Nuovo processo al Vescovo di Prato domani in Corte d'Appello a Firenze di Giovanni Giovannini

Nuovo processo al Vescovo di Prato domani in Corte d'Appello a Firenze Dopo la condanna a 40 mila lire di multa inflitta sette mesi fa dal Tribunale Nuovo processo al Vescovo di Prato domani in Corte d'Appello a Firenze Si discole soltanto il ricorso dei difensori che chiedono la piena assoluzione • Secondo la loro tesi mons. Fiordelli, scrivendo contro sposi citili, esercitò un atto del suo ministero • Il presale non si presenterà all'udienza (Dal nostro inviato speciale) Firenze, 21 ottobre. 11 < caso.del Vescovo di Prato » tornerà giovedì In seconda Istanza davanti alla magistratura italiana, davanti alla prima sezione penale della Corte d'Appello fiorentina. Presiederà il dott. Luigi Fumia; sosterrà la pubblica accusa 11 P. G. dottor Feliciano Micera; formeranno il "collegio ( giudici Simone Morandini, Emanuele Mosca, Enrico Mura e Guido Agostino Bellandl ( il cui cognome è per puro caso lo stesso degli < sposi di Prato >). Immutato nel confronti della prima istanza 11 collegio di parte civile: avvocati Battaglia, Piecardi e Bocci. In quello di difesa di Mons. Fiordelli e del parroco don Aiazzl, accanto agli avvocati Dentala, D'Avack e Fortini, l'avv. Balladore Pallieri sostituisce l'avv. Botti ohe per la tarda età e un'Indisposizione non potrà tornare a Firenze. Processo di idee Quanto al personaggi della vicenda, nemmeno in tribunale era comparso il Vescovo che secondo ogni probabilità resterà lontano anche dall'aula di appello, fermo nel suo rigido rifiuto di rispondere davanti alta giustizia italiana di un atto del quale egli ritiene di dover render conto soltanto alla sua coscienza di Vescovo, al Sommo Pontefice e a Dio. E sarà anche questa volta assente Mauro Bellandl che sta un po' meglio di otto mesi addietro ma è sempre semiparalizzato e va dicendo di voler continuare a vivere il più tranquillamente possibile nella sua casa di Prato. Anche le altre due parti civili — la moglie Loriana Nunziati Bellandl e la madre di lui Felicina Mascettl — han fatto sapere che verranno a Firenze solo se la loro presenza sarà giudicata necessaria. Ipotesi Improbabile in questo processo che in seconda Istanza accentua maggiormente le sue caratteristiche di eprocesso di Idee» e non di uomini A pochi mesi di distanza dal precedente dibattito che tale e tanto Interesse aveva destato in tu tt'I tal la, e non soltanto il) Italia, ci 'sembra perfino superfluo ricordare la vicenda notissima. Ci limiteremo a qualche data. 12 agosto 1956: Mons. Fiordeli! invia al parroco don Aiazzl che ne dà lettura in chiesa la lettera pastorale in cui boi' '•'la come <pubblici concubini» e « pubblici peccatori » Bellandi Mauro e Nunziati Loriana i quali non ostante i suol appelli hanno rifiutato il matrimonio religioso e si sono uniti nel solo < matrimonio cosiddetto civile che per due battezzati assolutamente non è un matrimonio ma . soltanto inizio di scandaloso concubinato». Contro il Vescovo e il parroco (11 quale di sua iniziativa pubblica la lettera su un bollettino) i due sposi sporgono denuncia per diffamazione. 7 giugno 1957. La sezione istruttoria della Corte d'Appello di Firenze, alla quale è star ta avocata l'Istruzione formale, si pronuncia (contrariamente alle conclusioni del suo P. Mi) per resistenza del reato e per il conseguente rinvio a giudizio: < L'attribuzione del fatto di vivere in concubinato e della qualifica di pubblico concubino è offensiva della.reputazione dell'individuo non solo alla luce della morale religiosa ma anche alla luce della morale laica ». 24 febbraio-I" marzo 1958. Sei giornate di altissimo dibattito davanti al tribunale di Firenze. Come già in fase ' Istruttoria, il P. M. conclude per l'assoluzione del Vescovo (e conseguentemente del parroco) sostenendo la mancanza del dolo (e cioè dell'intenzione soggettiva offensiva) nelle espressioni usate da Mons. Fiordelli e che pure in sé e per sé obbiettivamente, vengono riconosciute offensive. Il tribunale accoglie invece pienamente la tesi della parte civile condannando il Vescovo a quarantamila lire di multa con la sospensione condizionale e l'attenuante di aver agito per « motivi di particolare valore morale o sociaIo» (assolve il parroco < per aver egli obbedito ad un ordine ritenuto legittimo»). Stato e Chiesa 1 aprile. Viene depositata la sentenza attesa con particolare interesse' specie per le argomentazioni con le quali l'I tribunale respinge la tesi della difesa secondo la quale la lettera del Vescovo — anche se per Ipotesi diffamatoria — costituisce un atto non sindacabile dalla legge Italiana in quanto concernente il governo spirituale dei fedeli, la'cui piena libertà è garantita dal Concordato e dalla Costituzione (art. 7: «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono ciascuno nel loro ordine indipendenti e sovrani»). Slamo cosi nel vivo di uno del tmmimi problemi, quello del rapporti fra Chiesa e Stato. Della sentenza, che occupa cinquanta pagine dattilografate, ci limitiamo a fissare tre punti al quali si rifà 11 ricorso della difesa e sul quali quindi si accenderà la battaglia in appello.- Primo. Dato — afferma il tribunale — che lo Stato e la Chiesa cattolica sono riconosciuti ciascuno nel proprio ordine Indipendenti e sovrani, non è concepibile un 'sindacata sul merito degli atti, emanati dalle autorità competenti dell'altro ordinamento, ma si può e si deve ammettere un sindacato sul modo di esercizio del poteri legittimati del rispettivi ordinamenti. «ptescctadninnzsmp—pcppdqiglsnamsrtpcqotpzdqr«gzadttmbpc a ' » Secondo. Conseguentemente, «ogni qualvolta la Chiesa e per essa i suoi organi competenti nell'esercizio del potere spirituale e giurisdizionale- riconosciutole dall'art. 1 del Concordato, leda 1 diritti del cittadino- riconosciuti e protetti dalla legge dello Stato, questo non potrà rimanere inerte per il fatto che nessuna espressa norma concordataria disciplina questa particolare situazione ». Tergo. <In questo caso non si tratta di un problema di limiti interni all'esercizio del potere spirituale della Chiesa — 'che non potevano essere posti nel momento stesso In cui se ne riconosceva l'indipendenza e la sovranità — ma più propriamente di relazioni di questo ordinamento con quello dello Stato, altrettanto indipendente e sovrano, a regolare le quali Interviene H limite dell'ordine pubblico sempre presente nelle relazioni di un ordinamento con gli altri e richiamato ' espressamente nell'art. 31 delle disposizioni di legge In generale». Per ordine pubblico — chiarisce la' sentenza — deve intendersi «l'Insieme di quel principi di ordine politico, sociale, economico, morale, sul quali poggia lo Stato nella sua organizzazione, che vanno tutelati in quanto indispensabili per l'esistenza e la conservazione delle sue istituzioni fondamentali». Ed agli effetti di questa tutela, di preminente rilievo sono le norme penali « in quanto riflettono la più gelosa tra le potestà giurisdizionali dello Stato e sono volte a garantire le condizioni fondamentali della vita consociata». Il Vescovo — conclude 11 tribunale — ha violato la norma penale che tutela l'onorabilità dei cittadini e non può più Invocare l'usbergo del Concordato: deve essere punito. Due morali P 7 maggio. Ricorso dei difensori. Dopo aver sostenuto che nelle-espressionl di Mons. Fiordelli non si configura affatto il reato di. diffamazione in quanto esse colpiscono solo nella sfera della morale religiosa e non In quella laica (distinzione negata dalla con troparte e dal tribunale) e in quanto mancava nel Vescovo l'intenzione di offendere, il collegio di difesa sostiene sènza ambagi che se anche diffamazione ci fosse essa non potrebbe e non dovrebbe-esser sottopósta élla condanna del giudi¬ ce. Del ricorso (diciannove pagine) fissiamo 1 tre punti In contrapposizione a quelli Che c—aabbiamo citato della sentenza.[CgleldtfpuvsdnftsbgldPrimo. « Se non si vuol violare in specie la norma dell'art 7 della nostra Costituzione — scrivono crudamente i ricorrenti — consacrante l'Indipendenza e la sovranità della Chiesa in tale ordine di rapporti, si deve escludere in modo assoluto che lo Stato Italiano possa legittimamente arrogarsi una qualsiasi ingerenza e un qualsiasi sindacato sullaautorità giurisdizionale e sulla potestà di Magistero della Chiesa tanto nel merito quanto nei modo stesso di esercizio ». Secondo. Con gli art. 1 e 2 del Concordato lo Stato ha assicurato alla Chiesa libero e pubblico esercizio della sua giurisdizione: « Sostenere che l'esercizio di tale giurisdizione Incontri il limite delle altre leggi positive dello Stato e che sia lecito soltanto.se e In quanto non si ravvisi in contrasto con alcuna delle medesime, equivale praticamente a proibirne l'esercizio essendo del tutto evidente che, specie in materia penale e disciplinare, l'atto giurisdizionale della Chiesa importa spesso la menomazione di un diritto riconosciuto e tutelato anche dalla legislazione dello Statai ». (Si pensi — citano come esempio i difensori — alla scomunica). Conseguentemente, in parole povere, tutte le norme positive dello Stato non costituiscono affatto un . limite qualsiasi al più ampio e libero esercizio della giurisdizione ecclesiastica. Questo sempre, s'intende, per i patroni del Vescovo. Tergo. Né per 1 difensori costituisce un limite l'invocato principio dell'ordine pubblico: «La norma dell'art. 31 — essi infatti sostengono — si riferisce all'ipotesi in cui la legge o l'atto di un altro Stato debba avere effetto sul territorio del lo Stato italiano». Ora, nel caso, in esame, « nessuno pretende che gli atti della giurisdizione ecclesiastica . debbano avere effetto nell'ordinaménto italiano. Anzi. Lo Stato Italie no riconoscendo alla Chiesa piena libertà di giurisdizione, altro non fa.che proclamare il suo disinteresse, la sua non ingerenza ». Ma. soprattutto — conclùdono i difensori '— il principio dell'ordine pubblico può essere invocato davanti ad ■ una giurisdizione straniera non davanti a quella ecclesiastica laquale — nel territorio/, e, nell confronti di cittadini italiani — è riconosciuta e assicurata alla Chiesa dagli art. 1 e 2 del Concordato e cioè da una legge dello Stato italiano Nemmeno il principio dell'ordine pubblico può quindi essere Invocato, non esistono limiti all'esercizio della giurisdizione ecclesiastica; siano state o meno diffamatorie le sue frasi, il Vescovo (e con lui li parroco che - ha ricorso per un'assoluzione con formula diversa e più totale) non può essere colpito dalla giustizia e dai ' giudici dello Stato italiano: questa la tesi della difesa, fattasi oggi più" dura e più in* transigente che mai. Otto mesi addietro, l'ha respinta in blocco il tribunale di Firenze: già sabato, forse conosceremo la sentenza in seconda istanza della Corte d'Appello di Firenze. Giovanni Giovannini