Machiavelli ambasciatore

Machiavelli ambasciatore Machiavelli ambasciatore A volpone, volpone a mezzo: l'incontro del Machiavelli con Cesare Borgia è uno degli episodi più eccitanti della nostra storia civile; e non per nulla Somcrset Alaugham (volpe an- ch'esso, del romanzo) ne tolse [anni fa un divertente racconto. Niccolò aveva trentatré anni quando nell'ottobre del 1502 andò ambasciatore di Firenze al Duca, che raccolto a Imola come il ragno al centro della tela, si apparecchiava a divorare 1 suoi nemici. Le rimasteci delle molte lettere scambiate fra il legato e i Dieci di balìa costituiscono la Legazione al duca Valentino, che da incompleta, quale per lo più entra nelle moderne edizioni delle Opere, ci ritorna staccata, intera e ridotta alla miglior lezione, in uno dei bei volumi dell'Enciclopedia di autori classici diretta da Giorgio Colli per l'editore Boringhieri. Siamo nel laboratorio, fra i cartoni di prova del Priticìpe; nell'osservazione accidentale e diretta di un meraviglioso animale politico. iMa è curioso che a questo grande studio dal vero, il Machiavelli andasse malvolentieri e malvolentieri vi durasse. Della moglie Marietta generalmente si sa poco; ma qui ebbe paso. Sposa appena da quattro mesi, col sangue e la casa ancora in aria, le rincresceva restar sola, e quando passati otto giorni, quanti le cran stati promessi, vide che Niccolò non tornava, ogni mattina era in Cancelleria a chieder di lui, a protestare, a seccarne gli amici. Con la stessa semplicità democratica le mogli degli ambasciatori erano allora lasciate a casa e nel medesimo tempo libere di strepitare in alto loco. «Ella fa mille pazzie.... sicché ritornate in nome del diavolo.... »; « Monna Marietta riniega Iddio, e parie aver gettato, via la carne sua e la roba insieme.... ». Così l'amico Buondclmonti, con cui il Machiavelli sfogava a sua volta il malumore in lamenti, epigrammi e richieste di un Plutarco. Non ch'egli mancasse, alla grande occasione, e che come ambasciatore e diplomatico ripeta la stessa figura imbarazzata che fece come ordinatore di milizie, secondo l'aneddoto fa' moso. Anzi l'acume diligente con cui le sue lettere registrano, durante tre mesi, i minimi movimenti, esterni e interni, del Valentino, provano che la scelta dei Dicci era stata eccellente. Ma non si sente troppo, in questo gran quadro anatomico, la gioia di eseguirlo, la simpatia col soggetto. L'idealizzazione del Valentino non comincia da qui, dove il brigante, non ancora pensato allo scrittoio, è colto sull'atto, provandone il Machiavelli un certo fastidio tra morale (secondo l'onesto Villari) e tecnico. E certo tra le favole dcll'antimachiavcllismo nessuna è più favola di quella che dipinge quest'ambasceria come un incontro tra maestro e allievo: Machiavelli che si apparta con Cesare Borgia e gli tiene un corso accelerato di perfidie politiche. La commissione era difficile. Importava al Duca, sorpreso dalla ribellione dei Vitelli e degli Orsini, assicurarsi in fretta l'amicizia di Firenze; importava a Firenze prendere tempo, tanto che si dichiarasse la volontà di Francia, fondamento della sua politica. Onde una gara tra chi voleva fatti e chi non poteva dare che parole; la quale produce il suspense di questo singolare documento politico. Lo ambasciatore tiene il posto con bravura; ma quando scrive a Firenze è angustiato querulo impaziente di farla finita. Una volta che ha perso qualche colpo: «Le SS.VV. mi abbino per scusato, e pensino che le cose non s'indovinano, e intendano che si ha a fare qui con un principe che si governa da se, e chi non vuole scrivere ghiribizzi e sogni, bisogna che riscontri le cose, e nel riscontrarle va tempo, e io m'ingegno di spenderlo e non lo gittarc via. » E quello che in altra sede machiavellica sarebbe precetto, qui è quasi un sospiro di funzionario in difficoltà: «....perché in questa Corte tutto si governa con segreto mirabile, e le cose che sono da tacere non si dicono mai. » Cade anche nell'errore di tutti gli « inviati speciali », di non vedere che il proprio «servizio » e volere per esso tutto lo spazio possibile. Ma da Firenze il savio sebben mediocre Sodcrini sapeva come bisognava impaginare. Così lontana da intenzioni letterarie, senza una nota descrittiva né un baffo di colore, scabra e ferrigna, la Legazione c una grande scrittura politica, un modello di carteggio diplomatico ( perché scrivono bene anche i Dieci e lo stesso Gonfaloniere, sempre a piombo sulle cose). E il gusto che possono a noi dare queste lettere che andavano e venivano mediante i cavallari Baccino Zcnino Iacopino e altri, è gusto di terra e di poesia Dalk prime battute, quando il Machiavelli ancora « cavalchcrcccio» si presenta al Duca, allo scioglimento della commedia, quando il ragno finalmente scatta su Sinigaglia e la sua politica diventa chiara, il formidabile uomo si distende e s'impone. Non è nemmeno disegno; ma presenza, e se si potesse dire, aria. Per intontire l'avversario talvolta non si fa vedere per molti giorni; ma eccolo lo stesso nel segretario Agabito o in quei cortigiani che s'affacciano a ricordare all'inconcludente ambasciatore « che chi aspetta tempo e hallo, cerca miglior pane che di grano. » E la sua pazienza d'orientale! « Sua Signoria mi stava ad ascoltare volentieri, né fece segno di alterazione alcuna; e, parlato che io ebbi, lui mi disse: Ecco qui non si stringe nulla, e, come ti dissi l'ultima volta, si ha a fare fra noi un'amicizia o generale, o particolare. » Pare Esopo. Ma i suoi dispiaceri li ha anche lui; ombre mal dissimulate su quel volto inesorabile, dalle quali Firenze può prendere speranza « che questo Duca si cominci avvezzare ad tenersi delle voglie, e che conosca come la fortuna non licne dà tutte vinte....» Ancora la concretezza della parola è la lezione letteraria che si toglie da quest'antica scrittura d'ufficio. Come si possa scrivere anche di politica con la lingua della commedia e della novella, la lingua fantastica, la sola reale. Come per questa via possano prender sangue persino le « lèttere di dimissioni », il più smorto dei generi. « Talché, computata ogni cosa, desidero assai aver licenza ilallc vostre Signorie perché, oltre al vedere di non poter fare cosa utile a codesta città, vengo in mala disposizione di corpo; e due dì fa ebbi una gran febbre, e tuttavia mi sento chioccicelo. Di poi le cose mie non hanno costì chi le rivegga, e perdo in più modi: sicché, computati! omnibus, non credo che vostre Signorie me ne abbiano a scontentare. » Ma la Repubblica non si lasciò com muovere da quel « chiocciccio » e soltanto nel gennaio del 1503 il Machiavelli, cambiato con un altro ambasciatore, fu restituito alla Cancelleria e alla moglie Marietta. Leo Pestelli lllllllllllllllllllltlllllllllllllimilllllllllll III

Luoghi citati: Firenze, Francia, Imola