De Cavi rovinò molta povera gente per preparare il «farmaco divino»

De Cavi rovinò molta povera gente per preparare il «farmaco divino» De Cavi rovinò molta povera gente per preparare il «farmaco divino» Lo ha ammesso lui stesso, ieri nella seconda udienza davanti al Tribunale di Genova - La formula della medicina, che egli diceva aver avuto direttamente da « Gesù missionario », gli fu affidata da due coniugi svizzeri espulsi dal loro paese r ¬ o , e n i . e . e r i o . (Nostro servizio particolare) Genova, 3 aprile. Giannetto De Cavi ha finalmente affrontato la parte romanzesca, anche pettegola, della sua vicenda, ossia la « tragedia del sette anni ». Così egli l'ha definita, partendo dal 19ó2, quando la sua posizione si fece drammatica (fallì nel febbraio '54). Circondato da avvocati e giornalisti ansiosi di non perdere alcun dettaglio, De Cavi ha rifatto la storia del famoso farmaco, la cui formula sarebbe giunta per rivelazione di «Gesù missionario». Per produrre il farmaco, destinato a liberare l'umanità dal flagello del cancro, De Cavi impiegò i fondi del Banco e le sue energie: se egli, non fosse stato ostacolato e abbandonato, il Banco non sarebbe fallito, l'umanità avrebbe, da tempo, un medicamento miracoloso. Questa, in breve, la tesi difensiva dell'ex-banchiere, appoggiata a rievocazioni che non hanno avuto il tanto atteso sapore piccante. Quando il presidente lo ha invitato a parlare esplicitamente (< Sciolga ogni riserva, porti fatti precisi ») e De Cavi ha risposto a mezza voce < senz'altro, dirò tutto », la curiosità è arrivata agli estremi. Ma il discorso si è spezzettato, è scivolato sugli argomenti più scottanti; De Cavi prometteva il terremoto per una parte della « finanza clericale » genovese. Non c'è stata ohe qualche timida scossa. A Genova l'attesa per le rivelazioni di De Cavi era grandissima. Egli fu molto vicino alla Curia, come testimoniano fotografie, in cui lo si vede nell'uniforme di cavaliere del Santo Sepolcro, accanto all'arcivescovo nelle principali solennità. Ecco la storia, corredata dai pochi dettagli inediti offerti dall'imputato, oggi meno altezzoso e spesso confuso. Nel 1951 Giannetto De Cavi conobbe casualmente i coniugi svizzeri Leandro Pedroli e Lavinia Solinas, in possesso di una formula miracolosa per la cura del cancro, avuta da colloqui con < Gesù missionario ». II banchiere, in fase mistica, pensò di produrre industrialmente il farmaco < per spirito di carità»; non esitò — secon do l'accusa — a smantellare un suo stabilimento industriale per costruire un laboratorio farmaceutico, investendo novanta, milioni, una parte delle centinaia depositate nel suo Banco da Ingenui e fiduciosi ri¬ csparmiatorl (si seppe poi che i coniugi svìzzeri erano stati espulsi dal loro Paese per la vendita di fiale con acqua, solforata; oggi sono imputati di truffa accanto al De Cavi). Il banchiere credette alle rivelazioni e al miracolo. Lo ha confermato oggi. Alla domanda del presidente: < Lei aveva creduto a quel fatti soprannaturali? Rifletta. Le} disse, a sua volte, di avere avuto rivelazioni divine ». De Cavi ha tentato di non rispondere, poi ha finito con ammettere, protestando però di avere-agito < come se non avesse creduto », affidando le ricerche e la preparazione del farmaco a «scienziati di chiara fama». Per la parte spirituale si affidò all'arcivescovo di Genova, Siri, pregandolo di sottoporre 1 due svizzeri a un esame, per convalidare o meno la faccenda del colloqui con < Gesù missionario ». « Recandomi dall'alloro monsignor Siri per gli auguri di Natale, gli parlai della iiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiuii Cvsptgsv cosa». Ci fu una riunione ini Curia nel gennaio 1952 De Cavi afferma di non avere conosciuto I risultati (< Sa, signor presidente, la Curia è riservata »). Poi la bomba: il 31 maggio dello stesso anno comparve sul quotidiano cattolico di Genova una secca nota dell'arcivescovo, il quale metteva in guardia il clero e i fedeli dal mescolare fatti soprannaturali con certi prodotti. Il 2 giugno un settimanale genovese, di proprietà di un notissimo armatore, La Gazzetta del lunedì, parlò, sotto un enorme titolo, dello « scandalo delle fiale ». Il lunedì seguente altre rivelazioni: secondo De Cavi quegli articoli diffusero il panico, molti clienti ritirarono i denari depositati, i medici e i chimici che si occupavano del famoso farmaco si ritirarono. Sino a tutto il 1953 De Cavi cercò di tenersi a galla, mentre continuava le pratiche per il riconoscimen to da parte dell'Alto Commis sariato della Sanità. Poi, alla fine del gennaio 1954, il tracollo. Dopo pochi giorni la fuga, seguita da una latitanza durata quattro anni e mezzo («Non per mancanza di fiducia nella giustizia, ma per continuare la mia opera», cioè per continuare a occuparsi del farmaco, diventato VAI gasol, oggi autorizzato dall'Alto Commissariato e in vendita come « stimolante della dife sa organica e del metabolismo cellulare ». Non è ben chiaro però se si tratta della formo la originaria). Questa la storia narrata dal De Cavi. Egli sarebbe dunque crollato per colpa di una. campagna di stampa e per conseguenza dell'abbandono da parte dell'arcivescovo di Genova; egli sarebbe stato vittima dell'incomprensione per la sua iniziativa a favore dell'umanità. Può essere credibile che certe autorità romane, da lui non precisate, gli abbiano fatto sperare nell'approvazione e nel successo. Può essere vero che, da altre parti, gli siano stati promessi appoggi poi negati. Ma il presidente del tribunale ha potuto facilmente contestare a De Cavi che il suo Banco era in situazione rovinosa già dal 1947, come risulta da lettere « indirizzate a un'alta personalità religiosa ». I denari dei clienti erano impiegati per colmare le passività delle imprese del banchiere, compresa quella del Corriere del Popolo, quotidiano del mattino. «Lei investiva denaro altrui in imprese assoluta- mente passive» gli ha conte- stato severamente 11 presidente. Poi, ancora incredulo, ha ripetuto: « De Cavi, ma lei prestò davvero fede a quelle rivelazioni? Sciolga ogni riserbo, ci dica chi le promise finanziamenti, chi le assicurò aiuti ». Poteva venir fuori un quadro vivacissimo di nascosta vita contemporanea: De Cavi ha fatto invece nomi di scarso rilievo, si è limitato a ripetere che i suol scienziati perfezionavano il farmaco di origine divina. A questo punto il Pubblico Ministero ha avuto una battuta salutare, che ha concluso il penoso discorso dell'imputato: « Come si poteva perfezionare ciò che veniva direttamente da un preteso Gesù missionario?»; Le rivelazioni tanto attese sono mancate. La storia, narrata da De Cavi è in fondo povera, anche ingenua. Giannetto De Cavi va perdendo, dì fronte ai giudici del tribunale penale, la promessa figura del rivelatore di scandali, del prestigiatore finanziario: c'è ben poco di diabolico nelle operazioni che portarono al dissesto del suo Banco e alla rovina di tanti piccoli risparmiatori. Non c'è alcuna eccezionale abilità nell'uomo che riuscì a raccogliere un miliardo e mezzo di depositi, impiegandoli in attività « scriteriate » come ha detto 11 presidente del tribunale. Purtroppo il colossale movimento di denaro fu possibile per la mancanza di un severo controllo da parte degli organi preposti dalla legge alla tutela del pubblico denaro. Mario Fazio

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