Questi poveri mariti

Questi poveri mariti Si pretende troppo dalle nostre donne Questi poveri mariti Sul lavoro delle mogli i pareri sono discordi - Parlano l'avvocato, il medico, l'impiegato, Vassicuratore, lo statale, l'elettrotecnico, il muratore e lo spazzino - «Se mia moglie non avesse l'impiego, diventerebbe nevrastenica» • «La mia sta a casa, e io sono più tranquillo» E un altro: «Il suo stipendio è indispensabile, ma mi spiacc, perché mi trascura» Che ne pensano i mariti delle mogli che lavorano? Abbiamo svolto un'indagine in un centinaio di famiglie. Conclusione: ci sono due categorie di mariti, quelli costretti ad ammettere che lo stipendio della moglie è indispensabile al bilancio familiare, e quelli che possono da soli far fronte e. tutte le necessità. Abbiamo trovato uomini disposti a sacrificare il grado minimo di benessere raggiunto pur di tenere ls moglie a casa; altri che vedono nel suo lavoro un significato che supera il puro interesse economico. E' questo il caso di un avvocato, di un medico, di un impiegato di prima categoria. La moglie dell'avvocato e quella del medico insegnano. Una è maestra, l'altra professoressa: stipendi dalle 56 alle 75 mila lire mensili. La maestra ha due bimbe, affidate in sua assenza alle cure della nonna. La professoressa ha tre figli, e tiene una cameriera fissa. Dice l'avvocato: « Prima di sposarmi ero contrario al desiderio della mia fidanzata di continuare l'insegnamento. Oggi ho cambiato parere. Penso che soltanto con un lavoro fuori di casa la donna si sottragga al destino di diventare schiava del marito, di guardarlo come un essere a cui tutto è dovuto perché mantiene la famiglia. La mia mentalità nasce forse dal fatto di avere due figlie e di non desi derare per loro un'esistenza ristretta alle quattro mura di una casa ». Lo stesso ragionamento ci ha fatto il medico, vice-primario in un grande ospedale: « Se mia moglie non avesse la scuola, diventerebbe nevrastenica in pochi mesi > Qualche sfumatura diversa ha il parere dell'impiegato a 120 mila lire mensili. La moglie, dirigente nel commercio ne guadagna 60 mila. Hanno due figli già alti, che studiano, c A ben considerare — dice — il lavoro di mia moglie ci costa in economie non fatte, circa metà del suo stipendio. Sa un orario lungo e non può pensare alla spesa (che faccio io) né alla cucina. Acquistiamo pietanze già pronte che, si sa, costano di più. Diamo tutto da lavare e stirare in tintoria. Alla sera mia moglie è stanca. Andiamo a dormire presto e usciamo di rado. Tuttavia non consiglia alla moglie di rinunciare al posto. Dice che per lei « è fonte di soddisfazione e di forza morale ». Dei. figli ha sempre avuto cura una vecchia zia. Decisamente contrario al lavoro delle donne, un assicuratore a 95 mila lire al mese: « Mia moglie ha lavorato due anni dopo il matrimonio, resistendo alle mie pressioni. Poi ha avuto un bambino e da allora ■ ■ha rinuncitùo. W'-vero che lei sostiene di lavorare più adesso di prima, ma a conti fatti l'equilibrio economico della famiglia non ne ha risentito: E io sono più tranquillo » Anche lo statale a 60 mila lire mensili vorrebbe che sua moglie stesse a casa, pur valutando il disagio che gliene verrebbe. Lei ha un impiego in uno stabilimento chimico e guadagna più di lui: 80 mila lire. Non hanno bambini, e so Io dopo lunghe discussioni il marito ha dovuto convenire che per garantirsi un po' di agiatezza (amano i bei libri e la musica) un secondo stipendio è necessario. « La casa ne scapita però — dice scontento — e io mi sento trascurato. Ogyii tanto esco con un bottone in meno o la camicia non ben stirata. Penso che il lavoro della donna fuori cusa sia conseguenza di uno sfasamento della società. Il suo posto è a casa, il suo dovere aver cura del marito ». Marito di un'ostetrica, un perito elettrotecnico ci parla f ! 111111111111111T ! T111111111 ! 11 ! 11 [ 11111111111111M111 [ 1111 del lavoro di sua moglie come di una missione. « Certe volte arriva a casa esausta. Io l'aiuto colite posso: so fare cucina e, non per vantarmi, sono un bravo cuoco. Abbiamo un figlio solo, in collegio. Quello che mi angustia, ogni tanto, è vederla preoccupata per il suo lavoro e per me. Ma non vorrei che rinunciasse al suo compito. L'altro giorno è rientrata all'alba, aveva aiutato due gemelli a venire al mondo. I suoi occhi erano così felici che io, dopo essermi preparato un lungo discorso per persuaderla a piantare tutto, non Ito avuto coraggiodiparlare.il ! 11 r T11111111111111M ) ; 1111111111! 111111 ] 111 ! 11M T1 ! 11 ! t 11 suo guadagno non è indispensabile, abbiamo una « 1100 », ma l'adopera lei per spostarsi d'urgenza. Io me ne servo soltanto alla domenica». Un manovale, un carpentiere, uno spazzino e un vigile urbano hanno avuto le stesse espressioni per giudicare del lavoro delle loro mogli, rispettivamente bidella, donna a poste, tessitrice e rammendatrice. Citiamo il carpentiere: « Bisogna avere molta comprensione per lei, povera donna. Ma non posso fare a meno del suo lavoro. Con due bambini, quello che guadagno io non basta. Mia moglie e sempre stanca: senza aiuti in casa, senza elettrodomestici,senza svaghi, una donna si consuma e perde anche la serenità. Bisogna aver pazienza, sopportare anche gli scatti e le parole dure. Quando si lavora troppo e si guadagna poco è difficile andare d'accordo ». Tutti si sentono trascurati, e lo riconoscono con amarezza. « Cure e affetto si riversano sui figli — dice lo spazzino — per me resta poco. Ha poca voglia di far cucina, anche alla domenica. Al pomeriggio, invece di far quattro passi con me, si butta sul letto e dorme ». E allora? Chiudiamo con l'osservazione di una lettrice a «Specchio dei tempi»: «Poveri uomini, protestano sempre. Se restiamo a casa si lamentano che tutto il peso della, famiglia cade sulle loro spalle; se andiamo a lavorare, si lagnano che li trascuriamo. Come dobbiamo fare?».