Il maccheronico Folengo

Il maccheronico Folengo Il maccheronico Folengo Il latino si è così allontanato dalla pratica del lettore comune, che anche il maccheronico vuole ormai interpreti e traduttori. Non si parla . di quel primo e ingenuo maccheronismo di cui- restano depositari i correttori di compiti; e nemmeno di quella spesso fosca dilettazione umoristica, che cominciata coi goliardi del medio évo, continua anche o;jyi, con qualche melanconia, ira i nostri studenti (« cacciane ad matriculam apertam declara?nu%... »). Intendiamo il maccheronico d'arte, quale fondò, dietro le orme di fiacchi precursori, il mantovano Geronimo (poi Teofilo) Folengo. Il caso di questo scrittore cinquecentesco, che tanto piacque al genio critico del De Sanctis, si riaffaccia dalla versione italiana (la prima integrale) del poema eroicomico Baldus ad opera dell'insigne maccheronista Giuseppe Tonna, testé uscita, a cura* di Giampaolo Dossena, in due bei volumi illustrati dell'editore Feltrinelli. Versione fra le più coraggiose di questi anni non timidi al tradurre: perché se a rigore ogni poeta inventa.il linguaggio, non ci fu mai nessuno che spingesse tanto l'invenzione quanto il Folengo, che dal latino impastato con l'italiano, il mantovano e quante altre lingue e dialetti conobbe (florentinicum bargamascurtt tedescum sguizzarum scarpacinum spazzacaminum...), tolse, non che un divertimento verbale, la lingua dei suoi sentimenti e una ferma visione del mondo. Giovandosi di un italiano che dall'aulico al furfantino ritiene, per quanto è possibile su una corda sola, del registro maccheronico, il traduttore ha salvato il salvabile e qualcosa di più: tutta la polpa di quel glorioso pasticcio e non poco anche della crosta. Divertimento serio, il Baldo usci dal travaglio di molte redazioni e dai pensieri di un'intera vita. Oltre alla lima il Folengo, in arte maccheronica Merlin Cocai, ebbe dell'umorista la vita grave e crucciata: contro l'immagine dello sbracato vaurìen quale piacque ai Romantici, si fa oggi valere la figura, un po' misteriosa ai biografi, dell'uomo che fu frate due voi te senza perder l'anima nell'in' tervallo; dello scrittore che fra tanti lazzi profani coltivò una vena d'ispirazione religiosa. Per la critica in caccia dei perché, misteriosa è anche l'opera : quell'esplosione di forme in un secolo così rispettoso della forma anche nei suoi sribaldi ». Ma le spiegazioni che si son tentate per riportare il Folengo nella prò spettiva cinquecentesca, sono di quelle (evasione, sogno) che spiegano tutta la poesia; e la supposta « irregolarità » di lui, che pòi ai suoi luoghi è regolare e fin meccanico, va lasciata fra le fisime rettoriche. Come il Morgante, come il Qargantua di cui è ritenuto il prototipo, il Baldo e uno spettacolo di- realismo trionfante, dove « le cose son dipinte con le cose » e una luce stravagante le rapisce. Di stirpe reale, dalla principessa Baldovina e dal cavaliere Guidone, l'eroe nasce o per dir meglio scoppia nel villaggio di Cipada presso Mantova; e alle cure della madre e del contadino Berto cresce tempestoso, imbevendosi di ideali cavallereschi subito scaricati in azione. Dopo un noviziato di sassaiole mette su una compagnia di assassini e di mostri (Fracasso Cingar e Falchetto) e con quelli corre il villaggio e poi il mondo in. un tripudio di beffe canagliate avventure di terra e di mare che si concludono all'inferno, dove dentro a un'immensa zucca sono puniti, mediante estrazione di denti, poeti filosofi astrologi e quanti altri perdiamo il tempo in questa vita. Meglio che nella linea spinta un po' a caso e spezzata nel passaggio dal contadinesco al favoloso, il Baldo è da gustare nel frastaglio degli episodi e delle figure (gli sciocchi Zimbello e Tognazzo, il laido pre Jacopino, l'indiavolato Cingar), e più ancora nella lingua culinaria che li ravvolge. I libri più divertenti sono i primi, dove lqrCgrmsb l'epopea si serba paesana e i quattro compagnoni sono ancora la «gioventù bruciata » di Cipada. Merlino ha il genio dell'oggettivazione, spinto oltre là parola, fino all'onomatopca. Così un'alba e presto sbrigata : « Ecce propìnquabat giomus' lusorque matinae, Cantaratque cu cu gallus, gallinaque che che ». E a un cane basta un verso per animarsi : nEn mastinus abit contra, bau bauque frequenuit ». Non si contenta di dire che il contadino Berto è uno scapolo soddisfatto; cerca il fondo di quella condizione e scòpre una fattoria in miniatura : * Delitiae gioiaeque suae, sua gaudia tantum, Hortus erat, pegoraeque novem, septémque caprettae, Unica vacca, asinus, porcellus, gatta, galinae*. Ma quanta delicatezza e simpatia umana è poi nella Musa plebea di questo dotto frate, nelle « sue grasse Camene »! Ecco Baldovina stanca di aver, partorito quell'accidente e tuttavia affannosa di amor materno : « Sebbene sia tutta rotta nelle membra come una gerla vecchia dai cerchioni molli e discinti all'intorno, che più non legano, si leva dal letto, e cur va, aiutando con un bastone i passi affaticati, lava il bambino, lo avvolge in poveri stracci; poi ritorna a letto, si abbandona so spirando a riposare e da il latte al figliolo e ogni tanto lo bacia e non può saziare la sua felicità dolorosa di madre ed ora sfiora con le labbra gli occhi; ora la fronte, ora quel bocchino d'oro... ». Che riporta quasi perfettamente il cesello maccheronico : « ... Se levat et baculo succurrens passibus aegris Scaldat aquam, perumque lavat, strazzisque revolvit. Inde redit lecto, requiat, lactatque fiolum, Saepe basat, matrisque nescit satiare talentum Suggere nunc occhios, nunc frontem, nunc ve boch'mam ». In altre situazioni sa invece essere un fulmine, come quando lo sciocco Zambello fa la prova del coltello n che uccide e resuscita » (una burla di Cingar) sulla moglie Lena; un genere di morte che molti di noi vorremmo dare, per avvertenza, alle nostre compagne. La donna non si rialza, e abbiamo un vedovo a scoppio ritardato. La scoperta e il gusio del Folengo muovono dal famoso capitolo del De Sanctis, e ancora profittano -di quell'impeto divinatorio. Ma ligio al disegno civile della sua Storia, il critico napoletano volle soprattutto vedere nel poeta maccheronico il fustigatore del medio evo, « la risata su tutto e su tutti ». Al gusto moderno la satira dei frati e .la parodia cavalleresca, che pur vi hanno tanta parte, non sono i più grati sapori del Baldo, che respira invece nella pura osservazione maccheronica, come epopea della grossolanità in tutte le sue forme. Sotto questo rispetto il Baldo è il rovescio esatto, e altrettanto fine, del Furioso (tanto le vie della poesia sono infinite), e per la capricciosità linguistica e il gaio populismo rischia di riuscire una lettura più « attuale » che. non quella, eterna, dell'Ariosto. Leo Pestelli

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