I discorsi di Fanfani

I discorsi di Fanfani Le polemiche interne nella d. c. I discorsi di Fanfani Roma, 6 aprile. Trovandosi ieri a Gaiole in Chianti, l'on. Fanfani ha profittato dell'occasione di una breve cerimonia in suo onore, per orgogliosamente proclamare: « Non sono ancora morto! ». L'affermazione, fatta quasi col tono di una sfida, riassume bene il senso dei brevi discorsi che egli ha pronunciato nelle ultime quarantotto ore, oltre che a Gaiole, ad Arezzo, a Perugia, a Spoleto. Pare che altri ne seguiranno nelle prossime settimane, e si prevede che confermeranno tutti l'impegno di Fanfani a riprendere la battaglia politica secondo gli orientamenti di centro - sinistra che hanno costantemente ispirato la sua attività di segretario del partito e poi di presidente del Consiglio. . A Gaiole, difatti, egli ha rivendicato la sua azione rivolta a realizzare una migliore giustizia sociale ed umana: « Per questo ho pagato qualche cosa, ma si 11-1 ludono quelli che credono che le prove facciano tacere l'ardimento. Più si paga nella vita, più cresce il coraggio. Con questa cerimonia voi non commemorate un morto: voi anzi, quasi in coincidenza con l'inaugurazione della restaurata vostra chiesa, mi battezzate per nuova vita, con un ardore più grande, per quelle realizzazioni sociali che devono animare la nostra democratica Repubblica, se vuol essere fondata veramente sul lavoro ». Ad Arezzo, a Perugia, a Spoleto, in occasione di adunanze di maggiore importanza politica, come assemblee di sindaci e di segretari democristiani delle sezioni delle varie province, ha confermato i suoi propositi, praticamente ripetendo sempre un solo concetto: il 25 maggio 1958 la de ha vinto le elezioni in base ad un programma sociale e progressivo. Se si vuole difendere quel patrimonio di voti, è necessario rispettare il patto elettorale allora concluso, soddisfacendo le speranze allora fiorite. Uguale era stato, del resto, l'impegno di De Gasperi, e sarebbe vano il tentativo di ripercorrere a ritroso la strada già fatta. Parlando di se stesso e della propria posizione, Fanfani ha concluso di volta in volta informando che migliaia di cittadini gli scrivono per attestargli solida' rietà e in pari tempo per richiamarlo al suo preciso personale dovere di restare fedele al programma elettorale dello scorso anno. In questo modo, l'on. Fanfani è uscito dal riserbo che si era imposto dopo l'apertura della crisi del governo e del partito democristiano. Ha precisato che quel riserbo non è mai stato enigmatico per chi conosca le sue idee ed il suo temperamento, ma in ogni modo oggi è possibile anche agli altri rendersi conto del significato e degli obiettivi della sua battaglia. Egli non parte in guerra contro il governo, e l'on. Segni non ha da temere nessuna offensiva parlamentare di franchi tiratori fanfaniani. Non ponendosi un problema di governo, si pone, invece, un problema di partito, nel senso che il partito, a suo avviso, non può venire meno all'esigenza di prospettare una politica che valga anche per domani, cioè per quando sarà superato quello stato di necessità che ha dato nascita al governo di centro-destra. In questo senso, anzi, l'on. Moro, suo successore alla segreteria della de, quasi ha avallato la posizione di Fanfani, facendogli due importanti concessioni. Nel lungo discorso che ha pronunciato a Bari domenica, Moro ha difatti riconosciuto innanzitutto la fondamentale validità della dialettica delle opinioni nell'ambito del partito ed in secondo luogo, riprendendo una formula che già fu cara all'on. Zoli, ha riconosciuto che il governo Segni è un « governo monocolore di minoranza, che trova i voti di appoggio sulla base esclusiva del programma. Non nasce da un contratto ». La maggioranza parlamentare che lo sostiene sarebbe, dunque, da intendersi come casuale e contingente, ed è ciò che permette a Fanfani una assai ampia libertà nello svolgimento del¬ lsnimtgCiflncdidtaszsdgsdgscvrsldntM la sua campagna precongressuale. Meno longanime di Moro nei riguardi delle correnti inteme del partito si è dimostrato, parlando a Trento, l'on. Gui, presidente del gruppo democristiano della Camera. Riconosciuto come il rivale numero uno di Fanfani per la parte avuta nella soluzione della crisi e nello svolgimento del successivo Consiglio nazionale della de, l'on. Gui ha detto, infatti, che bisogna non perdersi in dispute artificiose, talvolta equivoche, spesso aspre e faziose: ma questa sua condanna delle tendenze e delle correnti, non è destinata a mutare la realtà del partito, quale essa è oggi configurata. Anzi è questo il periodo in cui, aprendosi la campagna precongressuale, le lotte interne stanno^ per riaccendersi anche più clamorose e più vivaci che di consueto. La destra cattolica ha reagito con energia ai discorsi di Fanfani, definendoli « poco felici » in una nota dell'« Agenzia Urbe », d'into nazione molto severa. Con tro l'on. Moro si è avuta, igtracbncsudlzhzcdlrifIcppsgmMiiHiiiiiiiiiiiiiumiiiuimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiti invece, una protesta dell'Agenzia « Die », che esprime tutto il disappunto dei liberali nel vedersi degradati ad alleati d'occasione anziché a compartecipi e corresponsabili del programma governativo, che essi vorrebbero condizionare; ed anche questo attacco dall'esterno è una prova della singolare e difficile situazione nella quale è venuta a trovarsi la de. Conscio di questa condizione difficile (anche le Acli hanno denunciato l'involuzione governativa, in un documento ufficiale approvato dal loro Consiglio nazionale) l'on. Moro tenta un'opera di conciliazione generale interna riconoscendo a Fanfani il diritto alla parola. In pari tempo, in qualità di custode della maggioranza parlamentare, l'on. Gui ha pronunciato, invece, un discorso che deve rassicurare gli alleati d'altro partito, mercé la sconfessione di tutti i democristiani dissidenti dalla linea ufficiale del governo. E' un gioco delle parti che vedremo prolungarsi, per tutto il corso della campagna congressuale. Vittorio Gorresìo imiiiiiiiimiiiiiiì