Lo Stato è tenuto a rispondere degli atti illeciti della polizia di Francesco Argenta

Lo Stato è tenuto a rispondere degli atti illeciti della polizia -= UNA DECISIONE DELLA CORTE DEI CONTI ==- Lo Stato è tenuto a rispondere degli atti illeciti della polizia Dieci anni fa il gen. Coop Tenne ucciso da un agente, durante una perquisizione ritenuta arbitraria 0 priva, comunque, di «presupposti giustificativi» - Ora è stato punito il funzionario che aveva diretto l'operazione (Nostro-servizio particolare) Roma, ottobre. Le decisioni della giustizia amministrativa sono destinate a rimanere senza' eoo, da noi; a passare,, quasi invariabilmente, sotto silenzio. «vente datltr.vi-cnìle 'giudiziarie a sfondo. penate; [ne segue passionalmente il corso, ne attende morbosamente l'epilogo. Bi disinteressa totalmente di quello che può avvenire nel campo della giustizia amministrativa, della soluzione che il Consiglio di Stato o la Corte dei conti possono dare a questa o a quella questione. Ma le decisioni emanate dai due supremi organi giurisdizionali nel campo amministrativo non presentano sempre un interesse circoscritto a limitate categorie di cittadini: non riguardano sempre e soltanto le modalità cui doveva obbedire un concorso o il trattamento pensionisti¬ co da farsi ai funzionari di un determinato ruolo. Assai spesso, le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti risolvono questioni di indota generale, che interessano tutti i cittadini. E non si tratta mai di astruserie tecnico-giuridiche a di .banali quisquilie. Come osservava giorni fa-, su queste colonne, A. C. Jerr.olc, al funzionamento della giustizia amministrativa sono interessati tutti i cittadini. Là giustizia amministrativa ha, in certi casi, una funzione che trascende la funzione stessa della giustizia penale. E questo può ravvisarsi nella decisione emanata dalla prima sezione giurisdizionale della Corte dei Conti, a coronamento di una vicenda altamente drammàtica. Si traU ta dell'irruzione compiuta dalla polizia, la notte del 18 gennaio 1948, nella abitazione del generale dell'Aeronautica Ernesto Coop, a Roma, in via Salaria 78, e che si concluse con la tragica fine dell'ufficiale, folgorato da un proiettile esploso da uno degli agenti. Che l'irruzione e la perquisizione nell'alloggio del disgraziato ufficiale fosse arbitraria, mancasse di « presupposti giustificotivt » è pacifico. Lo riconobbero apextis verbls i giudici panali allorché giudicarono l'agente omicida. Ma riesaminando la vicenda, a distanza di dieci anni, ed ai' fini eselusivamente amministrativi, (occorrerà ricordare Che Varticolo 8t della legge di contabilita generale dello stato impone al Procuratore generale della Corte dei Conti di agire in via diretta per ottenere dal dipendente statale il risarcimento di quanto lo 3tato ha dovuto pagare alla parte lesa in conseguenza di Un atto illecito imputato al dipendente stesso in sede penale) la Corte dei Centi non si è appagata delle risultanze ottenute nel giudizio penale, ha approfondito l'indagine, nell'intento di acclarare e fissare le responsabilità, e da questa sua più penetrante indagine ha tratto i motivi per /Issare alcuni principi che vanno registrati albo lapillo, perché interessano la generalità dei cittadini ed appagano le 'esigenze di una vera ed assoluta giustizia. L'ufficiale di P. E. — ha detto la Corte — che, con assoluta ; leggerezza, compia una perquisizione domiciliare senza accertare l presupposti che avrebbero dovuto giustificarla, compie un atto illecito, se anche non penalmente sanzionato, del quale lo Stato è tenuto a rispondere. E', pertanto, in relazione causale e giuridicamente rilevante con tale comportamento, la morte di chi, legittimamente reagendo a tale arbitraria invasione della propria casa, e nel ben spiegabile timore di un danno alla propria persona ed a quella dei suoi familiari, resti sopraffatto dal più sollecito operare dell'agente di polizia, che, in buona fede, di fronte al pericolo per la propria persona, lasci partire un colpo mortale di .pistola. Di tale evento, -di cui lo Stato deve rispondere, è responsabile, di fronte allo Stato, l'ufficiale di P. 8. che l'ha causato con il suo comportamento illegittimo. in virtù di questi principi, cosi saviamente e fermamente enunciati dalla Corte, le posizioni processuali si sono invertite in sede amministrativa, n commissario di p. S. Valdambrini che aveva diretto l'operazione era uscito indenne dal giudizio penale: le sanzioni si erano abbattute sull'agente omicida, a. Parlante, e sulla donna che aveva dato il via alla disgraziata operazione, segnalando, falsamente alla Questura, che nella casa del gen. 'Coop si giocava di azzardo. Ebbene, la Corte dei Conti, ricostruendo le fasi di quella infelicissima operazione, ha affermato ohe le circostanze di fatto inducono a ritenere ohe *l comportamento del Parlante rientra nei limiti ■ della discriminante. Occorrerà, in proposito, ricordare che, verso le due di notte, dopo una lunga attesa su un' pianerottolo delle scale, in un clima di eccitazione e di tensione, il Parlante è entrato per ultimo, al seguito di numerosi agenti, nella casa ove'era convinto di trovare "dèlia gente decisa, anche ' in considerazione della resistenza offerta all'intimazione di aprire la porta, che era stata perciò abbattuta. Cerio, il Parlante non 'sapeva .quale. situazione .avessero trovato i colleghi che lo precedevano: allorché,-, giùngendo per. ultimo e varcando la soglia di una- stanza scarsamente illuminata, si trovò di fronte ad un uomo ohe, pur reggendo i lembi del pigiama .non ancora allacciato, si accingeva ad estrarre una pistola dal fo■dero, » fatale e spiegabile che egli abbia avuto la . sazione di trovarsi in pericolo, di sentirsi perduto. Non è — ha aggiunto la Corte — che cid valga a giustificare il drammatico gesto, ma in quella situazione non può censurarsi il comportamento di Un uomo che si serva di un'arma per salvare la propria vita. Di qui la decisione della Corte di mandare indenne Vagente da ogni conseguenza d'ordine pecuniario - in rapporto - al fatto imputatogli. A ben diverse conclusioni e giunta, invece, la Corte nella valutazione della responsabilità del commissario Valdambrini, ohe dirigeva l'operazione. Alla sua condotta colposa deve farsi risalire il verificarsi del. luttuoso evento. .A giudizio della Corte,. Vi fu, da parte'del commissario di P. 8., un comportamento improntato ad estremo leggerezza,- sia nell'ordinare la «sorpresa», che mancava ' di ogni presupposto atta a giustificarla, sia nel compimento della operazione, effettuata con precipitazione ed imperdonabili eooessf, cosi da ingenerare negli agenti dipendenti e nelle persone occupanti la casa invasa uno stato d'animo di reciproco timore. TI Valdambrini ha cercato di scagionarsi d'ogni responsabilità sostenendo di avere eseguito un ordine e di avere agito con la piena approvazione del suo superiore (il questore), ma la Corte ha saggiamente osservato che «non di ordini in effetto si trattava, ma solo di ambito di azione lasciata alla discrezione del funzionario, sia pu¬ re con manifesta superficialità». Del resto, il grado rivestito dal Valdambrini gli consentiva e gli imponeva di sindacare la legittimità dell'ordine. Invece, egli ha autonomamente agito e principalmente mancato per aver compiuto — e nel modo coti cui ha compiuto — una perquisizione Che tipn gli era consentita oche « tutto, sino all'ultimo momento, gli sconsigliava di tentare ». Ed a rincalzo di questa tesi, la Corte rammenta • l'avvertimento datogli dal sottufficiale che era alle sue dipendenze e che, poco prima dell'invasione della casa del,generale, mosso dal buon senso e dall'esperienza, ebbe a manifestargli l'avviso che si stava per prendere una cantonata. Ma il Valdambrini non aveva voluto sentire ragione ed il sottufficiale, pur nella sua sottomissione gerarchica, aveva finito per confermare il proprio dissenso, ammantandolo con ' un dettò latino; fate vobis. E tutti sappiamo cosa e . avvenuto dopo quel tate vobis: una sparatoria fatale,mortale:- una vittima innocente sacrificata alFarbitrio, alla precipitazione, all'orgasmo di una 'situazione che non aveva alcun motivo di giustificazione, che era priva, in linea assoluta, di scusanti. Accollando al commissario di P. S. una quota della somma sborsata dallo Stato per risarcire la famiglia della vittima, la Corte ha ritenuto di dover procedere con mano leggera. Osservando che l'evento si verificò «in tempi ancora difficili e non normali del dopoguerra», e che questa circostanza poteva avere il peso di una attenuante, la Corte' ha /Issato in due milioni di lire la somma che egli dovrà rifondere all'Erario'per il suo comportamento colposo. Ma non è, questo, vale a dire la misura della' sanzione, ohe conta e può interessare. E' il principio sancito dalla Corte circa la responsabilità cui lo Stato va incontro per gli atti arbitrari dei suoi funzionari; è la condanna, implicita nella decisione, di ogni iniziativa contraria al buon senso e non consentita dotta legge. Francesco Argenta

Persone citate: Centi, Della Corte, Ernesto Coop, Valdambrini

Luoghi citati: Roma