Le massaie argentine mobilitate contro l'inflazione di Piero Martinotti

Le massaie argentine mobilitate contro l'inflazione Imposto un severo programma di austerità Le massaie argentine mobilitate contro l'inflazione Devono «risparmiare anche il centesimo» -- Come si è giunti al crollo della moneta - Il presidente Frondizi deciso a risanare l'economia del Paese - Stroncati tentativi di rivolta « Ventiquattro mesi di astinenza e poi la prosperità » ha promesso il presidente argentino Frondizi annunciando, alla fine di gennaio, il suo piano per una severa limitazione dei consumi. In prima linea sono chiamate le massaie « cui incombe il difficile compito di misurare il centesimo ». La prospettiva della lunga quaresima ha esasperato le fazioni più intolleranti (peronisti e comunisti) che sono scese in piazza minacciando la rivoluzione. Ma il governo non ha ceduto ed ora il clima di austerità sta calando lentamente sul paese. E' l'unica via che rimaneva all'Argentina per evi tare il fallimento. Frondizi salendo alla presidenza nel maggio scorso aveva trovato una situazione disastrosa. La passata dittatura, per favorire suoi « descamisados » aveva paurosamente impoverito il paese. Durante la seconda .guerra mondiale, con i larghi profitti delle esportazioni, Perón aveva potuto far fronte ai suoi impegni « sociali » ed affrettare un piano di industrializzazione: ma la caduta dei prezzi alla fine del conflitto, lo privò dei facili guadagni. Il generale impose allora ai proprietari terrieri di cedere allo Stato carne e grano a basso costo perché il governo potesse continuare ad usufruire di cospicui guadagni rivendendo i prodotti all'estero. Gli allevatori diminuirono la produzione, i raccolti si fecero più scarsi e Perón cominciò ad intaccare le riserve. Quando il regime crollò, nel '55, la stabilità monetaria era già profondamente compromessa. Il governo provvisorio che segui non ebbe la forza di opporre rimedi efficaci al progressivo slittamento del peso ed il nuovo presidente eletto si trovò a dover fronteggiare una onda inflazioni stica che sembrava inarre' stabile. Il peso che nel gennaio del '58 era a quota 39 (cioè occorrevano 39 pesos per acquistare un dollaro), alla fi' ne di agosto era a 48 ed ai primi di settembre a 54. Un giustificabile fenomeno psicologico aveva diffuso, tra i piccoli risparmiatori la «febbre del dollaro » provocando la ricerca affannosa di va luta pregiata. Molti monetizzavano persino gli oggetti di casa al monte pegni. La drammatica corsa tra prezzi e salari costrinse il nuovo governo ad aumentare del 60 per cento le paghe. La circolazione passò da 53 miliardi a 60. Alla fine di ottobre il peso toccò quota 80 e, dopo giornate d'ansia, ripiegò su 75. H costo della vita era raddoppiato. Frondizi decise allora di affrontare il male alle radici. I 75 milioni di dollari prestati dal Fondo monetario internazioniade costituivano solo un palliativo; occorrevano ingenti capitali per lo sfruttamento dei petroli e per completare il programma di industrializzazione. Ma contro l'azione del governo che stava trattando investimenti americani per 800 milioni di dollari nella coltivazione dei ricchi giacimenti di Mendoza, si sollevò la piazza. Il nazionalismo esasperato dei nostalgici peronisti (che trovano sempre al loro fianco i comunisti) considerava^ « umiliante » il ricòrso al capitale straniero. I lavoratori dell'ente nazionale petroli l'il novembre proclamarono lo sciopero generale e solo la ferma volontà di Frondizi, che rispose con lo stato d'assedio, potè evitare- il peggio. Questo oriundo italiano, sobrio, che può resistere e discutere per 40 ore di seguito con qualche tazza di caffè, ha dimostrato di saper affrontare l'impopolarità con la serena coscienza di fare il bene del paese. Contro la demagogia di chi è rimasto fedele al mito di Evita « fata bionda » dei sindacati, Frondizi oppone la dura necessità della rinuncia. La stabilità economica è indispensabile; senza gl'investimenti stranieri il paese non può valorizzare le sue risorse. Con il nuovo anno, il Presidente ha abrogato quasi tutte le sovvenzioni statali che colmavano i deficit dei servizi pubblici, ridotto le spese pubbliche, imposto dure restrizioni al credito. Abolito il cambio ufficiale, che era ancora di 18 pesos, le trattazioni si svolgono ora al cambio libero di 65-70 pesos per un dollaro. Si sono inaspriti tutti i gravami fiscali: le imposte sulle esportazioni vanno dal 10 al 20 per cento dell'intero valore; sulle importazioni giungono fino al 300 per cento se si tratta di generi di lusso. Ne deriverà una diminuzione del tenore di vita degli argentini, ma non c'era al-| tra scelta. Mentre Frondizi, il 18 gennaio, saliva in aereo per recarsi in visita ufficiale a Washington, dimostrazioni per le strade contro l'aumento dei prezzi turbavano gravemente il paese. Il Presidente non esitò a partire; voleva dimostrare che lo Stato era in grado di difendere le sue istituzioni. Negli incontri che ebbe alla Casa Bianca, Frondizi ha gettato le basi di una più intima cooperazione con l'Occidente. Pochi giorni prima del suo arrivo, il rapporto di Milton Eisenhower, fratello di Ike, aveva illustrato, dopo una lunga inchiesta, le vitali necessità dell'America latina. Dopo il festoso saluto di New York, con la piog¬ ■HiiiliiiiiiiHiMiiiiiiiiiiiiiiijijiMH gia di coriandoli, giornate dure attendono Frondizi. Ma se riuscirà a superare la prova, l'esempio dell'Argentina potrà dischiudere un'era nuova per tutti i 200 milioni di sudamericani. Piero Martinotti

Persone citate: Mendoza, Milton Eisenhower

Luoghi citati: America, Argentina, New York, Washington