Margaret inquieta e ribelle attesa a Roma con la regina madre di Nicola Adelfi

Margaret inquieta e ribelle attesa a Roma con la regina madre TRASCORRERANNO UNA SETTIMANA IN ITALIA Margaret inquieta e ribelle attesa a Roma con la regina madre Mutevole e spregiudicata non si piega al conformismo della corte - Solo la parola dolce della mamma l'ha persuasa a rinunciare al suo romantico amore per lo scudiero • Nella semplicità della vedova di'Giorgio VI, il popolo vede il simbolo della "buona vecchia Inghilterra,, (Nostro servizio particolare) Roma, 17 aprile. Vidi per la prima volta la principessa Margaret ad Amsterdam undici anni fa, durante le feste per l'incoronazione della regina Giuliana. Margaret aveva allora diciotto anni, non era mai «scita dalle isole britanniche, mai per l'innanzi le era stato affidato un compito cosi importante come quello di rappresentare suo padre, re Giorgio VI, all'incoronazione di una regina. E pensavo che, nonostante la giovane età, la principessa inglese si sarebbe dato un contegno serio e compassato nella folla di sovrani, principi e capi di missioni convenuti per l'occasione ad Amsterdam. Naturalmente, mi sbagliavo. Già allora Margaret si era fatto il nome di enfant terrible delia Corte inglese, e in quella circostanza fu pari alla sua fama. Nei più solenni cortei, nei momenti di maggiore tensione lei riusciva a farsi notare drizzando il suo capino e ammiccando spiritosamente di qua e di là, verso amici o sconosciuti, mettendosi una mano sulla bocca per soffocare una risata, quasi saltellando sulle gambe. Riusciva persino irritante. Né mi sembrò una bella ragazza. Aveva le gambe leggermente arcuate e il corpo tutt'altro che grazioso, ma piuttosto simile a quello di imili iiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiii imiiiiiiiiiii un'adolescente che fosse in ritardo con la crescita. Più la osservavo e meno riuscivo a capacitarmi che fosse quella la principessa che riempiva le cronache mondane di mezzo mondo con la descrizione del suo fascino, della sua eleganza e delle sue monellerie. A Londra si era formato un suo circolo, «JJ clan di Mcg », camminava su alte e brutte scarpe ortopediche, i suoi occhi cenili erano ritenuti pacificamente c gli occhi più belli di tutto l'impero britannico ». Piccola, magra, vivacissima e appena affacciatasi alla vita ufficiale, già Margaret avanzava in mezzo a una folla di luoghi comuni, di miti, di chiacchiere. Per esempio, si diceva che fosse continuamente innamorata, ma mai per più di tre giorni dello stesso uomo. Aveva lanciato la moda dello champagne rosato, bello a vedersi, ma di sapore discutibile. Amava la musica ed i balli americani. Di tutta la famiglia reale prediligeva lo zio David, quello che aveva rinunciato alla corona pur di sposare la divorziata Wally Simpson, e la zia Marina, duchessa di Kent, che era giudicata fra le donne più eleganti del mondo. In breve, la principessa Margaret rappresentava agli occhi del mondo l'anticonformismo più aperto in una società naturalmente confor- miimmiiimiimiiimmmimmm minila mista, di mentalità isolana e legata al culto, delle tradizioni. Quanto agli inglesi, se da una parte continuavano a intenerirsi tutte le volte che vedevano rispettati gli «si e i costumi della « buona, vecchia Inghilterra», dall'altra si sentivano attratti da una forte, da una sincera simpatia verso la principessa ribelle, la fragile e indomabile Margaret che sembrava si fosse assunta la pai-te di mettere in caricatura gli anacronismi più evidenti, stupidi e noiosi della vita inglese. Rividi la principessa Margaret (le sue amiche la chiamavano PS, cioè t principessa due», che in inglese suona approssimativamente Pitù, con chiara allusione fonetica all'uomo da lei amato, Peter, che in inglese si pronuncia all'incirca <Plta») diverse altre volte, e Via via la prima, sgradevole impressione andò attenuandosi. Nell'autunno di tre anni fa, nei giorni in cui fece la pubblica e accorata rinuncia allo scudiero Townsend, quella specie di monello ch'io avevo visto saltellare fra le navate della chiesa nuova di Amsterdam era diventata una signorina grave, assorta, con gli occhi umidi, e quasi bella. Per quanto si potesse essere prevenuti, vederla a tal punto mutata, così raccolta dentro se stessa e così sbattuta dal dolore, inteneriva. Il due novembre 1955, due giorni dopo la rinuncia ufficiale ed irrevocabile, la principessa Margaret entrò nella chiesa di San Paolo a Londra; era rigida, con una piega amarissima sulle labbra, lo sguardo teso. Erano almeno tremila le persone raccolte nella penombra a spiarla. Margaret raggiunse un inginocchiatoio, chinò \l capo fra le mani e le sue spalle sussultarono. Molte donne piansero, alcune anche singhiozzavano senza ritegno. In quei giorni si sarebbe detto che VInyhilterra tutta stesse col fiato sospeso. Una sera piena di foschia e di malumore sugli schermi della televisione apparve l'arcivescovo di Canterbury, colui che si diceva fosse stato il principale avversario del matrimonio fra la principessa e lo scudiero. L'arcivescovo disse: <La chiesa non ha fatto nessuna pressione sulla principessa per indurla a rinunciare al suo progetto di matrimonio. La principessa ha cercato di continuo la volontà del Signore, e d'improvviso le è apparso chiaro il suo dovere». Ma fu davvero una rinuncia definitiva, irrevocabile f Io non lo so proprio. Bicordo solo com'era di nuovo mutata la principessa Margaret tutte le volte che l'incontrai a Londra nel giugno dell'anno scorso. Nonostante che la prima giovinezza fosse trascorsa, era diventata decisamente una bella signorina. Aveva, si, conservato i suoi modi spregiudicati e per esemplo fumava da un bocchino bianco e lungo due palmi, oppure rideva a scroscio; incurante dei vicini o anche si appoggiava senza tante storie al braccio di chi le stava accanto, ma sprizzava felicità sincera dagli occhi, dalle labbra, e nello stesso tempo sembrava che la sua femminilità stesse proprio allora fiorendo. Soltanto l'amore poteva compiere una simile trasformazione, e quando di li a poco appresi che in quei giorni Margaret e Townsend, dopo una lunga separazionet erano tornati a vedersi, non mi merauigliai. Si vedevano tutti i pomeriggi, alla Clarence House, e insieme prendevano il tè. A quegli incontri assisteva qualche volta la madre di Margaret, quella che fu la regina Elisabetta d'Inghilterra e che oggi ha il rango di regina madre. Per quanto possa sembrare strano è voce comune che la regina madre Elisabetta alla figlia savia, che molto le assomiglia nel fisico e nel morale, alla figlia regina e che ha sposrto l'uomo che amava, preferisce la figlia irrequieta, ribelle, quella Margaret che ha amato molti giovanotti, ma sul serio soltanto uno, Peter Townsend, e non ha potuto sposarlo. La madre vedova e la figlia zitella vivono insieme, nella Clarence House, a due passi da Buckingham Palace. E si dice che siano grandi amiche. Hanno compiuto insieme diversi viaggi e ora stanno per venire a trascorrere una settimana in Italia. Eppure, è difficile immaginare due temperamenti differenti. La regina madre, che sta per compiere 59 anni, è una signora florida, dall'aspetto tranquillo, che ha trascorso l'infanzia e l'adolescenza nella campagna e ancora oggi ama passare molte settimane nella natia Scozia, in regioni quasi deserte. Non ha avuto mai un aspetto regale, e le sue maniere sono state sempre bonarie, lontane da ogni altezzosità. E' espansiva, chiama molta gente col nome di battesimo, non sta mai a formalizzarsi troppo con le regole dell'etichetta. Tuttavia si vuole che sia stata proprio questa signora dalle apparenze semplici e dalle abitudini campagnole ad assicurare la continuità monarchica e a conservare l'affetto popolare alla monarchia nei frangenti più pericolosi e drammatici. Per esempio, quando Eduardo Vili abdicò nel dicembre 19S6, il Duca di York, che poi divenne Giorgio VI, era cresciuto sempre nell'ombra del suo brillante fratello, e quando scoppiò la crisi per la Simpson e i grandi dignitari dello Stato cominciarono a premere su di lui per convincerlo a salire sul trono, egli, più che sgomento, si tirò indietro. Spiegò che mai e poi mai avrebbe saputo fare il mestiere di re; tra l'altro, era balbuziente. Fu allora la moglie, la modesta Elisabetta, che gli fece animo, lo sostenne, lo persuase. In seguito, per se. dici anni, e quali anni! la regina Elisabetta fu al Re di consiglio, di conforto, di sostegno, E quando il Re mori, il popolo lo pianse sinceramente salutandolo fra i migliori sovrani che abbia mai avuto la Gran Bretagna. La seconda crisi avvenne per l'appunto quando Margaret s'innamorò. La ragazza si sentiva abbastanza forte per sfidare gli argomenti e la collera dell'Arcivescovo di Canterbury e di tutto il clero, degli ambienti di corte, della nobiltà e del partito conservatore. Lo sapete com'è; quando 'ina ragazza è innamorata, gli ostacoli non la disarmano; anzi, maggiori sono, più la intestardiscono. Così avvenne anche nel cuore e nel cervello della principessa Margaret. Col suo caratterino, si batté contro tutti, fremente, decisa, irriducibile. Poi, una sera d'autunno, si arrese. Lo fece dopo un lungo colloquio con la madre. Che cosa si dissero, nessuno ha saputo mai. Ma è facile immaginare ■ almeno una parte del discorso che la madre tenne alla figlia. Le avrà spiegato con parole molto semplici che una principessa reale, la quale per giunta occupa il terzo posto nell'ordine di successione al trono, non può fare sempre di testa sua, anche a rischio di estraniarsi dalla sua famiglia, dal suo popolo, dai luoghi natali. E la madre avrà anche accennato alla sorte toccata al cognato David, che da sovrano diventò un cittadino qualsiasi, sposò la signora Simpson, e da allora, sono passati ventitré anni, 'fa la vita dello zingaro. Ormai è un vecchietto, ma finché vive non potrà mai sentirsi accanto l'affetto di un parente né sostare nei luoghi che lo videro nascere e diventare adulto. Nicola Adelfi