Al malato senza speranza si deve confessare la verità?

Al malato senza speranza si deve confessare la verità? II caso di Foster Dulles ripropone un angoscioso problema Al malato senza speranza si deve confessare la verità? Le risposte di 4 clinici torinesi • Prof. A. M, Dogiiotti: "In alcuni casi mi sembra opportuno informare il paziente sulle sue condizioni,, - Prof. Bastai: "Occorre regolarsi caso per caso,,-Prof. Biancalana; "Penso che non si debbano demolire le illusioni offerte dalla natura,, • Prof. Beretta: "In linea generale non credo conveniente svelare la realtà,, La decisione del medico curante di rivelare subito a Poster Dulles la gravità della sua malattia, ha poato l'opinione pubblica dinanzi ad un drammatico interrogativo. Il medico ha il diritto, o il dovere, di informare il paziente della irreparabile gravità del suo male? Non tutti gli individui posseggono la forza d'animo e la fermezza spirituale dello statista americano che ha destato ammirazione per la serena gravità con cui ha ascoltato la prognosi infausta. Conoscere con certezza quasi assoluta l'approssimarsi dell'attimo che segnerà ia nostra fine può essere fonte di angoscia, ma vi sono casi in cui l'ammalato deve sapere la verità; fa parte della nostra condizione umana anche l'obbligo di spendere fino all'ultimo quell'energia vitale che ha la sua ragion d'essere perché esaltata dalla società in cui operiamo. Non è soltanto la salda concezione cristiana a rendere Foster Dulles fermo dinanzi alla certezza del suo male inguaribile, è anche la convinzione di agire da uomo, cosciente dei suoi doveri. Tuttavia sgomenta il pensiero che un individuo possa soffrire spiritualmente ancor più che fisicamente conoscendo la irreparabile gravità del suo male, non tutti possono essere Socrate e filosofare in attesa della fine. Affrontando questo problema angoscioso abbiamo interrogato quattro illustri medici torinesi, ed essi hanno risposto secondo la loro coscienza di uomini ancor prima che di scienziati. Le tre domande erano le seguenti: 1) In linea generale, ritiene opportuno rivelare al paziente che il suo male è inguaribile ? 2) In quali circostanze ritiene opportuno rivelarlo e quali sono le reazioni degli ammalati? 3) A quali categorie sociali, ed a quale dei due sessi, reputa più opportuno rivelare la incurabilità del male? I medici hanno così risposto : Prol. ACHILLE MARIO DOGLIOTTI, direttore della Clinica chirurgica generale. In casi particolari, ritengo.) si abbia il dovere di informare l'ammalato sulle sue condizioni. Ciò dipende dalla psicologia dell'ammalato stesso e dalla sua condizione sociale. Vi sono individui che hanno grandi responsabilità sociali, o politiche, ì quali devono provvedere in tempo a regolare ciò che abbandoneranno. La responsabilità ed il buon senso consigliano il medico a dire tutta intera, od a velare, la verità all'ammalato. In ogni caso è doveroso svelarla intera ai familiari. II medico che conosce a fondo la psicologia del suo paziente sa trovare la via giusta per non provocare traumi psichici in colui al quale ha deciso di dire la verità. Di solito, coloro cui ritengo di poter riferire la mia diagnosi, dopo una momentanea depressione psichica ritornano sereni e si dimostrano grati per la fiducia che ho riposto in loro. Gli ammalati che appartengono a classi sociali con maggiori responsabilità si rendono conto più facilmente che la morte è un avvenimento che si sconta durante la vita e dimostrano maggior forza d'animo. L'atteggiamento dell'uomo di fronte alla morte è condizionato dalla maggiore o minore emotività dell'individuo. Prof. PIO BASTAI, dell'Università di Torino. Non è possibile dare una risposta recisa. Occorre regolarsi caso per caso. Qualche volta però è opportuno dire almeno quanto basta per indurre l'ammalato a prendere o lasciar prendere quei provvedimenti che possono riuscirgli vantaggiosi. Si tratta soprattutto di problemi d'umanità, estremamente difficili da illustrare anche ds. una cattedra, perché la reattività degli ammalati varia enormemente e richiede d«i parte del medico un dosaggio di espressioni assai più delicato di quello dei medicamenti. Esistono inoltre situazioni familiari che non possono esser trascurate se si vuol illuminare il paziente sul suo avvenire, e dargli modo di provvedere adeguatamente anche nei riguardi dei parenti Il modo di trattare con gli ammalati dal punto di vista umano, è più difficile della diagnostica e della terapia or dinarie, e purtroppo non si può insegnare II medico deve sapere e sentire ciò che ha da dire, e trovare il modo di dir lo con senso di umanità, ma con la necessaria obiettività. Dlol'teslaptdsssti svnarmcrvpipartqfttrnsRcsgmdsCcnntcAdszPeslsmpgegtrzspigqrsplcspdmdtsprtftapraamtucclsmptmnumcdbitgt1gcgpvlclangueszs Prof. LUIGI BIANCALANA, Direttore dell'Istituto di patologia speciale chirurgica dell'Università. Se esiste la possibilità d'istituire una terapia che, pur non essendo risolutiva, possa costituire un prolungamento della vita, sono del parere che il paziente sia edotto, anche contro l'atteggiamento negativo dei familiari, della gravità del suo male, in modo che. sia lui stesso a poter decidere della sua sorto. Di fronte invece all'intrattabilità d'una lesione con tutti i mezzi a nostra conoscenza, sono del parere che non convenga demolire quelle illusio ni che la natura stessa porta al malato. E' vivo nella mia mente il ricordo di colleghi chirurghi e medici che, colpiti da mali incurabili, con sintomi così chiari da non poter essere equivocati da nessun sanitario, per proprio conto suggerivano ipotesi diagnostiche o diagnosi a loro favorevoli. Mi sembrerebbe quasi di fare atto contro natura il voler togliere questa illusione, che rende forse meno tragico il momento del trapasso. In questo mio comportamento verso gli ammalati, naturalmente non faccio distinzione di sesso o di categorie sociali. Prof. ALESSANDRO BERETTA, direttore della Clinica di patologia medica. In linea generale non mi sembra conveniente, per ragioni di natura etica oltreché medica, informare l'ammalato della gravità irreparabile del suo male. Tuttavia potrei fare I I j ijeccezione di fronte ad una per- j sona di elevata spiritualità per ■ la quale la certezza della prossima fine può esaltare ulteriormente quei valori, anziché deprimerli. Nella generalità degli individui, invece, sapere di essere affetti da un male inguaribile può provocare gravi traumi psichici. Può essere però opportuno rivelare al paziente la gravità del suo male, senza dirgli che è inguaribile, per ottenere il suo consenso a importanti interventi chirurgici, o per indurlo a prendere quei provvedimenti di carattere familiare o sociale che la sua situazione impone. Se il primo compito del medico è di lenire le sofferenze non è facilmente raffigurabile l'occasione in cui esista un motivo psicologico, etico oltre che medico, che renda opportuno comunicare, e da parte del medico stesso, una sentenza fatale all'ammalato, al quale bisogna sempre lasciare una sia pur remota speranza di guarigione. Diverso deve essere il contegno del medico di fronte ai familiari, i quali hanno diritto a conoscere la verità. In alcuni casi può essere compito più appropriato a un familiare, o a persona molto vicina aJla famiglia, e ohe goda di alto prestigio spirituale, informare nel modo più conveniente l'ammalato. Di fronte ad una situazione così drammatica è arduo dire chi sopporta con maggior stoicismo la rivelazione di una prognosi infausta. Ritengo possano trovarsi meglio preparati gli individui più dotati di valori intellettuali o morali.

Persone citate: Alessandro Beretta, Beretta, Biancalana, Foster Dulles, Luigi Biancalana, Socrate

Luoghi citati: Poster Dulles