La mafia è il principale imputato nel processo per il delitto Carnevale

La mafia è il principale imputato nel processo per il delitto Carnevale Da stamane datanti alle Assise di Santa Maria Capua Vetere La mafia è il principale imputato nel processo per il delitto Carnevale Quattro persone debbono rispondere dell'uccisione del giovane sindacalista di Sciara, voluta dalla organizzazione siciliana - Le implacabili accuse della madre della vittima, giunta ieri da Palermo per assistere al dibattito DAL NOSTRO INVIATO Caserta, lunedì mattina. Questa mattina, dinanzi alle Assise di Santa Maria Capua Vetere, comincia il processo per l'uccisione compiuta dalla mafia del sindacalista Salvatore Carnevale, segretario della Camera del Lavoro e della sezione del partito socialista — entrambe da lui fondate — del comune di Sciara, un paesetto nella provincia di Palermo. Il Carnevale, un giovane di 32 anni, noto e apprezzato dalla povera gente per la sua onestà, il suo carattere Inflessibile e per la generosa passione messa al servizio dei contadini, venne massacrato a colpi di fucile il 16 maggio del '53 mentre si recava al lavoro in una cava dove faceva lo sterratore. Poiché la sua opera Intralciava 11 tristo regno della mafia, egli era stato avvisato tre volte dagli esponenti di quella organizzazione perché cessasse di svolgere la sua attività. Una sera, in una via di campagna, fu avvicinato da un uomo inviato appunto dalla mafia. E il cupo ambasciatore gli offrì un'ingente somma garantendogli che 1 sussidi a lui e a sua madre non sarebbero venuti meno «vita naturai durante »: entrambi avrebbero avuto un comodo e agiato tenore di vita. L'episodio, riportato negli atti processuali, terminò con queste parole del mafioso- «Devi però levarti dal partito e non occuparti più di problemi sindacali. Se io farai non avrai più da lavorare finché campi ». E Salvatore rispose: « Non sono carne venduta e neanche un opportunista >. Al che l'altro concluse: «Pensaci se no farai una cattiva morte ». La vicenda di Salvatore Carnevale, narrata -la Carlo Levi ne « Le parole sono pietre », è ritenuta, dopo i processi per la strage di Portella della Ginestra e per la banda Giuliano, la più clamorosa fra quelle derivate dalla particolare situazione sociale siciliana. Ciò perché, a differenza delle altre, attraverso l'episodio che l'ha casata, essa documenterà qual è ai.cora oggi nel suol vari aspetti il volto di quella occulta e potente ramificazione criminale trent'anni dopo la repressione con cui 11 prefetto Cesare Mori si illuse d'avere stroncato la secolare pianta velenosa mediante misure di polizia, senza pensare che delle sue profonde radici neanche una era stata tagliata: l'analfabetismo, la mancanza dì una vera coscienza civile, la medievale struttura economica del latifondo (il «feudo») su cui vivevano e vivono le vere milizie private non tanto dei latifondisti ma dei grandi e pochi Attuari che in pratica ne godono i frutti. L'episodio di Salvatore Carnevale va inserito nel quadro del trentadue sindacalisti uccisi su ordine della mafia nel periodo dall'aggressione di Villalba — il 16 settembre del '44 — alla fine del democristiano Pasquale Almerico, avvenuta il 25 marzo del 1957 a Camporeale. Ed un fatto è significativo: i delitti, pur compiuti in prevalenza contro elementi dei partiti di sinistra, non rispettano la stessa democrazia cri- o e a di le la ea u stlana allorché i suol esponenti si adoperano sinceramente per attuare riforme in senso democratico. Cosi fu a Glbellina (12 marzo 1948) con l'avvocato Vincenzo Campo, segretario della de di Agrigento; ad Alcamo (8 luglio 1948) allorché cadde crivellato di proiettili Leonardo Renda, segretario di quella sezione democristiana; a Trapani (10 ottobre 1949) con la morte del democristiano Nicasio Triolo; ad Alessandria della Rocca (8 marzo 1951) con l'uccisione di Eraclide Giglio della de di Agrigento; a Palma Montechiaro (14 settembre 1954) ove fu massacrato l'avvocato Aniello Montaperti, eccetera. In questi delitti, rimasti tutti impuniti, la mafia creò sempre quella cortina del silenzio che oggi i , giudici di Santa Maria Capua Vetere devono squarciare. Nel processo principale accusatrice è Francesca, madre di Salvatore Carnevale, giunta Ieri sera da Palermo. Ed è ciò che caratterizza questo dibattito dandogli il tono più umano e drammatico. Vi è stato si un giudice istruttore, vi è-nell'aula un rappresentante del Procuratore della Repubblica, siedono ai loro scanni i giudici popolari Ma chi ha veramente « istruito » la causa, che ha stanato 1 responsabili visibili (Luigi Tardibuono e Giovanni Di Bella) quali esecutori, e Giara Panzera e Antonino Mangiafridda come mandanti, è lei, la madre del giovane sindacalista as sassinato: una povera contadina analfabeta che con ferrea memoria, inesorabile logica e rigorosa documentazione, senza curarsi delle minacce palesi e occulte, ha fornito alla magistratura le prove rompendo la secolare atmosfera di omertà che sempre in Sicilia accom pagna ogni delitto. Crescenzo Guarino Francesca Serio, madre di Salvatore Carnevale, li sindacalista assassinato a Sciara, è giunta dalla Sicilia a Santa Maria Capua Vetere per assistere al processo (Telefoto)