misura dei contributi che riscuotono; le prestazioni che sono abilitati ad accordare; i soggetti che ne possono beneficiare. Si tratta, come avverte l'autore, il prof. Umberto Chiappelli, di una guida che si propone di condurre < con onesta precisione e con chiarezza di risultati », attraverso un « invertebrato dedalo normativo pressoché inesplorato, non di rado insicuro e addirittura inaccessibile, tanto agli interessati quanto agli studiosi ». In effetto, tutto il llllltlllllf nostro sistema previdenziale risulta ancorato a norme confuse, spesso di emergenza; chiuse, non di rado, in accomodamenti empirici; dettate dalle istanze più varie e dai più difformi rilievi, ma senza un'organica coordinazione, in un accavallio tumultuoso. Quante sono le norme che non hanno perduto, lungo il faticoso cammino che ha condotto all'attuale assetto degli enti, la loro validitàt Per delineare e documentare lo stato dell'assicurazione di malattia in Italia, il prof. Chiappelli si è rifatto ad oltre duecentottanta fonti, tutte di carattere legislativo. E si tratta — è chiaro — soltanto delle fonti « reperibili », che, anche agli studiosi, è sottratta la conoscenza di tutta la cripto-legislazione rappresentata dalle circolari. Ora, è proprio da questo rincorrersi ed accavallarsi delle norme; da questo affannoso procedere del legislatore, sotto lo stimolo dell'opportunità e delle contingenze, attraverso contraddizioni e salti alogici, che ha potuto affermarsi anche nel settore dell'assistenza quel fenomeno che è così diffuso da noi e che consiste ■ nella elusione e nella polverizzazione ielle responsabilità. Nella sua relazione introduttiva ma, che, per molti versi, potrebbe definirsi con-, clusftia, il prof. V. M. Palmieri, direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università di Napoli, ha segnalato alcuni casi altamente drammatici. Sono i casi in cui, nel gran dedalo delle responsabilità cui vanno incontro gli enti assistenziali nell'adempimento dei compiti — tecnici ed amministrativi — attribuiti loro dalla legge, si inserisce, con aspetti nuovi e delicati, la responsabilità professionale del medico. Come si sa, in regime di assicurazione sociale, una pluralità di sanitari, a cagione della competenza specialistica o per altri motivi, si succedono nel trattamento del malato lungo le diverse fasi del processo diagnostico e dell'intervento terapeutico. Ebbene, se in teoria l'intervento di una pluralità di sanitari è giustificabile e può apparire rispondente al lodevole scopo di assicurare al malato la più qualificata assistenza possibile, nella pratica, invece, finisce, a volte, per provocare una tale dispersione di competenze e di responsabilità, così da rendere estremamente difficile l'individuazione della persona su cui le responsabilità devono legalmente cadere. Cinque medici sono stati mobilitati — e retribuiti — ha detto il prof. Palmieri, evocando un caso drammatico, col risultato di cagionare la morte del paziente. Preoccupato per la spontanea e. ripetuta interruzione degli incipienti processi di maternità della moglie, un operaio quarantenne ricorre all'ostetrico dell'ente mutualistico il quale non trova nulla di rilevante all'esame ginecologico e consiglia che entrambi i coniugi si facciano praticare una reazione Wassermann. La coppia passa subito dall'analista che esegue l'indagine sierologica: il risultato è positivo, tanto nel caso del marito che della moglie. L'operaio non perde tempo: si rivolge allo specialista dermoceltico, il quale, senza visitarlo, gli prescrive uno schema di cura: un preparato arsenobenzolico per via endovenosa nelle dosi 0,30, 0,hs, 0,60. Ottenuto dal primo medico della sezione il « visto, si esegua > alla prescrizione, l'operaio si presenta al medico iniezionista, che pratica la prima iniezione di 0,S0. Quando il paziente si appresta a lasciare l'ambulatorio, è colto da sincope e muore. L'autopsia mette in risalto che il disgraziato presentava gravi lesioni epatiche e aortiche, che avrebbero dovuto sconsigliare la terapia prescrittagli. Senonché nessuno si era accorto della loro esistenza: anzi, per essere precisi, nessuno si era preoccupato di visitare il soggetto. Il drammatico caso ha avuto .— e non poteva non averla — la sua eco in sede penale. Esclusa la responsabilità dell'ostetrico t, dell'analista, i quali erano ovviamente fuori causa, ecco come si sono difesi gli altri sanitari: l'iniezionista esibì il suo contratto in base al quale egli aveva solo il compito di eseguire l'iniezione, e non di visitare gli infermi: il « primo medico di sezione » sostenne ohe, di fronte alla prescrizione dello specialista, egli si era sentito < ooperto » ed aveva considerato una pura formalità amministrativa il rilascio del < visto » sulla prescrizione; là specialista dermooeltico obbietta ch'egli riteneva fosse suo compito solo quello di prescrivere la cura, e che, sapendo che altri l'avrebbe eseguita, era convinto ohe l'esecutore si sarebbe prima accertato dell'esistenza di controindicazioni. Nell'evocare questo ed altri analoghi casi, tutti altamente drammatici, il prof. Palmieri ha soggiunto che essi dimostrane come nell'organizzazione dette prestazioni assistenziali da parte degli enti assicuratori possano inserirsi perniciose sfasature e disarticolazioni che si risolvono in danno dei malati, ma, altresì, in un pregiudizio economico per gli enti e, con riflessi forse maggiori, in un pregiudizio morale per l'attività che gli enti sono chiamati a svolgere. E', purtroppo, comune la tendenza a trarre giudizi generali da casi particolari. Chi si vede rimandato dall'uno all'altro sanitario con una procedura che obbedisce a schemi obbligati, quasi ad un rigido formalismo, può essere colto dal sospetto di non essere considerato una creatura bisognevole di assistenza, ma come una < pratica > destinata ad essere rimbalzata da un ufficio all'altro. « La questione — ha avvertito il prof. Palmieri — supera i limiti del rapporto giuridico, per rivestire la dignità di un problema deontologico per il medico che presta la sua opera in regime di assicurazione sociale ». Senonché, cotesto, non è che uno dei punctum dolens individuabili nel funzionamento del nostro sistema. Fra i diversi rischi tutelati dai vari istituti, quello di malattia è certamente il più rilevante, sia per l'estensione numerica delle persone che hanno diritto alle prestazioni, sia per la complessità delle manifestazioni che vi si ricollegano. L'analisi Uim11L11 ii i m11 r] f 111i] I ] 111 ! 1 i I< IM h111 >111 ! 111111 i 1 ! ! delle responsabilità cui vanno incontro gli enti non può prescindere dall'appuramento dei poteri e dei mezzi di cui lo Stato ha dotato i singoli, enti, e, soprattutto, nei riguardi dell'Inàm, dalle lacune che presenta la legislazione in atto. Il problema è stato dibattuto al convegno nella complessità dei suoi aspetti. E se il prof. Cattabeni ha segnalato il danno che deriva dai cosiddetti conflitti di competenza (in un anno, a Milano, i casi controversi, vale a dire palleggiati fra un ente e l'altro, a cagione dell'incertezza della diagnosi, sono stati quasi quattromila) il prof. Pellegrini ha ammonito che sugli enti ussistenziali grava una responsabilità politica che non può essere elusa e tradita. Ma vi è, ancora, un aspetto che merita di essere segnalato: ed anche questo dà luogo ad un ^problema grosso. Si tratta del rapporto fra gli ospedali e gli enti assicurativi: le interferenze che si determinano, le frizioni che ne conseguono. Con un'espressione immaginosa, il prof. Marinelli ha dimostrato che gli enti assistenziali sono diventati, nel senso più pieno, gli appaltatori della salute di molte categorie sociali, ma sono stati costretti a dare in sub-appalto agli ospedali, nella parte maggiore e più impegnativa, la « materiale esecuzione del lavoro per il quale riscuotono i contributi degli associati ». In questa trasmissione di compiti si verifica non solo una dispersione di mezzi, ma tutta una catena di interferenze, dannose e spiacevoli. Gli enti pretendono di comprimere le diarie, di ridurre il periodo delle degenze, di regolare la natura ed il « costo » dei trattamenti. E, tutto questo, come in tanti altri casi, finisce fatalmente per condurre ad una dispersione delle responsabilità, ad una situazione giuridicamente confusa cui potrebbe portare rimedio solo una savia codificazione ed una illuminata riforma. Francesco Argenta 1 < M ! 1111! IMiM111 ! 1111< 11111111111111111111111i 11111111111U

Persone citate: Cattabeni, Chiappelli, Giuffrè, Marinelli, Palmieri, Pellegrini, Umberto Chiappelli, Wassermann

Luoghi citati: Italia, Milano, Napoli, Roma