II dramma del dodicenne soddisfatto del suo delitto di Nicola Adelfi

II dramma del dodicenne soddisfatto del suo delitto Ha uccìso con un coltello l'avversario del padre II dramma del dodicenne soddisfatto del suo delitto E' cresciuto in un ambiente di disordine e di violenza - Suo padre aveva accoltellato la moglie, alcuni suoi fratelli sono in prigione • I figli sono spesso come i genitori li modellano (Nostro servizio particolare] ■ Roma, 11 marzo. L'autopsia eseguita stamane sul cadavere del fornaio Ugo Fortini ha spazzato via gli ultimi dubbi: l'uomo venne ucciso la sera di domenica ad Ariccia da una coltellata vibratagli da un ragazzo di dodici anni, Palmiro Togliatto Lucidi. E' un ragazzo mingherlino, olivastro, ma non brutto; ha lunghi capelli ondulati, occhi tagliati a mandorla, lineamenti fini, regolari. E ce lo descrivono d'indole vivace, intelligente, di parlantina pronta. Niente insomma in questo ragazzo malnutrito lasciava indovinare tendenze omicide. Eppure ha ucciso un uomo giovane e forte, con un'arma che nemmeno può chiamarsi tale: con un comune temperino, di quelli che si vendono nelle cartolerie o dai tabaccai, della lunghezza di appena sei centimetri. Lo aveva acquistato quattro giorni prima del delitto e lo ha usato con una abilità diabolica: immergendolo fino al manico nel petto del Fortini all'altezza della sesta costola e spaccandogli il cuore. Quale destino aspetta il ragazzo di Ariccia è presto detto: poiché non è in età di intendere e di volere, la società 10 affiderà fino al suo ventunesimo anno a un istituto di correzione per minorenni. Ritornerà dunque libero fra nove anni, e può anche darsi che, sottratto al suo malsano ambiente familiare, riesca a trovare la via per un'esistenza ordinata, tranquilla. Nessun individuo, per quanto marcio possa egli essere, è mai irrimediabilmente irrecuperabile. Ricordiamoci che non si na-i sce delinquenti, non si ruba o uccide per una specie di maledizione che accompagnerebbe certi uomini fin dalla nascita e li renderebbe sanguinari, violenti, crudeli. E' l'ambiente soprattutto che ci fa diventare quel che siamo, buoni o cattivi, onesti o delinquenti, rispettosi della società e delle sue leSh'i oppure no. Nel caso dell'assassino dodicenne d'Ariccia, è difficile immaginare un quadro familiare più squallido e protervo del suo. Cominciamo dai genitori. Il padre si chiama Raffaele Capino, ha 48 anni, non esercita alcun mestiere, anche lui una volta affondò un coltello nelle vive carni; precisamente accoltellò la moglie e fu condannato a diversi anni di carcere. In seguito si allontanò dal suo paese, mise radici ad Ariccia e si tirò in casa una giovane del luogo, Marcella Lucidi. Ebbero insieme sei figli ai quali 11 padre non ha potuto dare il suo nome. Tutti crebbero nella violenza, nel disordine, nella più cupa immoralità. Uno dei figli, Amleto Lucidi, si tro va ora nelle carceri di Sassari per furto. Un altro figlio si chiama Rinaldo, ha 17 anni ed anche lui fu sorpreso a rubare e ora sta a Volterra, nel l'istituto di rieducazione per minorenni. Lo stesso Palmiro Togliatto, quando era ancora un bambino di appena otto an ni, era già un ladruncolo e fu sottratto alla famiglia, venne rinchiuso nella « Casa del fanciullo» di Roma. Un altro figlio Pellegrino di 16 anni, si trova nelle carceri di Genzano in attesa che sia chiarita la parte che egli ebbe nell'uccisione di Ugo Fortini, gli altri due figli, Maria Luisa e Giovanni, hanno rispettivamente sette e sei anni. Guardiamo ora un po' più da vicino Raffaele Capillo, il padre naturale della singolare nidiata. Ha un viso lungo, due occhi piccoli e pungenti, un naso a becco. Ama gli abiti appariscenti, cammina a scatti, come se ballasse, e perciò lo chiamano Zazà. Si direbbe che la violenza sia stato il suo pane quotidiano; ed era sempre pronto a gridare, a litigare, a minacciare. Le risse non lo sgomentavano, carabinieri e leggi non gli incutevano timo re. Di parola facile, si era iscritto a un partito dell'estre ma sinistra, partecipava volen tieri ai comizi, gridava dap pcrtutto il suo odio per la società. E' difficile stabilire quali fossero i suoi rapporti con i sei figli. Spesso li maltrattava, non si era curato di mandarli a scuola o di fargli imparare un mestiere; e si sarebbe detto che si inorgoglisse nel vederli crescere violenti e aspri come l'ortica. Tuttavia, se non proprio amato, era per lo meno temuto e ammirato dai suoi figlioli, perché era lesto di mano, spregiudicato, abile nell'ingannare il prossimo. I ragazzi avevano finito inconsciamente per prenderselo come modello nei loro rapporti con i coetanei. Per cui ad Ariccia i figli di Zazà erano noti per lo scarso senso morale e per lo scarsissimo attaccamento al lavoro; vivevano alla giornata, abbandonati a se stessi e col costante esempio di un padre astuto e manesco. Di meno sappiamo della ma dre, Marcella Lucidi, ma quan to basta per completare 11 quadro della famiglia. Ce la descrivono sboccata c disordinata, una istintiva che non conosce freni. La sera del delitto fu lei ad eccitare il figlio Palmiro; quando si vide davanti il Fortini, afferrò un randello e come una diavolessa lo colpi selvaggiamente al capo. Il ragazzo fece il resto col temperino. Poi, quando nell'umida, scura casupola dei Lucidi arrivarono i carabinieri, fu lui a dire con un senso di orgoglio: < Sono stato io a uccidere . Come duo vedersi da ognu¬ nsushI no, il dodicenne Palmiro è senz'altro un criminale: ha ucciso mirando al punto giusto, con freddo calcolo, e poi ha ricavato dal delitto un sentimento di soddisfazione. Non ha versato una lacrima, non ha avuto un momento di angoscia; negli interrogatori ha risposto senza esitazioni, continuando a pascersi di quel suo soddisfatto orgoglio. Ha dodici anni, ma è già un criminale adulto. Non ha nessuna delle debolezze, delle malinconie, delle dolci fantasie del ragazzi della sua età. Conosce il male e lo pratica. Quando si 6 detto questo, non riusciamo tuttavia a sottrarci a un senso di pena per quel poveretto. E al postutto j ci appare più una vittima che un assassino. Vittima dei genitori, dei fratelli maggiori, dell'ambiente. Incamminandolo appena nato sulla via del delitto, gli hanno sciupato l'infanzia e rovinato l'esistenza. Molto probabilmente, se Palmiro Togliatto avesse avuto un focolare come tutti 1 bambini di questo mondo, se avesse sentito intorno a sé alitare l'affetto tranquillo di una faI miglia premurosa ed onesta, e fosse undato a scuola o a imparare un mestiere, oggi anche lui sarebbe una creatura innocente, un buon figliolo. E mi sembra proprio qui la morale del fattaccio di Ariccia: i. nostri figli sono quasi sempre come noi, genitori, li modelliamo con i nostri sacrifici, col nostro esempio, con i nostri discorsi. Nicola Adelfi

Luoghi citati: Ariccia, Roma, Sassari, Volterra