E' morto don Mazzolari

E' morto don Mazzolari E' morto don Mazzolari la Une è giunta stanotte poco prima delle 2 - Una decina di giorni addietro il popolare scrittore cattolico era stato colpito da emorragia cerebrale Cremona, 11 aprile. Don Primo Mazzolati, uno dei più noti scrittori cattolici d'avanguardia è morto stanotte pochi minuti prima delle £ nella Casa di cura San Camillo dove era ricoverato da una decina di giorni. Era stato colpito da emorragia cerebrale e nessuna cura ha potuto salvarlo. Aveva 69 anni. Bastava aver visto una sola volta don Primo Mazzolari per sentire di colpo la forza dell'uomo e la bellezza di quella vita spirituale. C'era nel tono della voce, nella fremente partecipazione della parola il segno raro e inconfondibile della verità: di fronte a lui non valevano più le nostre norme comuni e bisognava riportarsi ad un'altra misura. Eppure don Mazzolari aveva ben poco da offrire dal punto di vista della curiosità. La storia dell'uomo era semplicissima. Nato in un sobborgo di Cremona, a Boschetto, il 13 gennaio 1890, era stato consacrato sacerdote nell'agosto del 1912. Per qualche anno insegnò nel seminario della sua città, poi al tempo della prima guerra mondiale parti per il fronte come semplice soldato e soltanto in un secondo tempo vesti la divisa del cappellano. Rimase in quelle funzioni fino al 1920 in Francia e in Alta Slesia, dopo la sua vita si è consumata nel breve arco delle sue terre, prima come parroco di Bozzolo, poi di Cicognara e infine ancora di Bozzolo e nella chiesa di questo paese è stato colpito dalla malattia. Non è una curiosità sapere che don Primo è stato folgorato dall'emorragia mentre predicava il Vangelo della Domenica in Albis: è una coincidenza che illumina tutta la sua esistenza, La sua storia, dunque, sta chiusa nel rispetto e nel sacrificio della terra e del lavoro (egli stesso era figlio di un piccolo affittuario) e del cerchio magico della parrocchia. Quando si è parlato di morte della parrocchia, si faceva un'eccezione per quella di don Primo, di chi, cioè, aveva sentito in profondità tutto il dramma della vita religiosa che si perdeva e l'aveva fissato nell'ultimo suo libro (La parrocchia, edizioni della Locusta). Si potrebbe dire che la forza della sua fede e del suo esempio era in proporzione diretta al coraggio e alla semplicità del suo sguardo. Mazzolari apparteneva a quella rara famiglia di spiriti che non hanno paura di gridare le cose in faccia, come stanno e di dire semplicemente (quindi con l'animo pieno di commozione) la verità. Inutile aggiungere che per questa sua condotta di vita è stato spesso frainteso o addirittura tenuto in sospetto. Proprio perché era uno spirito di rottura, un'anima che cercava ldi regolarsi sul Vangelo, che non ha mai smesso di commentare (uno dei suoi libri più belli è La parola che non passa), aveva una concezione della vita che non ammetteva accomodamenti, debolezze: ad esempio, l'idea di far carriera, o soltanto l'idea di poter strapparsi alla campagna per trovare una c platea > non l'hanno mai sfiorato. Mazzolari è rimasto per quarantanni il povero parroco di campagna di una delle campagne più desolate e tribolate d'Italia. Ma sbaglierebbe di grosso chi — non avendolo conosciuto — cedesse a un'im magine convenzionale per farne il protagonista di una vita ritirata, leggermente romantica e crepuscolare. Mazzolari, che aveva un sottile gusto lot- terario e dedicava le sue ore di riposo alla letteratura (la sua canonica anche da questo punto di vista era un porto di mare, dove approdavano le fragili imbarcazioni delle ultime novità italiane e francesi) sapeva' però distinguere assai bene la parola che illude, che diverte o che incanta dall'altra parola, dalla parola « che non passa». Ugualmente pronto ad accogliere l'anima chiusa dei suol contadini e quella complicata e 11 più delle volte paurosa dei suoi amici di città, Mazzolari ha cercato di usare con tutti lo stesso metro della pietà e della bontà. Forse per queste ragioni il suo libro esemplare è quello dedicato alla storia del flgliol prodigo e che è apparso nel 1925 sotto il titolo La più bella avventura. Se si tengono presenti questi due motivi, la pietà e la capacità di perdonare e di comprendere, si capirà anche come don Primo abbia potuto allargare straordinariamente il campo della sua lezione. Le sue parole non finivano nella polvere delle sue terre o nei gorghi del Po, ma trovavano un'eco singolare in tutto il nostro Paese, vorrei dire là dove c'era bisogno di un'aria più libera, di una parola viva e non soltanto delia ripetizione formale, della meccanica della fede. Nel dopoguerra un foglio stampato con grande sempli cita ed ingenuità, Adesso, era diventato il nodo di collegamento, forse uno dei pochi punti di riferimento per chi ancora cercava un equilibrio fra la parola del Vangelo e 11 dolore e la tristezza della nostra vita. Attraverso le pagine di quel giornaletto, don Primo non ha nascosto mai la gravità della situazione, ma ha portato anche un filo di speranza e di ll,re a cni non trovava più intorno a sé nessuna ragione di conforto. Il grand» cattolicesimo di vena francese aveva acceso nel cuore di quel povero prete della Valle Padana una luce che non potrà essere dimenticata. Era la luce della verità cristiana, dell'impazienza e della attesa: ma soprattutto della verità che si nutre di cose concrete e non rifiuta mai la realtà, il confronto umile con le cose. Farà piacere sapere che po co tempo fa don Mazzolari era stato chiamato a Roma daGiovanni XXIII: la voce eneveniva da Bozzolo aveva avu-to quel riconoscimento chemolti cuori ansiosi gli avevano già tributato da molto tempo, in segreto e con amore. c. b. Don Primo Mazzolari

Persone citate: Boschetto, Mazzolari, Primo Mazzolari

Luoghi citati: Alta Slesia, Bozzolo, Cremona, Francia, Italia, Roma