II lavoro e iI mattino

II lavoro e iI mattino II lavoro e iI mattino I suoni che ci toccano l'orecchio al primo svegliarci, che filtrano per primi-nella rete Sempra più rada del sonno, o che la rompono, determinano le ore della giornata che si apre, l'umore che le colorerà diversamente, il senso interno che le accompagnerà. Orrendi i rumori violenti, meccanici; orrendele sveglie che ^trillano, volontà predeterminate del passato, con l'ostinazione senza fine delle loro molle; più orrende le voci irose, indifferenti o nemiche, che ci portano, in quel nascere, l'ostilità del mondo. Sono considerati belli, invece, i rumori naturali, il canto degli uccelli, le campane delle vacche, il. passo delle greggi, il frusciare leggero e liscio della pioggia. Ma i più dolci sono quelli che ci riconducono, in quella soglia del giorno, alla soglia della vita, che richiamano abitudini e comunità perdute nella memoria, che ricordano l'infànzia e la Madre: un certo modo di rumori familiari, di passi nelle stanze, di porte e di finestre che si aprono, un canto lontano che viene dalla cucina. 11'più caro forse, per me, è il battere dei 'cucchiaini dei bambini sulle scodelle. Tac, tac, tac, tac: che desiderio, che fame, che speranza felice! Tac, tac, i bambini sono già attorno al tavolo, in giardino, impazienti, nell'aria azzurra del mattinò di Alassio. Ora arriva il caro latte appena munto, tac, tac, che tempo sterminato e meraviglioso comincia, tac, tac, che giochi importanti, che corse, che mondo infinito, tac, tac; o verdi, gloriosi tamburi. Non sempre mi risveglia questa ardita infantile dolcezza. Fra i nipoti crescenti che riempiono la casa, prima dei piccoli, al primo sole, esce talvolta in giardino un ragazzo maggiore, che si prepara agli esami di maturità. Mi arriva a tratti dalla finestra/la sua voce, e penetra nel mio sonno, con la vaga incertezza delle cose sognate. « Il lavoro, il lavoro... dicesi potenziale assoluto di un punto rM un campo elettrico, il lavoro... il lavoro che la forza elettrica può eseguire trasportando l'unità di carica positiva fino all'infinito... Il lavoro... Se la carica Q è positiva, il lavoro è evidentemente positivo... Il lavoro... il lavoro...» II. ragazzo ha forse. l'idea che- la memoria sia una materia dut-' ti le e plastica, come quelle ' che si usano per i dischi, e che, più forte è la voce, più profondo si incide nella mente il concetto. « Il lavoro, il lavoro », grida, sempre meno persuaso, con la erre un po' molle e un po' in gola. « Il lavoro! ». Mi desto a questa parola, detta con sempre, maggiore violenza: c'è, in quel martellare e sillabare, tutta la fatica, la pena, la guerra, la condanna, il peccato, il sudore della fronte. Ancora nell'ombra del sonno, mi pare di essere dentro à un romanzo russo, non so se di Tolstoi' o di Pasternak, di farne parte; e che queste frasi del ragazzo che studia, e la luce rosata che filtra dalle tende di tela di' sacco agitate dalla, brezza, e i pensieri vaghi che nascono e il dubbio e il disagio che li accompagna, e il peso immediato di una frase- qualunque riferita dall'autore con fedeltà precisa ma insieme come immersa in un'altra cosa, vaga e totale, non facciano parte di un reale risveglio, ma siano esse stesse romanzo, dove il realismo tende continuamente al -simbolismo. « Il lavoro, il lavoro... ».' ' . Al lavoro sono già,'nei loro modi, gli altri fanciulli della casa. Le due bambine più piccole si affacciano, a chiamare il gatto che è ,salitp su un albero « Amorino », dicono, « scendi Mio dolcissimo, mio'tenero, vieni». II.gatto non si muove dal suo rifugio aereo. Al lavoro, sono già, di li a poco, col sole alto, sulla .spiaggia, altri due dei ragazzi, Stefano e Guido. Hanno fatto, con le pale, un gran muci chio di sabbia umida, appena più in là di dove arriva l'onda, l'hanno ben battuta e pestata, e orai la vanno modellando in una statua. E' una donna che dorme, col capo appoggiato al braccio destro, le gambe piegate, la schiena lunga e arcuata, il petto e il ventre rivolti verso il mare. Ha già preso forma:, la vanno finendo, aggiungendo qua, là togliendo, attenti che quella instabile materia non frani. I due : ragazzi sono, davvero assai bravi: la statua è ben costruita. Assisto al lord lavoro, ma mi guardo, per quanto ne abbia voglia, dal mettervi mano, né di dare consigli o pareri: so bene che quella loro opera perderebbe valore ai loro occhi, e che non l'amerebbero .più. Si sforzano, Guido e Stefa^ no, per una naturale polemica giovanile, di evitare qualunque ricordo, qualunque richiamo alla bellezza o, come essi dicono, alia retorica: ma la statua anticlassica prende, loro malgrado, una forma classica e nobile. Mentre lavorano, la devono difendere dalla ferocia innata dei bambini, che vorrebbero saltarci sopra e distruggerla, e dalla scgsgsmfplcsdcoiscGacdplcsposssccstm a -' e ù i . , a n a e, l a , n e a e e o a a n n e sbadataggine annoiata delle fanciulle che passeggiano ondeggiando, e che la pesterebbero senza voltarsi. Si affollano i bagnanti tedeschi, numerosi a quest'ultimo sóle .come grasse for* miche; ridono, schiamazzano, e fotografano. Ogni loro gesto, e parola è l'immagine assoluta della volgarità. Lodano, ammirano, chiedono : < Di quale celebre statua, prego, è questa la riproduzione? ». Arrivano con i loro cappellucci da spiaggia di tela o di paglia, e, cordiali e sguaiati, vorrebbero tutti metterli sul .capo della' silenziosa'- -fate-' ciulla di arena. " ' - • ' ■.- Ora- k statua è quasi finita,' Guido e Stefano si affaccendano attorno alle mani e ai.piedi,' ai capelli che scendono come fronde: k donna che dorme è completa e piena di armonia. Ma è l'ora dell'alta marea, sia pure, com'è nel nostro mare, appena sensibile; e il mare a poco a poco avanza con le sue piccole onde leggere, che si avvicinano sempre più,. e. raggiungono la statua, e cominciano a rodere sotto la sua base. Una prima crepa si apre, si allarga; ed ecco, d'un tratto, la mano sinistra, che sporgeva davanti al petto, si mozza e cade. La frattura è, in quella inconsistente materia labile, identica a quella di una pietra o di. un marmò; e la mutilazione sembra fare, la figura più vera. Poi cade un piede, uri ginocchio; poi l'altra mano, ed il braccio - fino, alla spalla; e dove l'acqua giunge senza rompere, la superficie si liscia ed uguaglia, come di una pietra sommersa, e perde l'arida asciuttezza della sabbia per diventare qualcosa di più naturale, che sembra debba, respirare con un ritmo di onda. E dóve giungono le gocce leggere degli spruzzi e k spuma, si formano degli incavi minuti, una corrosione sottile e patetica; e i lunghi capelli inondati sembrano ora davvero una bionda cascata, un geroglifico della grazia; La statua va 'così disfacendosi, e prende espressione: ricorda uno di quei. morti di Pompei, al limite del vero e del poetico, tenuti insieme da un istante unico e mortale. Gli occhi si incavano, un dolore dolce e senza rimedio pare si esprima dal viso, dal torso mutilato. Crolla ora un fianco, il seno' si impicciolisce/ i capelli si perdono nell'acqua. Resta un frammento, ' la schièna intatta, come il guscio di una conchiglia. Ma tanto più la forma si riduce, si assottiglia e si perde, tanto più sembra viva e - vera, e commovente.. E' passata da un pezzo l'ora del pranzo, ma non riusciamo a staccarci di li, a abbandonare la fanciulla di sabbia, quella sua ombra, quel frammento che si va realizzando nella morte. Anche i ragazzi si sono dimenticati dèi loro gioco, o della loro giovane ambizione di modellatori. Quel guscio vivo, che si riduce a poco a poco, è. diventato, come* in un sogno, una persona reale, che si nasconde nella grazia misteriosa, nell'interno di un racconto mitologico, dentro l'ombra del tempo. Finche un'ultima piccola onda compie ostinata e leggera il suo lavoro. Tac, tac, batte sulk riva, si avanza desiderosa, copre quello che resta della. fanciulla, e ci risveglia, col suo lavoro d'acqua, dal sogno. La statua. non c'è più : liscia sabbia grigia. Carlo Levi PdaiiiiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiimitiiiiniiiiiiiUHiiiiiiiiir

Persone citate: Carlo Levi, Pasternak, Stefa

Luoghi citati: Alassio, Pompei