Matematica divertente

Matematica divertente Matematica divertente Leggo, con qualche meraviglia, che alcuni professori di matematica si sono riuniti venerdì a Firenze iniziando un convegno che durerà sei giorni. Che cosa lamentano? La matematica, nelle scuole medie, è materia im tilivittemtemsucimgiodenti. Che cosa desiderano? Fare della matematica « il ponte fra vecchio e nuovo umanesimo», cioè dare, vita a quegli elementi di umanità che essa « conserva in misura tanto maggiore a quella che gli insegnanti lasciano sospettare ai ragazzi ». * * Sono stato, trent'anni fa, un pessimo studente. Ero distratto, ero svogliato, ero incapace di disciplina e, soprattutto di perseveranza. Su tale quadro generale e, -direi, definitivo, aggiungo che non avevo, come non' ho, nessuna predisposizione per le matematiche; eppure soltanto nella matematica i miei risultati di studente non furono disastrosi. Non avevo, proprio, il furor matkeinaticiis del poeta Leonardo Sinisgalli; e non potevo di certo far mie le parole di un altro poeta, Isidore Duòasse, più conosciuto col nome di Lautréamont,. che in un punto dei suoi mirabili Chants de Maldoror ha, scritto: i Aritmetica, algebra, geometria! Trinità grandiosa. Triangolo luminoso. Chi non vi ha conosciute è un insensato.'Nei tempi antichi ed in quelli moderni, più di una grande immaginazione umana vide il proprio genio spaventarsi alla contemplazione delle vostre figure simboliche tracciate sulla carta bruciante, come altrettanti segni misteriosi, vivi per un soffio nascosto, incompresi dal profano volgare e che soltanto erano la rivelazione sfolgorante di assiomi e di geroglifici eterni, già esistenti prima dell'universo « che esisteranno anche dopo la sua fine ». • Eppure, torno a ' dire, anche senza questi entusiasmi, anche se privo di vocazione, fui un otti mo studente di matematica nelle scuole medie. Lo dico senza nessuna intenzione di farmi un elogio, non ritrovando in questo piccolo fatto nessun merito mio .e nessuna mia particolare bravura. Il merito va tutto ad un professore e sono contento che l'occasione sia venuta per esprimergli, a tanta distanza di tem pei, la mia riconoscenza. Mi rivedo ragazzo in un'aula novarese. Il professore Piero Cugiani, che a Novara insegnò per quarantanni, o forse di più, era msgro, diritto, -cordiale e pa-| ziente. Sempre frettoloso e sempre preciso, sempre d'umore uguale, manteneva la disciplina 6enza imporla, per via di un suo fascino personale, che si esprimeva con bonarietà, ma anche con distacco. Veniva in classe portando nelle tasche numerosi pezzetti di gesso colorato per tracciare, sulla lavagna i triangoli, le parallele, i quadrati e scrivere le lettere A, B, C, D, e così via, ora in rosso, ora in giallo, ora in verde. Fingeva di divertirsi per divertire la scolaresca. Ma i suoi veri mèriti non sono in queste inezie. Nella sua bonarietà e nella, sua pazienza c'era qualche cosà di. profondamente umano, qualche cosa che a distanza di anni posso meglio giudicare :. c'era il desiderio di dare ai nostri cervelli di quindicenni qualche cosa di molto importante, al di fuori della specifica materia che ci insegnava. Aveva trovato, un metodo che io adesso sintetizzo in poche parole ed in poche situazioni, ma che devo riconoscere sempre rinnova to con piccoli espedienti durante tutte le lezioni. Sempre, .all'inizio dell'anno scolastico, e specie di fronte a una scolaresca che vedeva per la pri ma volta, egli faceva una breve chiacchierata, molto strana in lui che solitamente si mostrava di poche e rapide parole. Diceva, con l'aria di svelarci un mistero: «Eccoci qua. Io faccio la parte deìl'insegnante e voi quella delle teste dure. Ma io sarò un curioso insegnante per molte ragioni e, prima fra. tutte, per quella che vi insegnerò cose all'apparenza inutili. Credetemi: nella vita sapere che in un triangolo rettangolo la somma dei quadrati costruiti sui due cateti è equivalente al quadrato costruito sulla ipotenusa, non vi servirà gran che. Vi potrà dare una certezza, ma niente di più ». A questo punto sorrideva e si godeva il primo effetto delle sue parole sulla scolaresca. E per noi era già divertente, singolare, nuovo sentirci dire che avremmo imparato cose . quasi inutili, tra tanti altri che volevano imporci l'utilità del loro scibile.' Ci sfuggiva che l'esordio racchiudeva un piacevole trucco' e che era il primo amo buttato con noncuranza verso le tene dure. Infatti riprendeva a dire: «Se però mi seguirete attraverso queste cose quasi inu- popolare, .che angoscia gli stu-|re re finquunvemPetribadocudanemsochcaunfamqutavap« gsemucedcrpdl'rcnfigntcpmcsdltC« tili per molti di voi* che nella vita faranno tutt'altro che il matematico o lo studioso "di matematiche, vi insegnerò una cosuccia da nulla, ma veramente importante: vi insegnerò a ragionare. Ragionare significa sape- , o a e e a n o o n re quel che si vuol.dire, imparare a dirlo in modo chiaro e, alla fine, dare per provato come vero quel che avete detto. Insomma, una faccenda, vedrete, mólto divertente. Ci daremo dei teoremi, che sono rome indovinelli. Perché, per esempio, in uri triangolo isoscele gli angoli alla base sono uguali? Ecco un indovinello e verrà il giorno in cui noi lo risolveremo. E, guardate, non lasceremo dubbi di nessun genere perché le affermazioni contenute nei, teoremi sono giuste, quindi vere. Quel che è giusto è anche vero? Lo capirete dopo o ve lo insegnerà un altro mio ■ collega ». Era un discorso che non rifaceva più, ma che restava nella mente, come infatti l'ho;ancora distanza di moiri anni. Di quando iti quando ripeteva sòltanto, mentre si avviava.alla..lavagna per tracciare i disegni e per scrivere le lettere colorate : « Mi piacerebbe proprio ■ 'inse-, gnarvi a ragionare con.-rigore, senza parole inutili e con.parole molto precise. Queste, cose;-sono utili per tutta la vita: ve ne accorgerete dopo ». trdp(igstdczcnImnl« Oh, matematiche severe » esclama Lautréamont all'inizio del 24° capitoletto nel secondo canto di Maldoror ma noi, allo ra, provavamo un entusiasmante piacere nel risolvere quegli indovinelli, che si concatenavano l'uno con l'altro, in modo chia ro, vivo e perfetto; Oggi leggo che hanno escogitato il geoplano per la rappresentazione delle figure geometriche piane ed il geospazio per la rappresentazione-di quelle tridimensionali. Ottimi espedienti. Ma il ricordo corre ancora al mio vecchio professore, che non aveva simili risorse moderne e didattiche; lo rivedo alla lavagna, le spalle voltate alla scolaresca e dice : « Questo' triangolo oggi lo facciamo rosso. Qui ci mettiamo in verde le lettere A, B C » e così, a poco a poco, ci trascinava come su un filo di racconto meraviglioso, alla fine del quale ci sarebbe stata una piccola scoperta di verità. Sembrava proprio un giuoco (e non lo era), disinteressato ed inutile come deve essere un giuoco (e poi m'accorsi che tale situazione è molto rara nella,vita). Intanto, senza preoccuparsi d'avere tra le mani una materia che oggi i congressisti di Firenze ritengono impopolare, ci inca-.nrninava alla più esaltante ginnastica che ci sia al mondo. Imparavamo — o almeno avremmo dovuto imparare — -a ragionare col minor numero di parole e con le parole più precise. Non cercava altro e, da noi, non voleva altro. Enrico Emaniteli!

Persone citate: Isidore Duòasse, Leonardo Sinisgalli, Piero Cugiani

Luoghi citati: Firenze, Novara