Al Doria: L'ultimo urrà, di John Ford

Al Doria: L'ultimo urrà, di John Ford SULLO SCHERMO Al Doria: L'ultimo urrà, di John Ford La galleria fordiana si è arricchita di un'altra bella figura: questo sindaco Skeffìngtonche riempie ' di sé L'ultimo urrà («The last urrah »), tratto da un romanzo di Edwln O' Connor. Anche se ambienti ed episodi in cui il ritratto si accampa non sono del più vivo interesse per lo spettatore europeo — campagna elettorale per la nomina a sindaco, in una città degli Stati Uniti — il vecchio Ford, maestro della regìa anche quando non s'impegni troppo, ha saputo toglierne un film frizzante e piacevolissimo. . Frank Skeffìngton si appresta a difendere la carica di primo cittadino dagli assalti di nuovi e temibili avversari. Irlandese, ha il senso della competizione nel sangue; avvezzo ai trionfi, con la superiorità che gli viene dall'esperienza e da una lunga pratica degli uomini, non dubita, o finge di non dubitare, di essere rieletto. Il personaggio, affidato a uno splendido Spencer Tracy, ci conquista subito per umana comunicativa; e non importa niente se lo vediamo ricorrere a mezzi poco scrupolosi per conservarsi il favore della cittadinanza. Anzi dàlie sue trovate di vecchio politicante (si veda l'episodio del funerale che si cambia in comizio) il film deriva quella vena di bonario umorismo, di cordiale indulgenza, che caratterizza altri film irlandesi di Ford (basti ricordare « Un uomo tranquillo»), dove il bene e il male degli uomini sono impastati in modo che non si potrebbero dividere. Il quadro delle camorrette elettorali d'America è qui tanto sapido quanto clemente. Ma con tutta la sua demagogia e la sua scaltrezza, Skeffìngton esce battuto; il più burattino dei suoi competitori, appunto perché manovrabile da abili politicanti, ha avuto la meglio. Il nostro uomo però non perde il buon umore né la fiducia dell'avvenire; rianima gli abbattutissimi collaboratori, scoraggia i trionfanti avversari, con nuovi propositi battaglieri. Sa perdere. Ma non sa sopravvivere. Una sin- cope ce lo rapisce, dopo una lunga, e un po' allungata agonìa, durante la quale quel forte carattere scintilla ancora d'arguzia. Diretto con mano leggera, il film non esprime la satira che avrebbe potuto; e dall'umorismo al patetico compie un salto un po' facile. Ma anche nella 'convenzione Ford sta da par suo; smontandola con estri marginali, con alzate aneddotiche che finiscono col farla dimenticare. E il ritratto, aiutato dalla bravura dell'attore, è vivo; e il coretto di caratteristi che lo circondano (Pat O' Brlen, Donald Crisp, Basii Rathbone e altri), di primissima scelta. J_ p_ All'Astor: Soledad, di M. Cra- veri e E. Gras Presentato, fuori concorso, all'ultima Mostra di Venezia, Soledad deluse un poco coloro che da Mario Craverl ed Enrico Gras si aspettavano un film all'altezza dell'Impero del sole. Lasciò perplessi la non riuscita fusione fra l'elemento narrativo e quello documentario che il Craveri e il Gras avevano tentato raccogliendo intorno a una storia d'amore tutte le suggestioni del paesaggio e del folklore andaluso. Fu evidente, e ancor oggi è questa la maggior riserva, che la vicenda era solo un pretesto per legare le diverse sequenze. Tanto valeva allora limitarsi, se pure si tratta di un limite, al vero e proprio documentario. La storia è davvero labile: Manuel e Soledad si amano sin da bambini, ma la ragazza è costretta dai genitori a sposare un uomo ricco. Manuel, per dimenticarla, va di villaggio in villaggio a vendere pizzi e mantiglie, trova una sincera amicizia nel vagabondo Paco, conosce altre ragazze, una delle quali è sul punto di sposare, ma tutto è inutile. Il pensiero di Soledad lo perseguita, corre a rivederla e la trova abbandonata dal marito di cui non si hanno 'più notizie. Più tardi, dopo lunghe ricerche, si verrà a sapere che l'uomo è morto e la giovane vedova potrà finalmente riunirsi al suo Manuel. Se il film nel suo insieme risente dell'errore d'impostazione cui si accennava, non manca tuttavia di buone pagine. I suoi pregi vanno cercati frammento per frammento, talvolta in poche, o in una sola inquadratura. So-io illustrate con magnificenza di colori usanze davvero curioso, come la festa di Sant'Agat.-, durante la quale le donne prendono per un giorno il pesto degli uomini, una romantica serenata a cavallo, una veglia di nozze che ha il sapore di una veglia funebre; oppure tradizioni più note come la corrida per le strade di un villaggio. Una fotografia, manco a dirlo, splendida. Tutto sommato, nonostante la regia non abbia saputo o potuto trarre partito da attori in verità non eccelsi (Fernando Fernan Gomez, German Cobos e Pilar Cansino), uno spettacolo scintillante, pittoresco e singolare.

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