Un poeta dell'officina

Un poeta dell'officina Morì tragicamente a Torino collaudando un motore a razzo Un poeta dell'officina Giorgio Cicogna, giovane ex-ufficiale di marina, era inventore e scrittore - Le sue ricerche in campo aeronautico L'dnno alla matematica» Il tremendo scoppio nell'agosto 1932 in cui perì con altre tre persone Il 3 agosto del 1932, in una officina di corso Verona, a Torino, un'esplosione uccideva quattro persone e altre ne feriva. Ciò avvenne durante una prova su un elemento di motore a razzo per aeronautica, ideato da Giorgio Cicogna, un giovane ex-ufficiale di marina, già distintosi per altre invenzioni: come uno scandaglio acustico e un segnalatore di rotta. Allo studio di questo motore egli s'era dedicato con entusiasmo, trovando dei finanziatori e spendendovi del suo. I futuri progressi dell'aviazione — si pensava in quegli anni — e cioè la possibilità di voli più alti e veloci, e magari di tentar lontanissimi spazi, andavano cercati nella sostituzione dell'elìca con un principio tutto nuovo. Il Cicogna aveva progettato prima costruito poi (in segretezza, perché era materia gelosa, e si voleva arrivar prima e meglio dei concorrenti stranieri) un esemplare quasi definitivo Alcune prove preliminari erano riuscite incoraggianti. Si trattava di un motore a razzo, con propellente liquido, una potente miscela di benzina e ossigeno liquefatto; una miscela funesta che aveva provocato sciagure anche in Germania, Francia, Stati Uniti (ma appunto la segretezza di quelle prove impedì che se ne traessero i dovuti insegnamenti); la miscela infatti è instabile e sovente detona da sé, anche in assenza di apparente innesco. Ciò avvenne appunto, in quel giorno d'agosto, nell'officina torinese L'inventore ebbe una grossa scheggia confitta in petto, e mori sul colpo. Ci dà occasione di ricordare questo pietoso episodio la recente ripubblicazione in un volume unico di due opere di Giorgio Cicogna (Canti per i nostri giorni, 1 ciechi e le stelle, L'Eroica editrice, Milano 1959, con scrìtti a guisa di prefazione di Guglielmo Marconi, Francesco Orestano, Giorgio Rabbeno). Difatti, circostanza non comune, questo ufficiale di marina, ingegnere e inventore fu anche scrittore; e in questo volume appunto sono raccolti suoi versi e prose. Migliori i primi che le seconde, a nostro profano giudizio, anche se un po' ansimanti di eloquenza e di enfasi, e grevi a volte di cercate significazioni profonde; ma qua e là lampeggiano gruppetti di versi limpidi, vivaci, godibili. Con una curiosità particolare noi siamo andati a cercare, tra queste liriche, i documenti della vocazione tecnica e scientifica del Cicogna. Ci siamo perciò fermati sull'Inno alla Matematica, e sul successivo ed eccellente Inno all'officina. Questo bisogna forse essere meccanici o ingegneri per apprezzarlo quanto merita. Le macchine furono, se non andiamo errati, un tema caro ai futuristi che furoreggiavano in quegli anni. L'autore di questo Inno si distingue da quella schiera perché le macchine le conosceva per davvero, a una a una e nelle loro parti e non solo per il generico sferragliare. Ci sìa lecito citare almeno un passo, non perché migliore di altri, ma per dare un esempio di esatta e nitida descrizione: della fresa si parla: < Silenziosa sorella — del garrulo tornio, la lenta — fresa ricama e consuma — L'acme del duri spigoli, senza impeto — rode nel vivo; e fa splendere 11 concavo — scavo d'intersecate ormo - Il trapano, il tornio, la mola, le cesoie, gli alberi di trasmissione, le cinghie; insomma i personaggi principali dell'officina tutti hanno dedicato Il loro prezioso mannello di versi c Questo — dice 11 Cicogna - è pane per la mia fame » . Nei racconti, cui è dedicata la seconda parte del volume, è chiaro l'intento dell'Autore di uscir fuori dai temi consueti della narrativa, per avvicinare il lettore alla nuovissima scienza. Dobbiamo dire che, ancorché frutto di interessi genuini, questi temi non riescono convincenti. Non è colpa o insufficienza specifica del Cicogna Altre volte abbiamo potuto accorgerci che la narrativa, quando pretende trarre argomento dalla scienza, e soprattutto da quella più recente, dà nel generico, nell'approssimativo; e il lettore difficilmente riesce a stabilire un legame di interesse con la pagina scrìtta. Ben è vero che la nuovissima scienza, rivelando incredibili verità, facendo intravvédere altre infinità nel grande, nel piccolo, nel div rso, e per così dire abbattendo le barriere dell'impossibile, sembra avere profuso dovizia di materia nuova anche a benefizio di scrittori e poeti. Eppure fino ad oggi nessun poeta o scrittore ha saputo far sua questa materia. Ci sembra di ' intuire la ragione di ciò (ma non ne siamo affatto sicuri): ed è che la scienza ci suggestiona perché le incredibili cose che ci porge sono vere, incredibili eppur reali. Mentre manca alla finzione letteraria (come dice il suo nome) proprio questa dote: di essere vera Perciò quando il narratore viene a parlar di scienza, qualche cosa suona falso. Raccontateci perciò — o signori narratori — storie di uomini e di umane passioni: finché non nasca tra di voi un gènio capace di rendere umana quella scienza, che va cercando i suoi oggetti fuor dell'umana misura. Didimo

Persone citate: Francesco Orestano, Giorgio Cicogna, Giorgio Rabbeno, Guglielmo Marconi

Luoghi citati: Francia, Germania, Milano, Stati Uniti, Torino