La lunga fatica dei cocktails

La lunga fatica dei cocktails SCOMODI RICEVIMENTI A SFONDO PUBBLICITARIO La lunga fatica dei cocktails Tutti parlano, e non dicono nulla - Perduta l'arte della conversazione, e il gusto umanistico degli amabili scambi di idee - Incontri lampo con questo e quello : l'importante è avvicinare molta gente, farai vedere, dimostrare che si appartiene al giro delle persone che contano - Tartine, salatini, patatine fritte, intrugli alcoolici, champagne gelido, sono altrettanti subdoli attacchi al fegato, aggiungono una sfumatura avvelenata a queste cerimonie moderne (Nostro servizio particolare) Milano, gennaio Una delle attività, più affaticanti dei milanesi che coltivano le relazioni sociali, è rappresentata dalla voga dei cocktails. Alludo ai grandi cocktails fiorentissimi nella stagione fredda, citi sogliono partecipare da un minimo di trenta fino a cento, centocinquanta persone. Al contrario di quanto molti credono, essi non costituiscono un piacevole svago: sono piuttosto un esempio di lavoro serale, spesso più faticoso di quello diurno cui si aggiunge per soprammercato. Rappresentano, insomma, un lavoro straordinario di tipo mondano. Vale forse la pena di tratteggiare brevemente un aspetto non trascurabile,della vita dx una grande città, anche perdite riflette abitudini sociali comuni al nostro tempo. La voga dei cocktails, che a Milano si affermò negli anni successivi alla guerra, è di importazione americana come 1 juke-boxes, i grattacieli, i supermarkets, e serve a fornire un'occasione di avvicinamento a piccole folle di gente che le grandi distarne urbane e gli assidui impegni del lavoro tenderebbero a mantenerli divise. Si tratta, dunque, di una istituzione che avrebbe un fondamento lodevole. Negli Stati Uniti i cocktails, solitamente, si svolgono secondo un orario fisso che tutti rispettano scrupolosamente, dalle sei e mezzo alle otto di sera, occupando il tempo che va dalla fine del lavoro all'ora di cena. Si promuovono, quasi sempre, per un mo~. tivo ben determinato, solitamente quello di avvicinare personaggi rappresentativi della politica, degli affari, dell'arte, della scienza, al maggior numero di persone che hanno interesse a conoscerli personalmente, e magari a provocare incontri più approfonditi. Il cospicuo affollamento dei cocktails si lega anche ad un altro motivo di piacevole significato: sta ad indicare che lo strato superiore di una società è tutt'altro che una ristretta e chiusa élite di notabili. Quando il circolo delle relazioni sociali ha un vasto raggio, non si possono mantenere frequenti contatti col sistema degli inviti a piccoli gruppi di amici. Ecco perché i grandi cocktails americani costituiscono, per dire così, un fenomeno dì mondanità di sapore democratico. Se hanno lati apprezzabili, tuttavia, essi presentano un gran numero di inconvenienti; sono piuttosto faticosi, confusi, e molto spesso si risolvono in un gran frastuono con pochissimo costrutto sociale. Bisogna riconoscere che a Milano, come del resto in altri grandi centri italiani, l'uso dei cocktails si è radicato con varianti che lo rendono anche più pesante del modello originario. Obbligando gli ospiti a reggersi in piedi essi devono essere rapidi; stanno ai ricevimenti classici come il bar sta al caffè di vecchio e comodo stampo. Gli americani lo hanno capito e rispettano rigorosamente gli orari. Arrivando \n Italia, è avvenuto però che il ricevimento tipico di una società puntuale, frettolosa e meno discorsiva della nostra, qual è il cocktail, si sia allungato come un elastico. Comincia dopo, verso le sette e mezzo, perché gli uomini finiscono di lavorare più tardi, e tende a prolungarsi indefinitamente nella sera. L'indole conversevole degli italiani si allea ad una tendenza salutista, oggi alla moda, che induce moltissimi a cogliere le occasioni favorevoli per disertare la tavola, e per dare una tregua al fegato. Senonché i rinfreschi che si accompagnano all'uso dei cocktails sembrano studiati apposta per tormentare scientificamente il fegato e lo stomaco, essi comprendono infatti un campionario micidiale di tartine, di salatini, di olive, di patatine fritte, di intrugli alcoolici, di champagne gelido, i "quali, anche'se presi a piccole dosi, possono mettere fuori combattimento un organismo dei più robusti. Durante i cocktails, tuttavia, tutti tendono piuttosto alle dosi abbondanti, e ciò per effetto di una componente di carattere psicologico. Alla fatica di reggersi vn piedi per molte ore consecutive, infatti, si aggiunge lo sforzo nervoso di figurare bene, di spiegare un atteggiamento disinvolto, senza timidezze. Si beve, si mangia, si fuma per darsi un tono, per acquistare sicurezza, per difesa. Durante » cocktails impera un codice di piccoli segreti che tutti si sforzano di osservare, e specialmente i meno disinvolti. E' importante, per motivi di prestigio, evitare il portamento smarrito, non restare tagliati fuori negli angoli morti, non rimanere aggrappati, come ad altrettanti salvagente, ai primi ospiti che si dimostrano affabili. Benché si svolga nel più alto fragore vocale, il vero scopo del cocktail non è quello di parlare, ma quello di farsi notare dal maggior numero di presenti. Ciò impone una tecnica piuttosto acrobatica, che consiste nell'abbordare a catena più ospiti possibili, per disfarsene rapidamente alla minima occasione favorevole. Grazie a una simile tecnica di successivi contatti lampo, i cocktails risultano, molto spesso, un insieme numeroso di persone le quali parlano moltissimo senza dire assolutamente nulla di interessante. A pensarci bene sono ricevimenti che, in un certo senso, vengono meno al lodevole compito che si prefiggo no, che è quello di mettere in comunicazione un gran numero di persone piuttosto affini, e promuovere l'allargamento delle relazioni. Quan¬ do, infatti, si mira ad avvicinare stuoli di gente in una volta sola, si finisce per non incontrare nessuno. Il fatto singolare è che quasi tutti coloro che normalmente partecipano al giro dei grandi cocktails ambrosiani, se ne lamentano o affettano di lamentarsene. Gh uomini perché devono sobbarcarsi il peso d'una fatica non lieve dopo una giornata di lavoro, le donne perché sono costrette a rinnovare troppo rapidamente il guardaroba. I cocktails, tuttavia, fioriscono sempre più, anzi tendono ad inoltrarsi sempre di più nella notte. Agli ospiti che da alcune ore si reggono in piedi, si offre una cena, sempre in piedi, che impone ai più il difficile equilibrismo di reggere dei piatti senza l'ausilio d'un comodo punto d'appoggio. Solo in pochi casi la abilità della padrona di casa riesce a condurre i grandi cocktails a vele spiegate, con generale soddisfazione. Chi, a questo punto, chiedesse come mai l'affaticante uso dei cocktails vigoreggi sempre più invece di volgere al tramonto, dimostrerebbe di non avere inteso che essi, lungi dall'offrire un'occasione di divertimento e di ricreazione, sono un prolungamento del lavoro, si legano ad uno sfondo economico e pubblicitario. Essi costituiscono un piuttosto pesante obbligo mondano, un mezzo per dimostrare che si appartiene al girj delle persone che contano socialmente. Non è colpa di nessuno vn particolare se i cocktails sono molto diversi dai ricevimenti di un tempo, nei quali i rappresentanti del censo e delle iniziative operose e gli •iiiiiiiii uomini di scienza, e di cultura, volgevano l'arte della conversazione ai temi più suggestivi della vita contemporar nea. Oggi si lavora più d'una volta, il tempo fugge di mano, ed i rappresentanti di una società che si fonda sui grandi impianti industriali, sugli affari, sulle intraprese di carattere tecnico, non hanno certo il tempo di coltivare l'umanesimo come una volta. E' abbastanza comprensibile, al giorno d'oggi, il declino della conversazione come arte, e non meraviglia che la noia costituisca l'ingrediente più copioso dei grandi cocktails dei nostri giorni. Alfredo Todisco

Persone citate: Alfredo Todisco, Durante, Quan

Luoghi citati: Italia, Milano, Stati Uniti